«Se cercavo, nel ventre polveroso del Magazzino 18 di Trieste, l’ago non di tutta, ma di una (basta di una per capire le altre) identità italiana perduta, l’ho trovato pescando con cautela nel più grande e ormai unico pagliaio grottesco e disordinato rimasto della memoria oggettuale di un popolo travolto dalla lotteria della Storia. Solo che qui gli oggetti parlano, sono una presenza solo apparentemente anonima e inanimata. Squarciano il silenzio del tempo, che li ha insieme conservati e aggrediti» Un bell’articolo di Valerio Di Donato sul “Giornale di Brescia”.
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