La serata di venerdì ha visto il pienone nel salone di Palazzo Gravisi, per la presentazione del libro “Storia dell’Istria e della Dalmazia”, di Paolo Scandaletti. Nell’affollata platea erano presenti pure Rossella Franchini Sherifis, Ambasciatore d’Italia a Lubiana, Maurizio Tremul, presidente della Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana, Fulvio Richter, presidente della Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana di Capodistria, i prefetti di Trieste e Gorizia, Francesca Adelaide Garufi rispettivamente Maria Augusta Marrosu, nonché Piero Sardos Albertini, presidente della “Fameia capodistriana”.
“Siamo nel momento e nel luogo giusti per parlare di questo volume”, così Maria Cristina Antonelli, console generale d’Italia a Capodistria, nel riconoscere il periodo storico quale maturo per la caduta del velo, “che è presente da settant’anni e ci ha privati di parte della nostra storia: perché la storia dell’Istria fa parte della storia italiana”.
Il lavoro di Scandaletti pare dunque lo strumento più adatto per affrontare quelle pagine, con le parole del Console, perché ha un taglio essenziale, di facile lettura ma pur sempre documentato e obiettivo. Adeguato alle giovani generazioni e di richiamo per chi l’esodo l’ha vissuto, “contribuirà a sciogliere questa barriera di ghiaccio tra le due anime del popolo istriano”, ha concluso, definendo la verità che “esuli e rimasti sono tutti italiani, esuli e rimasti è una sola sofferenza – atroce – di chi se n’è andato, ma anche di chi è rimasto. In fin dei conti, se tutti fossero andati via, a questo punto non vi sarebbe più nulla di italiano”.
Stefano Folli, noto giornalista, oggi al “Sole 24 Ore”, pone quali segni distintivi del lavoro di Scandaletti l’essere un libro scritto con il cuore, con la ragione e la sensibilità ma al contempo di alta divulgazione storica. Questa, quando è scritta per fare capire e per approfondire un tema, come nel caso di “Storia dell’Istria e della Dalmazia”, va nel profondo, “ma ci va con quella leggerezza, di chi sa interessare e coinvolgere il lettore”. Un testo che, ancora secondo Folli, ribadisce l’erroneità della rimozione della memoria storica, la quale proprio nelle vicende del confine orientale trova un tassello essenziale alla comprensione delle vicende del Novecento e del Dopoguerra.
“La pubblicazione colma un vuoto e sa farsi leggere, per cui credo che andrebbe portata nelle scuole e nelle Università”, è il giudizio di Folli, che ascrive al libro una funzione fondamentale sia per queste terre sia per l’Italia. Dal canto suo, l’autore, nel commentare gli spunti propostigli da Folli, ha spiegato come le vicende di cui ha scritto, l’abbiano toccato personalmente. Ha ricordato alcune presentazioni del libro tenute a Padova e a Grado, durante le quali ha incontrato più persone coinvolte in prima linea nei fatti da lui narrati, nei quali hanno spesso perso molti cari.
“Questi materiali vanno nel vivo della pelle, dei drammi”, aggiunge Scandaletti, ribadendo quanto il vuoto di memoria storica rappresenti la mancanza di una parte di ciò che siamo, “abbiamo il dovere di offrire alla gente la memoria di ciò che è accaduto”. Vi è la necessità di chiamare le cose con il loro nome – caratteristica questa, attribuita a più riprese al libro – e di non tacere più nulla, coinvolgendo pure esuli e rimasti a riprendere le questioni storiche collettive. Si tratta di un riavvicinamento e di una collaborazione già decollati, come specificato da Maurizio Tremul, presidente della Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana, nel ricordare alcune manifestazioni e incontri congiunti organizzati con la Federazione degli esuli.
Il libro, pubblicato per le Edizioni Biblioteca dell’Immagine, (Pordenone, 2013) già in seconda edizione, contiene anche 92 immagini storiche, derivanti dal ricco Archivio Treves. Stampe lodate pure dallo storico Kristjan Knez, che ha offerto una constatazione ragionata sul valore del volume, il quale spiega il perché di certi nodi, partendo da fatti che hanno caratterizzato queste terre dalla preistoria in poi. L’iniziativa è stata organizzata dal Consolato Generale d’Italia a Capodistria e dalla Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria, rappresentata in serata dal presidente Mario Steffè. Vi è stato pure il supporto di enti quali l’Istituto Italiano di Cultura a Lubiana, il Centro Italiano “Carlo Combi” e la Biblioteca centrale “Srečko Vilhar” di Capodistria, la Società di Studi Geografici e Storici di Pirano, nonché le Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone. Il Consolato capodistriano ha inserito l’evento nel programma della XIII Settimana della lingua italiana nel mondo, tra le cui linee direttrici vi è la lingua italiana in relazione alla musica, al cinema e alla storia dell’Istria.
In concomitanza del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, è stato già proposto il recital operistico “La grande stagione dell’Opera italiana” (presentato a Capodistria e Pirano), mentre andrà a chiudere la serie di eventi 2013, la mostra (prevista tra novembre e dicembre), presso il Museo regionale di Capodistria, sugli spartiti originali di Verdi, resa possibile grazie al supporto del MAE italiano.
Jana Belcijan
“la Voce del Popolo” 21 ottobre 2013