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Slovenia, il “terrore” dei bond sovrani – 11apr13

Dopo il flop dell’asta dei buoni del tesoro per finanziare il debito pubblico la Slovenia si lecca le ferite. E le parole di martedì del presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso al termine dell’incontro con la premier slovena Alenka Bratušek con le quali ha chiaramente sostenuto che «la Slovenia non è Cipro» diventano un po’ una pacca sulla schiena, quando il lavoro da fare è ancora tanto. Ma soprattutto non c’è più tempo da perdere. «L’asta di ieri (martedì ndr.) – spiega Luca Cazzulani analista reddito fisso presso Unicredit – è andata a buca, nel senso il target doveva essere 100 milioni ma ne sono stati venduti 56 a fronte di una domanda totale di 80 milioni e che quindi è stata inferiore all’importo che si doveva emettere».

E la mancanza di domanda è legata a vari fattori comunque sintetizzabile nel fatto che «a livello dei tassi a 1,7% per i 6 mesi e 3% per i 12 mesi gli investitori che di solito sono investitori domestici trovano poco interessante offrire stumming al governo, soprattutto trattandosi di un Paese che ha una situazione abbastanza delicata». A giugno è in arrivo una scadenza di T-Bill per circa 1miliardo, e lì servirà avere una maggior chiarezza sulle strategie del paese. Comunque al momento è da escludere un rischio di contagio della “sindrome slovena” anche «perché – precisa l’analista Unicredit – l’esistenza del problema Slovenia è noto oramai da tempo, si tratta di uno Stato molto piccolo e poi abbiamo avuto dei precedenti che più o meno lasciano capire come vengono gestite le crisi, ossia a seconda di quale è il problema si va un po’ a incidere e a reperire le risorse finanziarie con poi una compartecipazione in cui parte delle risorse vengono messe dai detentori di quegli asset che sono sotto stress e parte arriva dall’Ue».

La Slovenia punta tutto sulla cosiddetta “bad bank” per sanare il sistema creditizio praticamente in agonia. «Probabilmente è la direzione corretta – spiega ancora Cazzulani – isolare i prestiti buoni da quelli cattivi mi sembra un punto di partenza corretto». Il clima dunque è mutato. Gli investitori hanno percepito che si possono colpire anche i detentori di bond sovrani, come avvenuto in Grecia con il Psi (partecipazione dei privati alle perdite) e poi i depositi bancari come a Cipro. Se il problema della crisi è lo Stato ci perdono i prestatori dello Stato, se il problema sono le banche a perderci sono i prestatori delle banche. Così nel caso dell’asta dei titoli del Tesoro sloveni si può notare come il legame tra banche e debito sovrano si allenta e le banche domestiche non corrono più in soccorso dello Stato se i tassi non sono elevati.

La situazione è grave ma il ministro delle Finanzne Uroš ‹ufer cerca di calmare gli animi. Dopo aver incontrato lunedì scorso a Bruxelles in un incontro dal chiaro sapore “carbonaro” il commissario Ue agli Affari economici Holli Rehn ieri ha ribadito che il Paese «ha ancora tempo per aspettare una normalizzazione delle cose che gli investitori stabili riprendano fiducia nella politica economica slovena. Quando presenteremo loro i nostri progetti non ci saranno più problemi. Certo non dobbiamo sottovalutare la richiesta di finanziamento del debito sui mercati ma l’acqua non brucia». I problemi della Slovenia, per molti prossima candidata ad aiuti europei, sono invece più di natura politica che non economica per Ewald Nowotny, Governatore della Banca centrale austriaca e consigliere della Bce.

«Ci sono problemi nel settore bancario in Slovenia – ha spiegato – ma un governo stabile potrebbe apportare quei cambiamenti che renderebbero inutile un viaggio a Bruxelles». In Spagna e Slovenia gli squilibri macroeconomici sono eccessivi è infine il parere della Commissione europea che ha pubblicato ieri i risultati degli esami sugli squilibri macroeconomici di 13 Stati membri. Ma l’Istituto della finanza internazionale (IIF) che è l’unica associazione globale delle istituzioni finanziarie ha già fatto i conti. Fino al 2015 a Lubiana, a seconda dell’andamento del Pil, serviranno dai 9,3 agli 11,8 miliardi euro e quindi dovrebbe intervenire l’European Stability Mechanism (Esm) che fornisce gli aiuti ai Paesi dell’Eurozona in difficoltà.

Mauro Manzin
“Il Piccolo” 11 aprile 2013

 

 

 

Barroso e la premier Bratušek al termine dell’incontro (foto www.balkaninside.com)

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