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Spalato: rinascerà la fontana di Baiamonti? (Voce del Popolo 09mar13)

Spalato è sotto molti punti di vista una città spettacolare. Ricco di storia e monumenti, molti dei quali risalenti all’epoca dell’Antica Roma, il capoluogo della Dalmazia negli ultimi tempi si sta affermando sempre di più come una meta turistica di prim’ordine.

Tuttavia, Spalato è orfana di uno dei suoi monumenti più suggestivi. Ci riferiamo alla fontana fatta erigere in Riva, dinanzi alle odierne Procurative, da Antonio Baiamonti (Spalato, 18 settembre 1822 – 13 gennaio 1891), ultimo sindaco italiano di Spalato (dal 1860 al 1880, salvo una breve interruzione nel biennio 1864-65), per celebrare la fine dei lavori di restauro dell’acquedotto di Diocleziano.

Baiamonti, definito anche il “mirabile” podestà è considerato uno dei principali artefici della metamorfosi dell’odierno capoluogo della Dalmazia in una moderna città, perlomeno secondo quelli che erano i canoni mitteleuropei della seconda metà del XIX secolo. Uno dei più grandi meriti del “Conte Toni” è stato proprio quello di aver assicurato l’approvvigionamento idrico di Spalato, provvedendo a portare a termine, nel 1880, i lavori di restauro dell’antico acquedotto romano risalente all’epoca dell’imperatore Diocleziano e distrutto nel XVII secolo durante il dominio ottomano su vaste zone della Dalmazia.

Un’opera monumentale, che con i suoi circa nove chilometri di lunghezza collega Spalato alle sorgenti del fiume Jadro e che originalmente garantiva alla città una fornitura di 1,100.000 metri cubi di acqua al giorno.

Per celebrare la conclusione dell’opera di restauro Baiamonti propose di far erigere in Riva una fontana. L’idea fu accolta con entusiasmo dagli spalatini, numerosi dei quali si autotassarono pur di veder realizzato quanto prima il progetto di quella che all’epoca fu denominata la Fontana monumentale (Monumentalna čezma, secondo la terminologia croata dell’epoca). In corso d’opera accadde però che Baiamonti e il suo Partito autonomista perdessero le elezioni. Baiamonti fu battuto nella corsa per l’incarico di podestà dal suo acerrimo rivale Gajo Bulat, leader del Partito nazionale. Un fatto che ebbe importanti ripercussioni sulla dinamica di realizzazione della fontana monumentale, che agli occhi della nuova amministrazione rappresentava la glorificazione degli ideali autonomisti e irredentisti in Dalmazia.

A causa dei vari contenziosi che si susseguirono, alcuni dei quali approdarono persino nelle aule di tribunale, la realizzazione del monumento si protrasse per numerosi anni, tanto che poté essere inaugurato ufficialmente appena nel 1890, con il nome di Fontana di Sua Maestà l’Augustissimo nostro Imperatore e Re (Francesco Giuseppe d’Austria).

Per farsi un’idea di quali fossero all’epoca i rapporti a Spalato tra gli autonomisti e i fautori dell’idea nazionale croata, basti pensare che quast’ultimi accusarono Baiamonti di aver acquistato la fontana di seconda mano a una fiera di Milano. Stando, invece, alla versione ufficiale la fontana venne realizzata dagli scalpellini e dagli artisti della bottega milanese Dall’Ara e C., su indicazione dello scultore padovano Luigi Ceccon (1833-1919), autore tra l’altro della statua di Francesco Petrarca nell’omonima piazza padovana.

La fontana di Spalato era senza ombra di dubbio un’opera imponente (sulle pagine de “Il Dalmata” fu definita seconda per maestosità solo a quelle di Graz in tutto l’Impero bicipite), adornata da una ventina di figure allegoriche (tritoni, cavallucci marini, sirene…) e vasche che dovevano simboleggiare il fiume Jadro che sfocia nel Mare Adriatico, i venti, l’amore per la terra patria, le arti, la forza di volontà, ecc. Non stupisce pertanto che una volta ultimata divenne uno dei vanti di Spalato.

Per gli spalatini rappresentava un fatto di prestigio farsi ritrarre davanti alla fontana (era alta 9,6 e larga 2,7 metri). Fu probabilmente l’orgoglio che la fontana suscitava negli spalatini, che molti di loro chiamavano Bajamontuša (termine colloquiale impiegato al giorno d’oggi per indicare l’acqua della rete idrica spalatina), che fece desistere dai propri intenti coloro i quali alla fine della Prima guerra mondiale proposero di farla abbattere per innalzare al suo posto una statua del re serbo Alessandro “l’unificatore”. L’amore degli spalatini nei suoi confronti non fu però sufficiente a salvarla dalla follia devastatrice del secondo dopoguerra.

La fontana fu distrutta con la dinamite il 30 maggio 1947, forse a causa della somiglianza di una delle decorazioni al fascio littorio. Solo grazie all’intervento del pittore Veljko Parać e dell’imprenditore M. Marasović alcuni frammenti della fontana sono stati salvati e successivamente consegnati al Museo civico di Spalato dove sono tutt’oggi custoditi.

Oggi al posto della fontana di Baiamonti ci sono una modesta vasca e una lapide posta qui nel 1989, in memoria di Vinko Buljanović, un operaio ucciso nel 1939 in occasione di una manifestazione sindacale. Ma sono sempre più numerosi gli spalatini che vorrebbero vedere risorgere la fontana monumentale (www.splitskafontana.com). Il merito di ciò va riconosciuto, almeno in parte, agli autori dello sceneggiato Velo Misto, basato sui racconti del giornalista Miljenko Smoje, che nel 1979 ne fecero realizzare una replica in grandezza naturale, facendola riscoprire agli spalatini.

Forse con un pizzico di fortuna, un giorno, magari nemmeno tanto lontano, la fontana monumentale di Spalato, potrà risorgere, proprio come avvenuto nel caso del monumento equestre del bano Josip Jelačić a Zagabria, al quale la storia aveva riservato una sorte analoga a quella della “Bajamontuša”. In fin dei conti entrambi i monumenti sono stati vittime della stessa ideologia, una sorte che li accomuna a un terzo importante monumento: la statua di Niccolò Tommaseo divelta a Sebenico.

Krsto Babić
“la Voce del Popolo” / suppl. “Dalmazia In Più” 9 marzo 2013

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