L’amore: il suo tocco divino risveglia ed esalta tutto ciò che è nobile e bello. Una delle grandi forze universali, cerca la sua manifestazione e la sua realizzazione sulla terra ovunque gli sia possibile e vi sia ricettività, scegliendo i propri strumenti, destando alle proprie vibrazioni coloro che sono capaci di una risposta. E ricettività e risposta non sono mancate sabato scorso a Pedena, a un evento che assume un alto valore simbolico: l’amore che si rinnova e che rigenera, che unisce gli uomini, guardando al futuro. Amore è stata infatti una delle parole più sentite alla presentazione di “Pedena. Storia e memoria dell’antica diocesi istriana”, libro di David Di Paoli Paulovich, pubblicato dall’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste, con una toccante prefazione-testimonianza personale di Lorenzo Rovis, presidente della citata associazione, originario dell’antico borgo, dove ha trascorso l’infanzia e parte dell’adolescenza, prima di espatriare nel vicino capoluogo giuliano.
Per Pedena è stato un grande avvenimento, di quelli eccezionali, con una particolare partecipazione di autorità e pubblico, sia numerica sia sotto l’aspetto del coinvolgimento emotivo. A sorpresa e compiacimento degli organizzatori, la bella sala restaurata nel Palazzo del Barone, sede del Centro per la cultura immateriale (il CENKI, che ha come riferimento il Museo etnografico della regione) era gremita; un’adesione, questa, che dà ragione a quanti intendono trasformare la località in centro culturale dell’Istria par excellence. Un’idea che il sindaco Gianni Franković accarezza da tempo – almeno dall’apertura del CENKI, nel giugno del 2011 –, e alla quale hanno manifestato il proprio appoggio diversi ospiti, Rovis compreso, a dimostrazione della sintonia d’intenti e della sinergia che si è ormai instaurata tra istriani, italiani e croati, esuli e rimasti. Una considerazione che trova un’ulteriore riprova nel fatto che la promozione del volume su Pedena ha visto l’esordio della collaborazione tra l’Unione Italiana, l’associazione rappresentativa degli italiani rimasti, e l’Associazione delle Comunità Istriane. Dopo il percorso avviato con il Libero Comune di Pola in Esilio, si tratta di un ulteriore sviluppo del rapporto tra le due “anime” del popolo giuliano-dalmata.
Ma veniamo alla cronaca (riservandoci, per motivi di spazio, un successivo approfondimento sull’opera del Di Paoli Paulovich): sono intervenuti, quali padroni di casa il sindaco Gianni Franković e il parroco Antun Kurelović; l’assessore regionale alla Cultura, Vladimir Torbica, a nome del presidente della Regione Istriana, Ivan Jakovčić, mentre il cancelliere diocesano Sergej Jelenić ha porto i saluti del vescovo della Diocesi di Parenzo e Pola Dražen Kutleša; quindi hanno preso parte alla presentazione il console generale d’Italia a Fiume, Renato Cianfarani, il deputato al Sabor e presidente dell’Unione Italiana, Furio Radin; il presidente della Giunta esecutiva UI, Maurizio Tremul; il direttore del Centro di Ricerche storiche di Rovigno, Giovanni Radossi, Jordan Rovis, parroco di Gimino (nato a Pedena), Nidija Nikočević, direttrice del Museo etnografico dell’Istria, Gianfranco Abrami, autore delle fotografie del libro.
In sala, come si diceva, anche diversi esuli, tra cui esponenti del Libero Comune di Pola in Esilio – Argeo Benco, Silvio Mazzarolli e Paolo Radivo –, e poi Franco Biloslavo, segretario della Comunità di Piemonte d’Istria, e Mariarita Cosliani, della Mailing List “Histria”. “Pedena. Storia e memorie dell’antica diocesi istriana” è stato analizzato nei contenuti e nella fattezza, in modo esaustivo e coinvolgente, dallo storico Denis Visintin, direttore del Museo civico di Pisino, e dall’archeologo e storico dell’arte Marino Baldini (suo un appello a interventi di tutela del patrimonio artistico e l’architettura abitativa tradizionale e sacra, di cui è ricca la zona).
