Dalla rubrica “A tu per tu” di Roberto Gervaso su “Il Messaggero” del 4 luglio 2013
Caro Roberto, una scuola romana, precisamente del quartiere giuliano-dalmato, è stata intitolata al grande Montanelli. Fin qua, nulla di male, anzi. Ma quella scuola era già dedicata a Giuseppe Tosi. Chi era? Un maestro elementare che aveva insegnato nelle scuole di Volosca e Abbazia, in Istria, e che, durante la prima guerra, aveva abbracciato l’irredentismo e insegnato agli alunni il pensiero di Mazzini e l’amore per la loro vera Patria. Durante la seconda, aveva difeso la sua italianità, suscitando le ire degli scherani di Tito che, dopo averlo massacrato di botte, lo gettarono in mare. Era il 1945 e si stava compiendo il tragico destino di quelle terre e dei loro abitanti. Quale miglior ricordo di questa nobile figura se non l’intitolazione di una scuola frequentata dai discendenti di quelli che già erano stati suoi alunni? E’ stata una grande furbata, sarebbe stato troppo sostituire questo scomodo personaggio con un Pajetta o un Berlinguer. Così si è ricorsi a Montanelli.
La tua vecchia amica triestina, Miriam
Cara Miriam, ho pubblicato quasi integralmente la tua lettera perché la pusillanimità dei nostri amministratori, che non metterei a capo nemmeno di un condominio o di un centro sportivo alla Garbatella, va denunciata. Con me l’avrebbe denunciata il mio Maestro, che rifiutò, ricorderai, il laticlavio offertogli dall’allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. Non solo l’avrebbe denunciata, ma avrebbe celebrato con la sua magica penna la straordinaria figura di Giuseppe Tosi.
Chi abbia avuto l’idea di sostituire il nome del maestro elementare istriano non lo so, ma non mi è difficile immaginarlo. Ciò che so, e lo so bene, è che a queste gherminelle, a queste “furbate” gli italiani hanno fatto il callo. Del resto, cosa c’è da aspettarsi da una classe dirigente, nazionale e locale, d’infimo conio e di draculesca voracità, che per decenni ha governato (la Nazione, le regioni, le provincie, i comuni)? Una classe dirigente mascagna e smandrappata, fatta, sì, di qualche galantuomo, di qualche onesto competente, ma soprattutto di incapaci mestatori e ladri, abili nel mercimonio, inetti nella professione, ammesso che quella politica lo sia. O lo sia nel nostro Paese. Un Paese di compromessi, obliqui e disonorevoli, di baratti sotto banco, d’inconfessabili do ut des.
Questi signori, se di signori si tratta (uso la minuscola), non conoscono la Storia, e nemmeno la cronaca. Non hanno mai sentito pronunciare il nome di Tosi, di cui non gl’importa meno che di quello della Sora Lella. Non gente, ma gentaccia o gentuccia, che non ha rispetto per l’italianità di cui Tosi fu un simbolo, non meno nobile dei Nazario Sauro e dei fratelli Bandiera di più remota memoria. Montanelli, il grande, il grandissimo Montanelli (e te lo dice chi per lustri gli fu allievo) sarebbe stato, ripeto, il primo a indignarsi per questa “vigliaccata”, che non sappiamo a chi addebitare.
Tu ricordi meglio di me, proprio perché sei triestina, come vennero trattati dai nostri governi i dalmati, i giuliani, gli istriani, esuli dalle loro terre per volontà di Tito, l’inventore delle foibe. Quelle foibe che la progressista e documentata Garzantina definirà (omissione infame) “cavità carsiche”, dimenticando di aggiungere che a riempirle erano stati i corpi di decine di migliaia d’innocenti italiani, gettati nudi con i testicoli in bocca e in testa una corona di spine (come capitò a Don Tarticchio), dai misericordiosi comunisti slavi.
P.S. Mi piacerebbe sapere a chi è venuta l’idea di ribattezzare la scuola Tosi intitolandola a Montanelli. Viva l’Italia, ma mi vergogno di essere italiano.
Roberto Gervaso
atupertu@ilmessaggero.it
Lo scrittore e giornalista Roberto Gervaso