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Requiem per una Corte (balcanicaucaso.org 11mar13)

Nel 2011 il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia dell’Aja (ICTY) ha condannato l’ex Capo di Stato Maggiore dell’esercito jugoslavo, il generale Momčilo Perišić, per favoreggiamento in crimini di guerra in Croazia e Bosnia-Erzegovina, a scontare 27 anni di carcere. Il 28 febbraio 2013 la Corte d’Appello dell’ICTY lo ha prosciolto da ogni accusa. La decisione della corte è l’ultima di una serie di sentenze molto controverse del corpo giuridico internazionale.

È ora di chiusura all’Aja e le potenze che stanno dietro all’autorità giudiziaria hanno deciso di perdonare, dimenticare e chiudere gli archivi della Corte sulle guerre nell’ex Jugoslavia. La comunità internazionale e il Tribunale sono stanchi di fare i conti con i fantasmi del crollo jugoslavo e desiderano allontanarsi da questa famiglia divisa il più presto possibile.

OBC ha dedicato un dibattito on-line al tema riconciliazione e Tribunale dell’Aja. Sono intervenuti numerosi esperti in materia e lettori di Osservatorio. Ogni parte in guerra ha ricevuto i regali di addio del ICTY. Questi includono i verdetti sulla Operazione Tempesta croata, e la mancanza di colpevolezza della Serbia nel genocidio di Srebrenica, ma anche le assoluzioni dell’ex ufficiale dell’esercito bosniaco, Naser Orić e dei generali croati Gotovina e Markač, così come dell’ex-primo Ministro del Kosovo Ramush Haradinaj. Bisogna sperare che l’ultimo rovesciamento della sentenza su Perišić fosse l’ultimo regalo rimasto nel cestino, prima che il negozio all’Aja chiuda i battenti per sempre.

Nonostante le polemiche che circondano il lavoro svolto dall’ICTY, bisogna riconoscere che sono emersi anche aspetti positivi, nel corso degli ultimi venti anni. Il più evidente è l’accumulo di prove sul genocidio e i crimini di guerra commessi, e i processi fatti ad alcuni dei responsabili. Il corpo di dati disponibili negli archivi del Tribunale è un deposito significativo di informazioni cruciali per i ricercatori che desiderino comprendere appieno la complessità delle guerre jugoslave. Inoltre l’ICTY ha creato un precedente, portando in tribunale il presidente di un paese. Al di fuori della Corte, esperti di diritto hanno lavorato sulla modernizzazione e il potenziamento delle infrastrutture legali negli stati nati dallo scioglimento della Jugoslavia, ed hanno anche aiutato a creare nuove entità giuridiche per affrontare questioni legate alla guerra a livello locale.

È altrettanto importante sottolineare però che le molte decisioni adottate dalla Corte d’Appello gettano un’ombra sul mandato esplicito di questa Corte. L’assoluzione del generale Momčilo Perišić allunga quest’ombra e dà nuova linfa al vecchio argomento dei nazionalisti che vede l’ICTY come un tribunale politico. Anche se la natura politica dell’ICTY non differisce molto da quella dei precedenti organismi legali internazionali che si occupavano di crimini di guerra e genocidio, la liberazione di Perišić ha messo in luce una serie di carenze strutturali della corte, evidenziando la miopia politica che le ha prodotte.

Dalla sua nascita, l’ICTY ha favorito speranze non realistiche delle comunità locali: che la loro sofferenza individuale e collettiva sarebbe stata pienamente riconosciuta e affrontata con una condanna diretta ai responsabili e a coloro che progettarono le politiche che hanno portato ai crimini di guerra. Inoltre, l’ICTY è stato dipinto come l’istituzione che avrebbe potuto e dovuto dispensare la giustizia assoluta contro tutti coloro che avevano fatto del male.

L’ICTY ha fallito su entrambi i fronti, perché il suo lavoro è stato principalmente guidato da considerazioni politiche e dalla logica del compromesso. Tali considerazioni hanno spesso causato forti divergenze tra pubblico ministero e giudici, su quale fosse la via più efficace e desiderabile di avanzamento nel realizzare la giustizia. Questa serie di assoluzioni problematiche non solo ha eroso lo strato sempre più sottile di fiducia nell’imparzialità della giustizia internazionale, ma ha reso doppiamente vittime coloro che sono sopravvissuti alla pulizia etnica dell’Operazione Tempesta, al genocidio di Srebrenica, al bombardamento di Zara e Mostar, o a molti altri campi di sterminio in Bosnia e Croazia. Si sono sentiti abbandonati anche dal diritto internazionale.