Non poteva ovviamente mancare l’autore, triestino di origini istriane – per parte paterna appartiene a un’antica famiglia di Verteneglio –, che qualche hanno fa ha intrapreso un cammino di recupero dell’identità delle cittadine istriane per restituire ciò che loro appartiene, in particolare quella dimensione più intima e sentita, quella religiosa, senza la quale sarebbe impensabile la vita istriana; componente che sconfina poi in diversi ambiti, da quello musicale, all’etnografia, al calendario liturgico e rurale… Di Paoli Paulovich ha accennato alla gestazione di questo suo ultimo volume – in precedenza aveva esplorato le tradizioni di Umago, Ossero, Cherso, Montona, Strugnano, Zara, il canto patriarchino in Istria, Fiume e Dalmazia e pubblicato le monografie “Piemonte. Il patrimonio musicale della tradizione liturgica” (Associazione delle Comunità Istriane, Trieste, 2011) e “Così Rovigno prega e canta a Dio” (Centro di Ricerche storiche di Rovigno, Trieste – Rovigno, 2011) –, con alcune curiosità. L’autore ha svelato un retroscena simpatico, che ha aperto uno spiraglio nelle sue ricerche, ostacolate dalla frammentarietà e dalla dispersione delle fonti: l’incontro fortuito con l’organista pedense Giovanni Runco, e da qui l’aggancio con Antonietta Runco, che gli ha trasmesso le partiture (trascritte nel libro) di Giovannino Runco.
Una cerimonia durata oltre due ore e mezza, nel corso della quale il sindaco ha evidenziato il valore del patrimonio storico e culturale di Pedena – uno scrigno di gioielli di cui andar fieri – e gli sforzi volti alla sua conservazione e riscoperta, cui il libro dello storicoo e musicologo triestino ha dato un significativo contributo. Franković ha quindi proposto la traduzione in croato dell’opera di David Di Paoli Paulovich, come pure la traduzione in italiano degli Atti usciti lo scoro anno e che raccolgono i saggi proposti a un convegno scientifico su Pedena nel 2008. Non dovrebbero esserci particolari difficoltà nel reperire i mezzi necessari per l’operazione, visto che sia il sindaco pedenese sia l’assessore Torbica hanno dimostrato disponibilità a finanziare l’iniziativa. Il parroco Kurelović ha ripercorso le vicende ecclesiastiche della città, ha ribadito il suo ruolo attraverso i secoli, il proseguimento della tradizione e ha accennato al particolare legame con Trieste. L’ultimo vescovo di Pedena era infatti triestino, Aldrago Antonio de’ Piccardi. Il vescovado pedenese verrà soppresso dall’imperatore asburgico Giuseppe II nel 1788, che all’insegna della spendig review – come tornano i cicli della storia! – lo accorperà a quello di Trieste.
È il richiamo del cuore, quello che fa studiare il passato, per capire meglio il presente e pensare il futuro. “L’Istria del resto ha la forma di un cuore”, ha rilevato Rovis. Gli istriani, dunque, ragionano con sentimenti profondi, e agiscono con spirito costruttivo, in modo laborioso, concreto, con quella mitezza che è insita nel loro carattere.
Si parlava di amore; altra espressione frequente, letta nelle parole dei convenuti, è stata la continuità, ossia la volontà di assicurare la continuità del patrimonio storico, culturale, artistico e religioso della località istriana, già castelliere in epoca preistorica, successivamente municipio romano, importante centro in epoca bizantina e altomedievale – basti ricordare che, secondo il Placito del Risano, dell’804, in quanto a pagamento di imposte era seconda solo a Montona, cosa che lascia a intendere una ricca attività economica –, divenuta prima sede vescovile dell’Istria interna, mai sottoposta alla Serenissima eppure tra le sue mura si parlava l’italiano, o meglio l’istro-veneto derivante dal latino. “Chi ama il bello non potrà fare a meno di questa eredità – ha detto Di Paoli Paulocih, augurandosi che le ricchezze della cittadina possano essere considerate in fotoro. Oggi Pedena è un borgo diroccato, ma fiero, che cerca di rivivere e recuperare almeno una parte delle vetuste glorie, con diversi cantieri aperti tra le sue vecchie mura, sinonimo – si auspica – di una ritrovata vitalità spirituale e materiale.
Ilaria Rocchi
“La Voce del Popolo” 25 marzo 2013