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2013, l’anno di Padre Flaminio Rocchi (1) – 12mar13

Il 3 luglio 1913 nasceva a Neresine, sull’isola di Lussino, Padre Flaminio Rocchi, l’Apostolo degli Esuli giuliano-dalmati sparsi in tutto il mondo. La prossima estate ricorrerà quindi il centenario della nascita, ma il 9 giungo si ricorderà anche il decennale della morte, avvenuta a Roma nel 2003.

 

Per celebrare il ricordo di un piccolo grande uomo che ha cambiato la storia del nostro popolo in cammino, la Sede nazionale ANVGD proporrà periodicamente alcuni brani dal libro biografico “Padre Flaminio Rocchi: l’uomo, il francescano, l’esule” edito dall’ANVGD.

 

Prima e doverosa tappa è certmente la sua biografia sintetica, che raccoglie in poche parole l’essenza della sua vita umana e sacerdotale.

 

BIOGRAFIA

Non si può parlare di Padre Flaminio Rocchi, soprattutto per chi non lo ha conosciuto, senza tracciarne una biografia. Ma anche chi lo ha conosciuto, scoprirà aspetti ed esperienze insospettate.

La sua biografia riassuntiva, per quanto densa, non occupa molto spazio alla lettura. I suoi impegni sono sempre stati direzionati verso obiettivi ben precisi e quindi senza sbavature. Ho voluto però che fosse soprattutto lui a parlare di sé, riportando i suoi scritti che descrivono la sua lunga attività di uomo e sacerdote. Ecco quindi che Flaminio aveva già scritto la sua biografia nelle tante lettere agli Esuli, nei tanti articoli su Difesa Adriatica, nelle relazioni ai congressi dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Non è stato difficile -così- mettere insieme questi suoi pezzi di storia, anche se ovviamente rappresentano solo uno spaccato di quel secolo che ha attraversato e che lo ha attraversato.

Non amava parlare in pubblico di sé, ovvero non amava tessere le sue lodi. Ma in un mondo così composito come quello degli Esuli giuliano-dalmati, dilaniato dalle tragedie della guerra e dell’Esodo, c’era sempre qualcuno pronto a puntargli il dito addosso. E così era costretto a tirar fuori la sua grinta, il suo orgoglio di neresinotto per mettere nero su bianco tutte le sue attività e i suoi impegni, quasi a voler dire “lavoro da una vita per voi, non ve ne siete accorti?”. E tanto più era pungente la critica che gli veniva mossa, tanto più quella sorta di ira pacata ammutoliva l’oppositore.

Ho voluto dare anche ampio spazio all’aspetto francescano della sua vita: era il fondamento della sua esistenza. Tutto ciò che ha fatto e vissuto ha indelebile il segno della sua vocazione. Ma non era possibile, almeno alla mia povera e scarsa penna, delineare i contorni di un argomento così alto. Ho lasciato, quindi, che fosse lui a descrivere la sua vocazione a San Francesco.

Molti dei lettori di queste pagine potranno affermare che questa è una biografia incompleta, forse anche lacunosa. Me ne dolgo. Ma ogni persona che lo ha conosciuto ha di lui un ricordo specifico, un’esperienza personale, un’immagine delineata con i colori della propria memoria. Ho pensato così a chi legge di lui per la prima volta e ho cercato di rendere tutto il più comprensibile possibile.

BIOGRAFIA RIASSUNTIVA

Flaminio Rocchi (all’anagrafe di allora nasce Antonio Soccolich) viene alla luce il 3 luglio 1913 nella piccola comunità di Neresine, sull’Isola di Lussino, che come una grande nave si staglia tra l’Istria e la Dalmazia. La famiglia è composta dal padre Rocco, dalla madre Viola e dai fratelli Rocco, Alfredo, Maria, Nives, Giuseppe, Alfio e Viola.

A 12 anni entra in seminario, approfondendo la sua vocazione a Venezia (noviziato nell’Isola del Deserto e studi di teologia nell’Isola di San Michele), Chiampo, Vittorio Veneto e Monselice. Nel 1937, a 24 anni, è ordinato sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori e assegnato alla Provincia Veneta.

Studia poi storia e sociologia dal 1937 al 1940 all’università di Lovanio (Belgio) e lettere e filosofia dal 1940 al 1943 a Bologna, dove approfondisce una grande cultura religiosa, artistica, umanistica e storica.

Durante la seconda guerra mondiale, tra il 1943 e il 1948, è cappellano militare in Sardegna, Corsica e Toscana. In Corsica è vicino ai militari sloveni. Nell’isola di Gorgona è inserito in un commando americano. Terminerà la sua attività di cappellano a Bracciano tra i militari italiani.

Nel 1948 inizia il suo avvicinamento ai problemi dei profughi giuliano-dalmati conducendo una trasmissione radiofonica nazionale a loro dedicata. La sua attività si fa più intensa: dirige il collegio “Figli dei Profughi” all’Eur di Roma, che diventerà poi la “Casa della Bambina” nel Quartiere giuliano-dalmata. Assume l’incarico di Direttore dell’Ufficio Assistenza dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, per essere più vicino ai suoi profughi, anche nelle necessità materiali.

Sarà per decenni ospite della comunità francescana spagnola dei Ss.Quaranta a Trastevere in Roma, fin quando le condizioni di salute lo costringeranno ad abbandonare il convento (ma mai il lavoro) per stabilirsi dal fratello Giuseppe nel suo Quartiere giuliano-dalmata di Roma.

Sarà anche membro dell’A.W.R., l’associazione per lo studio del problema mondiale dei rifugiati, che è organo consultivo dell’ONU e del Consiglio d’Europa; gli verrà affidata la presidenza del comitato culturale. Membro della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, farà parte della Commissione Iustitia et Pax dell’O.F.M., dell’I.R.O. (Organizzazione Internazionale Emigranti), del National Catholic Welfare Conference e della Pontificia Opera di Assistenza.

E’ stato promotore di 150 provvedimenti legislativi in favore dei profughi e membro delle Commissioni Interministeriali per i Danni di Guerra e i Beni Abbandonati dei profughi della Venezia Giulia e Dalmazia.

Ha scritto due libri, nei quali ha raccontato la dolorosa storia dell’Esodo e tutto ciò che per i profughi è stato fatto.

 

 

 

 

 

 

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