Le masserizie, gli indumenti, gli oggetti personali, libri, ritratti, fotografie e tanti segni materiali di una vita trascorsa nella terra abbandonata, accatastati alla rinfusa in un magazzino dismesso. Una scena che ha profondamente impressionato il cantautore romano Simone Cristicchi, già vincitore nel 2007 del Festival di Sanremo, che per le problematiche della guerra e delle sue conseguenze dimostra da tempo una particolare sensibilità. Dai racconti del nonno, reduce dalla campagna di Russia, è nato un libro e un progetto che ha portato in scena in diversi teatri d’Italia. Trieste compresa.
Ora l’artista sta per tornare nel capoluogo giuliano, dove a ottobre farà debuttare “Magazzino 18”, spettacolo scaturito dalla visita al “deposito” del trauma dell’esodo e dalla narrazione di questa dolorosa pagina di storia italiana. E lui ha voluto approfondirla e interpretarla, puntando i riflettori sull’esodo degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia. Partendo appunto da quel luogo simbolo che è il Magazzino 18 del Porto vecchio di Trieste.
E attraverso questo santuario delle cose dimenticate viene raccontata una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta.
Il lavoro verrà rappresentato il 22 ottobre al Rossetti, con la regia di Antonio Calenda, interpretato da Cristicchi e dalla FVG Mitteleuropa Orchestra (diretta da Valter Sivilotti). Musiche e canzoni originali sono di Cristicchi, il quale firma pure i testi, insieme a Jan Bernas. Giornalista e storico di origini polacche, quest’ultimo ha scritto un saggio che ha avuto successo, “Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani” (Mursia 2010, la collaborazione dell’ANVGD), presentato anche nella nostra regione. Di “Magazzino 18”, e non solo, nel parliamo con Jan Bernas.
A ottobre Simone Cristicchi sarà sul palcoscenico del Politeama Rossetti per la prima assoluta di “Magazzino 18”. Come procede l’allestimento?
“Ormai il testo è pressoché completato. Sarà uno spettacolo molto dinamico, con continui cambi di registro e intensità. Il nostro intento è quello di accompagnare gradualmente lo spettatore a conoscere fatti e personaggi. Ci sono momenti drammatici, altri commoventi, ma vi sono anche parti in cui si riderà con gioia, quasi con un senso di liberazione dall’oppressione emotiva che evidentemente una storia drammatica come quella che raccontiamo porta con sé”.
“Magazzino 18” viene presentato come un nuovo genere teatrale, “musical-civile”. Che cosa vedremo in scena?
“È un teatro impegnato quello che rappresenterà Simone Cristicchi sul palco, un teatro impegnato con un forte impatto civile. L’idea è quella di educare alla memoria, senza partigianerie, senza preconcetti ideologici, in cui troppo spesso il mondo viene rappresentato diviso in due: buoni e cattivi. Invidio, ma neanche troppo, chi vive di dogmatiche certezze e inossidabili convinzioni. Io e Cristicchi ci siamo subito trovati nel modo di pensare e lavorare proprio perché ci siamo posti mille contraddittori interrogativi. Solo approfondendo, studiando da più fonti, incontrando testimoni, siamo riusciti a trovare alcune risposte. Siamo figli insomma del democratico interrogativo. Ci sono tanti invece filo-esclamativi, che non vogliono rendersi conto che gli esclamativi nel corso della storia hanno puntellato l’umanità di croci e orrori”.
Avete subito delle pressioni provenienti dalla sfera politica o da quella storiografica?
“Tante. Me le aspettavo ma non così tante. Dirette, indirette, alcune cordiali, altre quasi autoritarie, in alcuni casi addirittura subdole. Per lo più provenienti da chi difende posizioni precostituite, da destra o da sinistra, da parte italiana ma anche slava, incapaci di andare oltre i tradizionali steccati ideologici e capire che il nostro è uno spettacolo che non porta un’idea preconfezionata ma vuole essere un’occasione di coscienza, conoscenza e comprensione nazionale”.
“Inizialmente ci rimanevamo male. Poi ci siamo convinti che tutte le pressioni che subivamo erano il segnale che stavamo andando nella giusta direzione. Se raccontando una storia complessa e per alcuni aspetti ancora controversa come quella dell’esodo, delle foibe e dei rimasti, non si scatenano reazioni dagli ambienti più conservatori, quelli che io chiamo i ‘guardiani del pensiero a prescindere’, vuol dire che qualcosa non va. Comunque abbiamo ricevuto anche tanti buoni consigli, alcuni dei quali abbiamo fatto nostri”.
Fra canzoni e racconto viene affrontata la delicata e complessa vicenda dell’esodo attraverso il protagonista Virgilio. Una specie di cicerone, ruolo che il poeta romano ha ricoperto per Dante, nei cui versi ritornano riferimenti a Pola e Quarnero?
“Il nostro Virgilio è un buffo archivista romano spedito a Trieste dal Ministero per ‘sbrigare’ la faccenda Magazzino 18. Un personaggio che lo spettatore imparerà a conoscere nel corso dello spettacolo. Attraverso i suoi occhi, i suoi semplici ma incisivi ragionamenti, le singole storie troveranno una loro precisa collocazione all’interno di un mosaico più grande. Ovviamente ci saranno tanti altri personaggi, perché è risaputo che nei vecchi magazzini abbandonati non è inconsueto incontrare fantasmi”.
Quali sono questi altri personaggi dello spettacolo?
“Con Simone siamo stati molto attenti a rappresentare tutti gli aspetti della storia nella giusta proporzione, attribuendo ad ogni tassello di questa complessa vicenda un personaggio. Quindi ci sarà chi con l’arrivo degli slavi decide di abbandonare la propria terra, chi invece preferisce restare continuando a lottare a casa propria per la propria identità, gli operai di Monfalcone, che invece arrivano nei cantieri di Pola e Fiume mossi dagli ideali, per prendere i posti vuoti lasciati dagli esuli e contribuire alla nascita del Sol dell’avvenire. Ci sarà una parte dedicata a Goli otok, alle foibe, alla vita nei campi profughi. Era giusto e doveroso dare voce a tutte le persone che sono state protagoniste di questa vicenda, seppur da punti di vista differenti”.
Si dà voce pure alle tragedie dei rimasti. Uno di questi personaggi è la Donna “rimasta”, quali sono le ragioni per cui scelse di non partire?
“Attraverso uno dei personaggi rappresentati da Simone, verrà finalmente data la possibilità al grande pubblico italiano di conoscere e riconoscere la sofferenza dei nostri connazionali che decisero per varie ragioni di non partire esuli e che scoprirono sulla propria pelle cosa vuol dire ritrovarsi stranieri a casa propria, vivere in un mondo che si spoglia della propria essenza per acquisirne un’altra, diversa e in alcuni casi ostile”.
“Simone ed io abbiamo voluto fortemente questo personaggio proprio per dare atto, per riconoscere il fondamentale ruolo dei nostri connazionali oltre confine nel preservare e difendere ciò che ancora resta dell’italianità dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, impressa nell’arte, nella cultura, nella lingua, nella storia, negli uomini di quelle regioni. Siamo tutti italiani e come italiani dobbiamo tornare a conoscerci e interagire gli uni con gli altri”.
Alle sue parole non ci resta che aggiungere una considerazione: sarebbe bello poter vedere “Magazzino 18” nei teatri dell’Istria e di Fiume.
Gianfranco Miksa
la Voce del Popolo” 6 settembre 2013
Cristicchi in visita al Magazzino 18 di Trieste, tra le masserizie degli esuli (foto www.ilpiccolo.it)