In questa 19esima e penultima puntata, ci soffermiamo sugli anni della malattia fino alla morte di Padre Flaminio Rocchi, l’Apostolo degli Esuli. Lo facciamo proponendo alcuni brani dal libro ANVGD “L’uomo, il francescano, l’esule” a lui dedicato e curato dal nipote Fabio Rocchi.
Dopo la foto troverete i link e gli argomenti delle puntate precedenti.
Era un trentennio ormai che sopravviveva ai suoi malanni. Dato per spacciato più e più volte, nessuno dei medici (tutti da lui stimati) aveva fatto i conti con un fisico che sembrava sfidare ogni legge della medicina. Le cartelle delle sue più recenti dimissioni, in quel via vai dall’ospedale, dipingevano una persona da anni sull’orlo del baratro. Eppure lui era là. Certo, con sempre maggior fatica, ma le sue cellule cerebrali sembravano voler compensare il decadimento fisico ed impazzivano di gioia all’idea di continuare a lavorare ancora, quasi potessero finalmente dimostrare di essere migliori rispetto alle altre che vagavano -stanche- per il corpo.
Non amava preoccuparsi della sua salute. Di questo si era presa carico Silvana (sua cognata e mia madre). Così Flaminio aveva creato un ponderato equilibrio tra il fatalismo del quale, in ambito sanitario, amava contornarsi, e la coscienza di dover usare tutte le armi per combattere la malattia. Non sarebbe sopravvissuto se fosse rimasto in convento con l’aggravarsi degli acciacchi. Era stato quindi costretto a entrare in una famiglia vera (lui, che aveva scelto solo quella della Chiesa) dovendo obbedientemente accettare le regole per lui nuove che una vera famiglia impone, ma che a lui semplicemente gli consentivano di vivere. L’assistenza impareggiabile che ne ricevette quietò il suo recalcitrare all’adattarsi alla nuova situazione.
Non voleva parlare dei suoi malanni. Le numerose volte che venne ricoverato in ospedale, dava disposizioni di non darne notizia a nessuno e dire che era fuori sede per impegni. Non voleva neanche che lo si visitasse in ospedale. Lo considerava -per loro visitatori- tempo tolto alla visita di chi aveva più bisogno o ad altre attività più importanti. Poi però la sera, nelle preghiere, si ricordava sempre di chi gli aveva evangelicamente dato affetto e conforto.
Amava bacchettare il cappellano ospedaliero di turno, ormai troppo avvezzo alla sofferenza tanto da considerarla una inevitabile abitudine. Lo riprendeva, lo spronava ad una maggiore sensibilità. Aveva sempre sognato di morire serenamente, chino sulla sua scrivania, tra una pratica dei beni abbandonati e una bozza di legge in favore dei suoi Esuli. E serenamente aveva sempre parlato di questo momento. Man mano che gli anni passavano, però, questa sua certezza cedeva umanamente sempre più il passo ad un misurato timore verso il momento estremo. La paura di non completare i suoi progetti, la paura di essere di peso a chi lo curava, la paura di lasciare qualcosa di incompleto e rimproverarsi di non averlo portato a termine.
Voleva fare tante altre cose, prima fra tutte un libro sulla sua Neresine. Aveva ancora tante idee da sfruttare; tante quanto un giovane studentello universitario che scopre a ogni pagina di libro nuovi entusiastici orizzonti alle sue potenzialità.
Non pensò mai di fermarsi, neanche dietro i pressanti inviti del nipote Guido, cardiologo, che tentava inutilmente di fargli riporre la penna nel cassetto. Voleva lasciare questa terra nel pieno delle sue attività e così è stato. Rispose fino all’ultimo a chi gli scriveva, magari in maniera più concisa del solito, per affaticarsi di meno e dare più risposte. Non erano in molti a sapere dei suoi malanni, così le lettere fioccarono quotidianamente. Fino all’ultimo giorno.
Inserisco quindi questa breve lettera. Non è un ricordo di Padre Flaminio, ma il caso vuole che sia stata scritta da due Esuli proprio il giorno della sua morte, ignare di ciò che in quelle ore stava accadendo.
«M.Rev. Padre Rocchi, abbiamo ricevuto la Sua graditissima lettera a conferma dell’invio dei nostri certificati alla Commissione del Ministero e sentitamente La ringraziamo per la Sua sollecitudine. Speriamo che i documenti, inviati a suo tempo ratealmente, siano sufficienti dopo 50 anni ed oltre di attesa per una risoluzione. Ci scusi per tutto il disturbo che Le arrechiamo e come tutti gli istriani Le siamo infinitamente grati e debitori.»
