Un momento di riflessione su ciò che è stato fatto negli ultimi due e passa decenni per cercare di capire ciò che c’è ancora da fare per mantenere e rilanciare la Comunità Nazionale Italiana in Croazia e Slovenia. Questi in poche parole il carattere e lo scopo della Giornata dell’Unione Italiana celebrata ieri sera in maniera solenne per la prima volta. Un momento storico nella vita dell’associazione che rappresenta gli italiani di queste terre, ma storico anche perché si colloca in un contesto politico affatto nuovo a poche settimane dall’entrata dalla Croazia nell’Unione europea e qundi dell’abbattimento di quelle barriere fisiche che finora dividevano la stessa comunità e la separavano dalla Nazione madre. La Comunità degli Italiani di Torre, inaugurata di recente alla presenza del presidente della Repubblica di Croazia, Ivo Josipović, è stata una cornice bella e allo stesso tempo simbolica.
Niente interpellanze, mozioni, ordine del giorno da smaltire, quella di ieri sera è stata una seduta importante, di socializzazione per cercare di ricavare, guardando anche indietro e al domani, delle “motivazioni in più per lavorare meglio, per lavorare insieme, per definire il nostro ruolo presente e futuro, per innovarci, per riuscire a cogliere le opportunità che ci offre la nuova realtà europea”, come ha rilevato la presidente dell’Assemblea dell’Unione Italiana, Floriana Bassanese Radin, la quale ha invitato i consiglieri e gli ospiti ad abbracciare la storia, ma anche a contribuire con la propria esperienza e l’entusiasmo al raggiungimento degli obiettivi comuni della CNI.
Il console generale italiano a Fiume, Renato Cianfarani, ha ribadito l’interesse e l’appoggio della Nazione madre, un sostegno che resterà anche in futuro, e si è complimentato con l’Unione Italiana per ciò che ha fatto e che farà, in particolare per aver saputo mantenere l’unità della CNI, costretta a vivere e operare fino a poco tempo fa in due Stati diversi, ma ha evidenziato anche la collaborazione che è riuscita a instaurare con altri enti e istituzioni dell’Italia, della Croazia e della Slovenia e del territorio in generale.
Il presidente dell’Università Popolare di Trieste, Silvio Delbello, si è soffermato su alcuni eventi molto significativi di questi 22 anni di Unione Italiana, partendo da un incontro a Gallesano nel gennaio del 1990 al quale c’erano Gruppo 88 e altri movimenti di opinione, e pure la Dieta Democratica Istriana. Nei vari passaggi Delbello ha focalizzato dei punti nodali come la costituzione stessa dell’Unione Italiana il 16 luglio del ‘91 a Fiume, quando venne adottato lo Statuto e l’indirizzo programmatico (in precedenza a Pola nel marzo dello stesso anno si era sciolta la vecchia Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume). “Siete stati sempre all’altezza della situazione, non vi siete mai lasciati sopraffare, assorbire e spesso siete riusciti a volgere a vostro favore il contesto anche più difficile. Dietro c’è un grosso impegno e tanto lavoro e non posso che farvi i complimenti e augurarvi altro successo”, ha detto Delbello rivolgendosi al “partner storico” Unione Italiana e consegnando alla presidente Bassanese Radin una targa ricordo dell’UPT. L’anno prossimo ricorrerà il 50.esimo della collaborazione UI-UPT.
Il veterano per eccellenza Giacomo Scotti, alla cui insistenza si deve anche la celebrazione della giornata dell’UI, ha fatto una carrellata degli ultimi due decenni, ha sottolineato la tenacia che ha garantito alla CNI la sopravvivenza, ha rievocato i tanti illustri connazionali che non ci sono più e quelli che ancora oggi portano alti i valori della nostra cultura e della nostra identità. Il presidente della Giunta Esecutiva, Maurizio Tremul, è partito pure lui dal passato per fare una specie di bilancio su ciò che è stato fatto finora e gli obiettivi finora raggiunti, e sono molti: l’aver contribuito a mantenere la pace in Istria e a Fiume, a preservare la convivenza, il dialogo interculturale e il carattere plurale delle nostre terre, l’aver ridato dignità alla CNI, mantenuto l’unitarietà, essersi ricongiunti con gli esuli, raggiunto il memorandum trilaterale, Italia-Croazia-Slovenia nel ‘92 (anche se Lubiana poi non l’ha firmato, ma si è impegnata a rispettarlo), quindi il trattato bilaterale Italo-Croato del ‘96, il riacquisto della cittadinanza italiana, un importante sostegno finanaziario da parte della Nazione madre, l’ampliamento delle rete scolastica, il rafforzamento delle istituzioni, il raddoppio delle Comunità degli italiani, la crescita culturale e anche quella economica visto che la realizzazione dei tanti progetti ha dato lavoro alle imprese, ecc.
Non si è riusciti a ottenere la legge d’interesse permanente da parte dell’Italia nei confronti della CNI e si è falliti nella creazione di una base economica. Ora si apre una nuova fase, nuove sfide che dovranno coinvolgere tutte le risorse migliori della comunità.
Il presidente dell’UI, Furio Radin, ha scelto per quest’occasione di porre delle domande, senza pertanto avere la pretesa di trovare delle risposte esaustive e ha invitato tutti a rimettersi in discussione e a farsi domande.
Abbiamo fatto abbastanza, ha chiesto Radin, per i giovani, per la loro formazione, per il mantenimento del nostro codice linguistico? Abbiamo fatto abbastanza per il coinvolgimento di tutta la comunità nella vita sociale, in modo spontaneo? Quanto sono frequentate le nostre Comunità o quanto sono invece cattedrali nel deserto? Quanto è stato fatto per rafforzare il dibattito interno o quanto siamo democratici o quanto piuttosto burocratici? Infine quanto viene usato l’italiano a livello ufficiale, a quale livello è la rappresentatività politica? “Abbiamo fatto tanto, ma siamo ancora lontani dell’aver trovato le soluzioni ai nostri grandi problemi”, ha rilevato Radin convinto che lavorando in tanti e rimettendoci in discussione arriveremo a trovare le risposte ai quesiti. Radin ha pure reso omaggio al contributo offerto dai precedenti presidenti dell’Unione, Antonio Borme, Giuseppe Rota e Maurizio Tremul. Infine ha “brindato” alla nostra gente, alla nostra collettività, alla nostra identità e unicità che è riuscita a sopravvivere nonostante i soprusi subiti nel 20.esimo secolo. Al termine si sono esibiti i connazionali del futuro: il giovane cantante di Visinada Ivan Bottezar, Erica ed Elisabetta Bellè di Momiano, e da Rovigno Tiziano e Federico Surian e il loro amico Dario.
Ilaria Rocchi
“la Voce del Popolo” 16 luglio 2013