Per essere onesti nei confronti dell’ICTY, tuttavia, si dovrebbe sottolineare che le vittime non sono state trattate molto meglio nei loro rispettivi stati. I governi nazionali in Croazia, Serbia e Bosnia Erzegovina hanno dimostrato anch’essi disprezzo notevole per le esigenze dei propri veterani di guerra, rifugiati e sfollati. Mentre hanno stanziato fondi significativi per il sostegno e la difesa dei loro ex funzionari e per gli ufficiali sotto processo all’Aja, questi governi hanno fatto ben poco per alleviare le sofferenze di migliaia di cittadini le cui vite sono state alterate per sempre dalla guerra.

Nel corso degli ultimi due decenni i diplomatici occidentali hanno combattuto con il problema di come porre fine al conflitto jugoslavo nel dilemma se fosse più importante amministrare la giustizia o ottenere un qualche tipo di pace. La politica di pacificazione e le proiezioni dei futuri processi integrativi della regione hanno guidato le azioni della Corte. Era anche importante dimostrare l’imparzialità e l’assenza di una specifica polarizzazione nazionale dell’ICTY. Questo è stato ottenuto assolvendo ufficiali sia croati che serbi, in sentenze molto controverse. La speranza era che tali azioni giudiziarie favorissero la pace e prevenissero rappresaglie future. Inesorabilmente, questa logica profondamente sbagliata di costruzione della pace ha vinto sulla speranza di ottenere giustizia per le vittime.

Lungo il percorso la comunità internazionale si è compromessa con le locali élite politiche nazionali e si è adattata alle loro esigenze, al fine di garantire il loro adeguarsi agli organismi internazionali giuridici come l’ICTY e la Corte Internazionale di Giustizia. Le decisioni degli organi giuridici internazionali di non utilizzare le registrazioni delle riunioni del Consiglio supremo di difesa, nel caso “Bosnia Erzegovina contro Serbia”, e di rigettare l’infame “Memorandum Brioni” nel caso dell’Operazione Tempesta, sono esempi sorprendenti di tale compromesso.

In questo modo la corte internazionale ha rafforzato le rivendicazioni delle élite nazionaliste nelle repubbliche ex jugoslave sulla natura difensiva delle loro guerre, mentre ha contribuito a rappresentare “l’altro” come un aggressore. Ha inoltre reso difficile, se non impossibile, per i giudici nazionali affrontare casi di crimini di guerra in futuro. Dopo che l’ICTY ha assolto gli ex funzionari e ufficiali kosovari, croati, bosniaci e serbi, è difficile immaginare un tribunale in uno di questi stati che possa procedere con eventuali futuri casi, in quanto tali sentenze di proscioglimento saranno prese come una conferma di innocenza assoluta.

Queste decisioni dell’ICTY avranno conseguenze negative di vasta portata. La Corte ha scritto la storia della dissoluzione della Jugoslavia non seguendo le tracce di elementi di prova, ma guidata dalla lottizzazione, politicamente motivata, delle responsabilità tra gli ex belligeranti. Questa nuova narrazione storica riflette un compromesso tra la comunità internazionale e le élite nazionali della ex Jugoslavia. È il compromesso sul minimo grado di verità necessario affinché tutti siano in grado di conviverci. L’ICTY, in tal modo, ha contribuito a creare una storia della guerra jugoslava in cui la maggior parte delle vittime sono morte per colpa di proiettili vaganti o per mano di gruppi paramilitari guidati da psicopatici e assassini di massa, non affiliati a nessuno Stato o esercito.

Le sentenze giudiziarie avranno anche un forte impatto sullo sviluppo delle meta-narrazioni di base sul passato recente fra le diverse comunità nazionali nella ex Jugoslavia. Queste saranno, senza dubbio, narrazioni di vittimismo, in cui “l’altro” è il colpevole assoluto, mentre la comunità in questione non ha sentito alcun male, visto alcun male, e non ha fatto alcun male.

Grazie alla miopia politica della comunità internazionale e alla sua impazienza nell’affrontare le complesse problematiche delle guerre jugoslave, l’ICTY, a fine giornata, ha prodotto eroi e criminali di varie comunità nazionali negli Stati eredi della Jugoslavia. Questi popoleranno nuove storie nazionali e le loro biografie diventeranno elementi essenziali nei programmi scolastici. Questa è una ricetta per conservare l’odio e la riproduzione di un desiderio di vendetta, piuttosto che per invitare le parti interessate ad un dialogo che potrebbe portare alla riconciliazione.

Christophe Solioz e Srđa Pavlović
www.balcanicaucaso.org 11 marzo 2013

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