Ersilia ed Elvira Lovello
«A causa di una grave malattia i suoi superiori francescani mi hanno autorizzato ad ospitarlo a casa mia negli ultimi anni della sua vita, che grazie a questa nuova condizione di vita furono ben più lunghi dei pochi mesi che gli erano stati diagnosticati. Ha vissuto così altri 12 anni ed il merito va anche e soprattutto a mia moglie Silvana, con le sue regole alimentari e medicali.
Da parte mia l’ho seguito quanto ho potuto. Negli ultimi anni mi ha insegnato molte cose che tengo gelosamente custodite e che talvolta esprimo in pubblico quando sono chiamato ad intervenire sugli argomenti che erano a lui tanto cari»
Bepi Rocchi
Lettera a Padre Antonio Vitale Bommarco, allora Ministro Provinciale della provincia patavina dell’OFMC.
«Caro Padre Provinciale, ho ricevuto la Sua del 3 ottobre mentre stavo decidendo di ritornare in un qualsiasi convento, perché il convento è la mia casa. Non so dove morirò. Sarà certo durante il Suo provincialato e quindi La prego di comunicare a suo tempo in convento che sono morto. E’ un mio piccolo capriccio francescano, ma io mi sento gioiosamente ed eternamente francescano anche nei difetti. Ho il piacere ed anche la noia di essere caduto in mano di alcuni medici che mi vogliono troppo bene. Il consulto del giorno sette ottobre dice che il cuore e una vena sono troppo grossi, per cui uno sforzo potrebbe provocare un edema o un aneurisma.
Ecco perché il Suo permesso di stare provvisoriamente presso mio fratello, diventa una precauzione per la quale La ringrazio nuovamente. Qui ho una chiesa francescana a duecento metri. Ci vado mattina e sera. Mio fratello mi porta con la macchina da un ascensore all’altro. Stranamente questa malattia non ha toccato né il cervello, né la memoria, né l’ottimismo, né la volontà di lavorare. Così dicono gli altri.
Ma caro P. Provinciale, io Le sono molto grato per le parole affettuose che Lei mi ha inviato. Non sono le parole di una curia, ma quelle di un padre e amico in San Francesco.
Da quarantasei anni sto nel convento alcantarino dei Santi Quaranta, vivo nella stessa cella, celebro sullo stesso altare, vivo la vita comunitaria. Per questo i Padri spagnoli m’hanno inserito nell’elenco della loro Provincia. Ma io mi sono sempre rifiutato di incardinarmi, perché come francescano sono nato nel Convento di Neresine in riva al mare e perché… non voglio perdere i suffragi della nostra numerosa Famiglia veneta.
Quand’ero all’ospedale in rianimazione per dodici giorni, ho tenuto l’anima con i denti: mi sono sorpreso lucido, quasi illuminato. Ero persuaso di essere lungo l’ultimo cammino. Allora due incontri mi sono piaciuti: Lei vestito di bianco con la benedizione del nostro Padre San Francesco, e P. Cornelio sorridente con una sua particolare assoluzione. Me ne potevo andare. Ora, a 79 anni, mi sento un abusivo sulla Terra.
Caro P. Provinciale, spero di rivederLa presto. Mi benedica.»
Dai suoi appunti personali.
«Io, “frate minore” da 55 anni sono a servizio dei “fratelli maggiori”, i profughi : “è perfetta letizia”. Sono in attesa di mettere la mia mano in quella di “Sorella morte” perché mi conduca al suo Gesù.
Ho fatto queste considerazioni nell’ospedale S. Eugenio di Roma. Nel tardo pomeriggio del 13 agosto ho celebrato la S. Messa ed ho predicato la novena dell’Assunta nella chiesa dei profughi a Roma. Poi mi sono fermato a fianco dell’altare. La chiesa era vuota. Improvvisamente sono stramazzato sul pavimento, privo di conoscenza. Sarebbe stato un privilegio per un frate di oltre ottanta anni, già abusivo sulla terra, morire ai piedi di quell’altare sul quale ha pregato per sessanta anni, la vigilia della Madonna Assunta in cielo. Invece il sagrestano, il buon frate Demetrio, richiamato dal rumore, mi ha sollevato, ha chiamato un’ambulanza che mi ha portato all’ospedale a sirene spiegate. Qui mi hanno cucito una ferita sulla fronte e m’hanno ricoverato in rianimazione per una cura intensiva.
Nella stanza eravamo in otto: cinque uomini e tre donne. Ero nudo, completamente. Avevo il petto impiastricciato di cerotti, di ventose, una flebo, una macchinetta che misurava in continuazione la pressione, un’altra i battiti del cuore. Nella stanza giravano solo infermieri con siringhe, con tubetti di pasticche, con pappagalli e padelle.
