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Rivelazioni inedite sulle opere d’arte dalmate custodite a Venezia

Spesso le risposte alle domande che ci poniamo si celano nei luoghi più impensati. Se ne è resa conto una ricercatrice del Dipartimento di storia dell’arte in seno alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Zara, Antonija Mlikota, che lavorando alla propria tesi di dottorato e seguendo il consiglio ricevuto da una collega italiana, Carlotta Coccolli, ha rintracciato in un archivio statunitense una serie di carte utili alla comprensione di un importante episodio della storia della città dalmata risalente agli anni della Seconda guerra mondiale e del secondo dopoguerra, più correttamente alla sorte subita da una parte significativa del suo inestimabile patrimonio artistico, storico e culturale.

Sabato scorso il quotidiano Jutarnji list di Zagabria ha pubblicato un ampio reportage firmato da Adriana Piteša sul mistero del cosiddetto Tesoro di Zara, composto da reperti archeologici (vetri antichi, ceramiche, ori…) custoditi oggi in vari musei italiani o più correttamente veneziani. Il documento al quale fa riferimento Antonija Mlikota – che il prossimo mese pubblicherà un articolo in materia sulla rivista Asseria, edita del Museo di vetro antico di Zara –, è intitolato “Zara: Report on War damage on Monument and moveble works of art known to be stored in Italy”.

Si tratta di un inventario contenuto in 14 casse di reperti fatti pervenire da Zara a Venezia durante la Seconda guerra mondiale, stilato dal capitano inglese Basil Marriott, un ufficiale della MFAA – una commissione creata dal governo americano e da quello britannico nella primavera del 1943, poco prima dello sbarco degli Alleati in Sicilia, per la protezione delle opere d’arte e degli archivi nell’Europa in guerra. L’incartamento, custodito nell’Archivio nazionale di Washington, conta una trentina di pagine più sei allegati.

Il rapporto dell’architetto inglese (di dominio pubblico dal 1975) è interessante soprattutto perché mette in dubbio il periodo nel quale i reperti sarebbero stati trasferiti dalla Dalmazia al Veneto, posticipando la data in questione dal 1943 al 1944. Nell’articolo, all’interno del quale si ragiona sul luogo più idoneo dove esporre i reperti in questione, si fa cenno all’ingresso in città dei partigiani e all’esodo, ma anche alla rinascita culturale della città iniziata nel 1951 con la mostra “Argenti e ori di Zara”, promossa dallo scrittore Miroslav Krleža e alla ricostruzione dei quartieri distrutti durante i bombardamenti a partire dal 1953. E neanche tanto tra le righe si fa balenare la possibilità che la Croazia possa chiedere la consegna.

(fonte “la Voce del Popolo” 14 febbraio 2013)

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