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Viaggio tra i capisaldi fortilizi dello Stato da Mar (Voce del Popolo 23lug13)

Tenin, Clissa, Signo, Sebenico, Traù, Spalato, Almissa, Lesina, Curzola, Almissa, e poi giù verso Cattaro, Castelnuovo, Budua e l’Albania veneta. Accanto a Candia, Cerigo, Corfù, Famagosta, Malvasia, Modone, Negroponte, Paleocastro, Suda e tante altre piazze disseminate tra Grecia, Creta e Cipro costituirono, tra il XVI e il XVIII secolo, i baluardi del Mediterraneo, i luoghi nevralgici difensivi delle rotte marittime e commerciali della Serenissima verso il Levante.

Una Repubblica retta con saggezza, intelligenza tattica e astuzia, quella di San Marco, che mise in atto tutta una serie di strategie volte a prolungare la sua supremazia nel mare nostrum. A ricostruire i complessi sistemi militari veneziani adottati a tutela dello Stato da Mar, tra piazze, forti e fortezze, è un’originale esposizione, “Fortezze veneziane nel Mediterraneo”, curata da Camillo Tonini e Diana Cristante, visitabile fino al 22 settembre nel cuore del potere della potenza adriatica, il Palazzo Ducale.

Dalle preziose teche disseminate nella evocativa Sala dello Scrutinio (così detta perché appunto vi si svolgevano gli scrutini delle votazioni per le elezioni delle varie cariche statali, compresa quella del doge), emergono opere grafiche comprese tra il Cinquecento e il Settecento, realizzate con straordinaria perizia dai tecnici al servizio della Repubblica.

Piante, disegni, prospetti, mappe, documenti ufficiali, saggi, tavole, rare pergamente e persino un atlante illustrano le fortezze disseminate lungo le coste o sulle isole; fortezze diventate via via sempre più massicce e inespugnabili di fronte all’irruenza turca che minacciava i territori e gli interessi veneziani, che testimoniano il percorso di militarizzazione compiuto dalla città marittima più importante dell’epoca durante i gloriosi anni della Serenissima.

I materiali esposti provengono dal Gabinetto di Cartografia e della Biblioteca del Museo Correr; fanno parte di quei “Tesori ritrovati”, ossia di quelle opere provenienti dai vasti e articolati fondi artistici e bibliografici della Fondazione Musei Civici di Venezia, che normalmente non sono esposte al pubblico e che invece ora si ha intenzione di rendere accessibili. “Fortezze veneziane nel Mediterraneo” è la prima tappa di questo ambizioso progetto culturale. Imperdibile per tutti gli appassionati di storia e tradizioni veneziane, nonché utile contributo alla comprensione e all’approfondimento del passato dell’Istria e della Dalmazia.

Lo Stato da Mar (o Domini da Mar) è il termine con cui la Repubblica di Venezia indicava i suoi domini marittimi, cioè i territori oggetto del primo moto d’espansione del potere veneziano – Istria, Dalmazia, Morea, isole egee, Candia, ecc. – e assieme al Dogado, con Venezia, e allo Stato da Tera, costituiva una delle tre tipologie territoriali nelle quali era complessivamente suddiviso il territorio della Repubblica.

Quest’“impero” commerciale nel Mediterraneo cominciò a sorgere verso l’anno 1000, in seguito alla conquista della Dalmazia, e raggiunse la sua massima espansione al termine della Quarta Crociata, con l’acquisizione di tre ottavi dell’Impero Romano d’Oriente. Nel corso degli anni, sotto la crescente pressione ottomana, tali territori finirono col ridimensionarsi e alla caduta della Repubblica, nel 1797, Venezia controllava ancora le sole Istria, Dalmazia, Ionie (Corfù, Zante, Cefalonia) e isola di Cerigo all’entrata del Peloponneso.

Per amministrare i possedimenti oltremare, Venezia aveva ideato un complesso sistema politico e militare di funzionari, la cui organizzazione venne più volte mutata nel tempo, adattandosi alle esigenze contingenti. Nel tempo, però questo sistema finì per essere centralizzato, strutturandosi attorno alla figura del Provveditore che, tra una delle sue principali incombenze, aveva il dovere di riferire sullo stato delle fortificazioni e dei capisaldi militari, che dovevano garantire la sicurezza della Serenissima e il successo dei commerci veneziani.

La mostra propone una selezione per exempla di progetti di forti e fortezze veneziane nel Mediterraneo tra Cinquecento e Settecento, opere abitualmente conservate presso il Gabinetto di Cartografia storica e la Biblioteca del Museo Correr e provenienti dagli archivi delle famiglie patrizie veneziane da cui sortirono i protagonisti della fortuna marittima della Repubblica.

