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Due giorni a Gorizia in compagnia dei banditi (Voce del Popolo 25mag13)

Le rivolte del Cinquecento in Friuli, Carinzia e Istria hanno aperto ieri a Gorizia il Festival èStoria, quest’anno dedicato ai “Banditi”. Nel contesto dello scontro tra Austria e Venezia nel XIV secolo, alcuni ospiti sono stati chiamati ad individuare, con il coordinamento di Giuseppe Trebbi, cause, percorsi e risultati delle sommosse contadine. Vediamo il profilo degli intervenuti. Darko Darovec ha insegnato lungamente a Capodistria e attualmente è accademico a Lubiana, oltre che autore di vari saggi di storia medievale e moderna; Furio Bianco, studioso ed esperto sul tema delle rivolte in Friuli, sta preparando un volume sui briganti e i ribelli a Nordest; Friedrich Edelmayer, docente di Storia contemporanea all’Università di Vienna, è anche un autorevole esperto di storia medievale. Quest’ultimo ha fatto un quadro generale sulle rivolte contadine in Europa, che, nel ’500, si muovevano sul confine sottile del banditismo.

Il fenomeno riguardava una vastissima area, per quanto i fatti più importanti avvenissero, secondo lo studioso tedesco, nella zona Alto-Adriatica, nella Carniola, nelle terre croate e istriane e in Friuli. Quanto alle cause delle sommosse, erano principalmente di carattere socio-economico, ma vertenti in particolare sulle questioni della giustizia e dei diritti dei contadini. Con l’avvento del Protestantesimo a questi elementi si aggiunsero aspetti politici e religiosi. Il contesto generale era caratterizzato da un aumento dei prezzi alimentari, dall’apparizione, per la prima volta, del fenomeno dell’inflazione e dai problemi tra feudatari e contadini. Insomma, una miscela esplosiva, che deflagrò prima in Siberia e poi, a scendere, in Franconia, Alsazia, nelle terre austriache e slave. In particolare, attorno al 1525 i diritti dei contadini si stavano erodendo. Nelle ribellioni di solito si creavano due gruppi, uno guidato dai nobili e l’altro dal “popolo. Esistevano poi delle strategie di pacificazione per le rivolte, a seconda della gravità dei disordini. Quando la situazione degenerava, si perseguivano duramente i capi contadini, con esecuzioni sommarie e cruente. L’intervento militare era l’ultima ratio. In questo processo c’era una collaborazione tra Austria e Venezia, sul fronte degli arresti e delle carceri.

Darko Darovec ci porta invece nello specifico sulla sponda orientale dell’Adriatico ed esordisce ritrovando nelle identità nazionali slovena e croata le tracce dei movimenti politici contadini. Lo storico trova poi nello strumento della lotta di classe, tirata in ballo spesso negli studi storici del dopoguerra, un parallelismo, anche forzato, con l’epoca del banditismo e delle rivolte contadine. Insomma, un mix di marxismo e nazionalismo. In questo contesto è stata ricordata, per la Croazia, l’importanza di una figura come Matija Gubec, il rivoltoso commerciante e contadino ricordato ancora oggi nel processo di identificazione nazionale croata. Un particolare rilevante per la Slovenia: secondo lo studioso, le prime parole in sloveno stampate comparvero su dei volantini scritti da alcuni contadini in rivolta. Lo storico ha poi parlato dei miti, del contrabbando e del banditismo nell’Istria veneta.

Nonostante la scarsità di fonti d’archivio sistematizzate sul suo sviluppo e sull’estensione, si sa che nella maggior parte dei casi quelli che venivano condannati al bando e all’esilio erano rei di praticare attività di contrabbando. Si può comunque affermare con sicurezza che dal XIV secolo alla metà del XVI il contrabbando era il reato più comune, fenomeno considerato un atto sociale di ribellione silenziosa contro la politica fiscale regressiva veneziana. In genere veniva punito con l’esilio e forniva la base per il reclutamento di banditi; una volta esiliati, per riuscire a procurarsi i mezzi di sussistenza erano costretti a impegnarsi ulteriormente in rapine.

I veneziani tentarono in vari modi di ostacolare il diffondersi del banditismo; negli ultimi decenni del XVII secolo i contrabbandieri erano spesso condannati a prestare servizio come rematori sulle galee o a lavorare nell’edilizia. Inoltre, la Serenissima introdusse la cosiddetta cerna, o černida: un esercito contadino arruolato a forza per proteggere il Paese. Questo provvedimento però si dimostrò un’arma a doppio taglio, poiché tale esercito era in gran parte composto da uomini del luogo, e il terrore suscitato dalla consuetudine dell’omertà era più forte della Giustizia.

Furio Bianco ha trattato tematiche rivolte maggiormente agli avvenimenti in area friulana, ponendo l’accento sulla complessità delle rivolte contadine in Europa e, in particolare, sul ruolo dei conflitti tra le casate e il volgo.

Nonostante i tentativi strumentali e politici dei nobili che miravano a manipolare il consenso popolare, il ribellismo in Friuli si presenta “epidemico fin dalla sua nascita. Le rivolte si susseguivano ad un ritmo incalzante, appena un diritto veniva messo in discussione”. In conclusione, fu un enorme fenomeno europeo basato su una delle prime ricerche attive dei propri diritti in larga scala.

Emanuela Masseria
“la Voce del Popolo” 25 maggio 2013

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