La terza mattina due infermiere mi hanno scoperto dicendo: “dobbiamo farle il bidet”. Sul lettino di fronte al mio c’era una vecchietta di ottanta anni. Un infermiere è arrivato con un trabiccolo, l’ha scoperta dicendo; “devo farle una radiografia”. Delusione per un frate di clausura che rischiava di morire nudo, tra due giovani infermiere, davanti al torace scoperto di una vecchietta di ottanta anni. Ho sorriso: anche questo è francescanesimo. Perché San Francesco, sull’esempio di Gesù crocifisso sul Calvario, si è spogliato sulla piazza di Assisi ed ha gettato a suo padre tutti gli indumenti. Il vescovo lo ha coperto con il suo mantello.»
Da una lettera a Ina Sicchi Abbondanza.
«II frate vive fuori della realtà. Irresponsabile, pensa a quelli che stanno peggio di lui.[…] Dirà giustamente che questa è la filosofia rancida e barocca di un vecchio frate. Ha ragione. Ma io non mi piego sotto il fatalismo dittatoriale. Preferisco fare l’eccentrico, il paradossale. Così quando l’infarto mi ha aggredito col suo ghigno, e poi è ritornato una seconda volta col sibilo lugubre della sirena, e poi una terza volta agitando la falce fatale, io ho sorriso dicendo: «alla mia età ti aspettavo». E’ rimasto male perché voleva vedermi arrabbiato...»
Da una lettera del 3 aprile 2003 (poche settimane prima della morte) a Padre Cherubino Tommasi, confratello e compagno di studi.
«Ho avuto delle noie alla salute. Nel vuoto del ricovero in ospedale mi sono tornate alla mente con insistenza tanti cari ricordi che hanno segnato la nostra vita gioiosa di giovani studenti. Durante questo mio tramonto mi sento felice di aver regalato la mia vita a Gesù. Lo ringrazio di aver incontrato dei fratelli così allegri ed ottimisti come te. Continuo a lavorare: da francescano non si va in pensione neanche a 90 anni.»
Padre Flaminio muore il 9 giugno 2003 alle ore 14.30 all’Ospedale Sant’Eugenio di Roma, nel conforto dei sacramenti e poco dopo aver lasciato il fratello Bepi che lo aveva aiutato per il pranzo.
Nello stanzone da 6 posti letto, nessuno si accorgerà del suo decesso prima di diversi minuti. Pareva addormentato, nella serenità di una vita francescana condotta e vissuta con i più alti valori morali e umani.
Il suo pallore richiamerà l’intervento delle infermiere. Il medico di reparto farà appena in tempo a registrare un ultimo sussulto elettrico del pace maker, che stavolta nulla potrà contro madre natura.
1. puntata: biografia sintetica http://www.anvgd.it/notizie/14901-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-1-12mar13.html
2. puntata: vita da cappellano militare http://www.anvgd.it/notizie/14913-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-2-14mar13.html
3. puntata: l’esperienza di cappellano militare in Corsica http://www.anvgd.it/notizie/14945-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-3-19mar13.html
4. puntata: i ricordi della sua Neresine http://www.anvgd.it/notizie/14961-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-4-22mar13.html
5. puntata: l’impegno nell’ANVGD http://www.anvgd.it/notizie/14987-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-5-26mar13.html
6. puntanta: le Foibe http://www.anvgd.it/notizie/15014-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-6-02apr13.html
7. puntana: l’Esodo giuliano-dalmata http://www.anvgd.it/notizie/15034-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-7-04apr13.html
8. puntata: Trattato di Osimo e rapporti con la ex Jugoslavia http://www.anvgd.it/notizie/15055-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-8-09apr13.html
9. puntata: l’assistenza agli Esuli http://www.anvgd.it/notizie/15080-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-9-11apr13.html
10. puntata: la cruda realtà della profuganza http://www.anvgd.it/notizie/15081-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-10-06mag13.html
11. puntata: le critiche http://www.anvgd.it/notizie/15100-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-11-08mag13.html
12. puntata: la riconoscenza degli Esuli http://www.anvgd.it/notizie/15128-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-12-10mag13.html
13. puntata: la prima edizione de “L’esodo dei 350mila...” http://www.anvgd.it/notizie/15138-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-13-13mag13.html
14. puntata: le interviste http://www.anvgd.it/notizie/15169-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-14-16mag13.html
15. puntata: l’ultima edizione de “L’Esodo dei 350mila...” http://www.anvgd.it/notizie/15193-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-15-20mag13.html
16. puntata: Difesa Adriatica http://www.anvgd.it/notizie/15213-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-16-22mag13.html
17. puntata: epistolario http://www.anvgd.it/notizie/15228-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-17-22mag13.html
18. puntata: fede e francescanesimo http://www.anvgd.it/notizie/15237-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-18-22mag13.html