È un viaggio per immagini, dal quale emerge il ruolo nodale, e a tratti simobolico, rivestito da Corfù, Cipro e Candia (ora Creta), ma anche la particolare attenzione che la Dominante riservò nei secoli alla rete difensiva delle coste dalmate e dell’Albania Veneta.

Nel ’500 la Repubblica di Venezia avviò una radicale revisione delle sue difese, che necessariamente coinvolse anche lo Stato da Mar. Dopo una fase di ispezione e valutazione strategica i progetti e i lavori si concentrarono nel rendere efficienti le difese esistenti. Questo compito venne affidato all’architetto Michele Sanmicheli e alla sua cerchia di ingegneri.

Sulla costa dalmata furono individuati i punti chiave di Zara e di Sebenico, dove si focalizzarono le principali opere di ammodernamento. La pianta di Zara, databile tra il 1564 e il 1567, ci documenta un ambizioso progetto, mai portato a compimento, che prevedeva l’ampliamento delle mura difensive oltre l’area del porto per proteggere le strutture e per accogliere gli abitanti del territorio circostante in caso di attacco turco; la stessa carta evidenzia anche le nuove costruzioni che, a quell’epoca, erano state già realizzate.

La difesa di Sebenico venne concepita da Gian Girolamo Sanmicheli con la protezione della parte verso il mare affidata principalmente al forte di San Nicolò. Questo fu realizzato su una penisola che venne trasformata in isola artificiale e racchiusa in una forma geometrica regolare a triangolo.

Le conoscenze del territorio e delle applicazioni pratiche acquisite nel tempo furono sfruttate nel XVII secolo, unitamente alle nuove tecniche nelle costruzioni militari che nel frattempo venivano elaborate in Francia e nelle Fiandre. I progressi compiuti nelle tecniche per lo scavo di trincee, gallerie sotterranee e nell’uso delle artiglierie – sottolineano gli autori della mostra –, obbligavano ad ampliare le piazzeforti e a rafforzare le mura con possenti bastioni. Venezia concentrò l’attenzione nella strategia difensiva dell’isola di Candia, ma nonostante gli sforzi, dopo un conflitto durato dal 1645 al 1669 e un lunghissimo assedio (1668), la città fu costretta ad arrendersi agli assalti dei Turchi.

La perdita di Candia assottigliò lo Stato da Mar, ma la conquista del Peloponneso (per i veneziani Morea) da parte di Francesco Morosini – durante la guerra del 1684-1699 – diede nuove speranze di rilancio politico e commerciale della “Signora dei Mari”. Altri progetti difensivi si concretizzarono dopo la firma del trattato di pace di Carlowitz (26 gennaio 1699), che pose fine agli scontri tra la Lega Santa – Venezia inclusa – e l’Impero Ottomano.

Nel XVIII secolo, ingegneri e uomini d’armi pensarono al potenziamento di fortificazioni nel Peloponneso e nell’arcipelago greco, e dopo il trattato di Passarowitz (1718) tra la Sublime Porta e la Serenissima, si rese necessaria una riconsiderazione di tutta la rete, che fu affidata al maresciallo germanico Johann Matthias von der Schulenburg (1661-1747).

Ancora una volta il porto di Zara venne a costituire il luogo d’eccellenza per la difesa del “Golfo di Venezia”. La grande mappa di Pietro Corponese, “Pianta della città e fortificazioni di Zara”, datata 1765, illustra un progetto proposto da Schulemburg per costruire tre forti a protezione dell’importante porto. Gli spalti dei forti, mai eseguiti, sono disegnati su foglietti pieghevoli e s’ispiravano alle esigenze già rilevate nel corso dei secoli precedenti. Per la realizzazione della pianta, di notevole precisione topografica, l’autore si era avvalso dei disegni contemporanei degli ingegneri Giorgio Tramarini e Giovanni Battista Bragadin.

Tra le rappresentazioni più raffinate, quelle delle fortezze dell’isola di Candia, realizzate da Angelo degli Oddi (1603) e Francesco Basilicata (1618), o i progetti di Matthias Johann von der Schulemburg per Corfù, che sarà definita “la più bella e forte piazza di quante ve ne sono in Europa”, qui rappresentati da una pianta del 1727.

Suggestive memorie iconografiche legate ai lunghi secoli della prosperità della Repubblica Veneta e della civiltà che esportò nel Mediterraneo. Un’eredità da riscoprire. Fa ben sperare l’interesse dimostrato all’incontro di Cividale, avuto anche con il ministro italiano Massimo Bray (Attività culturali e il Turismo), in occasione dell’inaugurazione del Mittelfest, da parte del viceministro croato alla Cultura, Tamara Perišić, zaratina, per la proposta di valorizzare le fortificazioni veneziane presenti lungo l’Adriatico orientale.

Ilaria Rocchi
“la Voce del Popolo” 23 luglio 2013

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