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Roma: parole e silenzi sulle Foibe – 02set13

«A Roma vive una comunità di cittadini originari dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia che porta in sé la storia di una tragedia che non può e non deve essere dimenticata. Tutti hanno il dovere di ricordare cosa furono le foibe». Queste parole costituirebbero un’utile lettura per Luigi Nieri. Innanzitutto perché gli consentirebbero di capire che le affermazioni da lui fatte sono errate anche sotto il profilo della storia. Il vice di Marino ignora che dal ’47 affluirono nella Capitale i profughi di quelle zone e non sa che nella «sua» città esiste un quartiere che é stato ribattezzato il «villaggio giuliano dalmata». Peccato non veniale per chi governa Roma. Ma non è solo per questo motivo che Nieri, sbaglia quando, nell’intervista al Corriere, afferma che «altre città ricorderanno le foibe».

Già, perché il vice sindaco dimentica un particolare non esattamente irrilevante:

Roma è la Capitale d’Italia e se tale vuole rimanere ha il dovere di dimostrarlo comportandosi di conseguenza e, quindi, non occupandosi solo di ciò che avviene o è avvenuto nel recinto dei propri confini.

Leggendo le parole di Nieri, che sembra contrapporre la Resistenza alle foibe, torna alla mente il congresso di Rifondazione comunista del 2005. Nel corso di quell’assise, Leo Gullotta, chiamato sul palco a leggere le lettere di alcuni partigiani per celebrare il sessantesimo anniversario della Liberazione, fu duramente contestato. Gli urlarono contro «traditore» e «venduto». Dovette intervenire Fausto Bertinotti per sedare la protesta. Ma quale era la colpa dell’attore? Aver recitato in una fiction televisiva sulle foibe. Da quel giorno sono passati otto anni. Evidentemente non sono abbastanza per far rinsavire una certa sinistra.

Purtroppo su quella tragedia è calato per lungo tempo il silenzio e c’è ancora chi sa poco e chi addirittura nulla. Non c’è da stupirsene. Nell’edizione del 2000 del Dizionario di Tullio De Mauro alla voce «foiba» si leggeva: «Depressione carsica usata anche come fossa comune per occultare cadaveri di vittime di eventi bellici». Una descrizione in cui si tralasciava di specificare che le vittime erano italiani e i carnefici i «titini». Per questa ragione quella storia non desta sufficiente raccapriccio. In quale altro modo interpretare infatti il silenzio di Marino, che non si è sentito in dovere di prendere le distanze dal suo vice?

Ritenere, come ha fatto Nieri, che le foibe appartengano alla destra e la resistenza alla sinistra postcomunista è fare un torto alla storia. La vicenda del fratello di Pier Paolo Pasolini, partigiano della Brigata Osoppo, iscritto al Partito d’Azione, ucciso dai «titini», dimostra quanto sia falso questo convincimento. Ciò detto, è bene precisare a scanso di equivoci che non ci si può permettere di comparare le foibe all’Olocausto, come fa qualcuno a destra, perché quella è stata una tragedia senza paragoni nella storia.

Ps: la lettura consigliata a Nieri è tratta da un discorso del 2004 dell’allora sindaco di Roma Walter Veltroni. È stato lui e non certo Alemanno il primo che dal Campidoglio ha acceso i riflettori su quelle vicende.

Maria Teresa Meli
www.corriere.it 21 agosto 2013

 

 

 

Maria Teresa Meli (Roma, 11 agosto 1961) è una giornalista italiana. Inizia la sua carriera da giornalista collaborando con Il Messaggero e poi su Adnkronos, fino al 1992 per passare successivamente a Il Giorno e poi a La Stampa dove rimase per circa dieci anni Dal 2003 collabora con il Corriere della Sera (fonte Wikipedia)

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