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Quei 7 miliardi che spaventano Lubiana – 10apr13

«Io sono tranquillo, la Slovenia non ha bisogno di un prestito». «Se dovessimo chiedere un prestito sarebbe una sconfitta per il Paese».«Non saremo il prossimo Paese a chiedere un prestito internazionale». Parole, rispettivamente del ministro delle Finanze e del ministro dell’Economia sloveni, Uros Cufer e Stanko Stepisnik, e del primo ministro Alenka Bratušek. Nonostante le rassicurazioni, tuttavia, sono in molti in questi giorni a chiedersi se Lubiana rischia di diventare la prossima Nicosia.

La Slovenia, solo pochi anni fa soprannominata la “Svizzera dei Balcani” per la veloce crescita dei primi anni 2000, sta risentendo in maniera pesante della recessione europea. L’economia, dopo lo scivolone a meno 8% del 2009, si era ripresa leggermente, ma nel 2012 è tornata in negativo e le previsioni per quest’anno non sono rosee. Lo spread fra i titoli sloveni e i bund tedeschi è volato a 400 punti negli scorsi giorni e il rendimento si è avvicinato pericolosamente a quel 7% oltre il quale il debito del Paese comincia a non essere più considerato sostenibile. Il rischio di rimanere tagliati fuori dai mercati internazionali insomma c’è. Nell’occhio del ciclone ci sono soprattutto le banche: venerdì l’agenzia di rating Fitch ne ha declassato cinque. I prestiti in sofferenza del settore creditizio, quasi totalmente pubblico, secondo l’Fmi, sono pari a 7 miliardi, il 20% circa del Pil da 36 miliardi del Paese.

Lo stesso Fmi e l’Ocse hanno chiarito a più riprese che la Slovenia potrebbe avere bisogno di un prestito. Il minimo che si può dire è che il governo della neo premier Bratušek, nato sulle ceneri degli scandali del precedente esecutivo Janša, stia vivendo giorni di forti pressioni. Ma come si è arrivati a questa situazione? «Innanzitutto – spiega al Secolo XIX Paolo Manasse, docente di economia internazionale all’Università di Bologna – bisogna chiarire che la crisi slovena è diversa da quella cipriota. La Slovenia non è un paradiso fiscale e non ha un settore bancario ipertrofico. La Slovenia era considerata un Paese di successo, con saldi invidiabili ancora fino al 2007-2008». E allora cosa è andato storto? «Il fatto è che è un Paese che si basa molto sulle esportazioni, in particolare verso la Germania e l’Italia. E con la recessione europea la loro economia ha cominciato a crollare. Questa in qualche modo è stata anche la causa dei problemi del settore bancario. Nel 2007-2008 ci fu un boom del credito, che andò a finanziare il settore immobiliare cercando soldi all’estero. Con la recessione, come in Irlanda e Spagna, è arrivato il crollo immobiliare, il fallimento delle imprese e contestualmente dei loro debiti. Oggi il problema del settore bancario è grave e si stima che quasi un terzo dei crediti delle banche siano inesigibili».

Per questo motivo la Bratušek ha deciso di rispolverare il progetto di una “Bad Bank” in cui potrebbero essere confinati tutti gli asset tossici in pancia alle banche slovene. Ma non è una strada facile e non è ancora chiaro se verrà percorsa fino in fondo. «Il sistema bancario sloveno – ci dice Janez Tomazic, giornalista del quotidiano economico Finance – ha circa 46 miliardi di assets, pari al 130% del Pil. Venti sono depositi di compagnie e famiglie, 3 depositi statali, il resto sono prestiti presi sui mercati internazionali. Il problema è che i creditori internazionali rivogliono i loro soldi, che però sono bloccati nella bolla del settore immobiliare, nelle holding creditizie e in altre società in difficoltà. L’economia reale non produce profitti e non riesce a ripagare i debiti. E così ci avvitiamo». Si aggiungano i problemi di liquidità: il Tesoro sloveno ha in cassa poco più di un miliardo di euro e a giugno deve ripagare più 900 milioni di un bond in scadenza. E la gente come se la passa? Su due milioni di abitanti circa a gennaio 2013 il tasso di disoccupazione era al 13,6%, ma i sacrifici chiesti dai Governi cominciano a farsi sentire: l’età pensionabile è stata alzata a 68 anni, gli stipendi pubblici tagliati e ora anche l’Iva rischia di salire dal 20% al 22%. Sulle rive della Ljubljanica si continua a passeggiare tranquilli, ma il timore che la piena possa arrivare è nella mente di tutti.

Federico Simonelli
shipping@ilsecoloxix.it

 

 

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