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Brazzoduro: strategie divergenti per obiettivo comune

Giorno del Ricordo, riflessioni a confronto. Molte le manifestazioni che si sono susseguite in questi giorni in tutta Italia con cerimonie, commemorazioni, incontri e dibattiti. Molte le tesi e le considerazioni a volte condivise dal pubblico, altre volte espressione del giudizio di singole persone. A conclusione di un lungo ciclo la cui onda lunga si farà sentire ancora per molto tempo, abbiamo voluto coinvolgere nel dibattito Guido Brazzoduro, già presidente della Federazione degli Esuli che ha voluto, da queste pagine, rispondere anche ai giudizi sul lavoro svolto dall’associazionismo nel corso dei decenni, espressi dall’Unione degli Istriani durante un incontro pubblico a Trieste e di cui La Voce del Popolo ha dato notizia nei giorni scorsi.

A proposito di strategie…

Per quanto concerne le “nuove strategie delle associazioni ed i rapporti con la Federazione degli Esuli” – afferma Brazzoduro –, ricordiamo che nel 2007, sia il Libero Comune di Pola in Esilio sia l’Unione degli Istriani sono uscite dalla Federazione degli Esuli, fondata nel 1990.
“Prima di quel momento, la condivisione avveniva attraverso un dibattito a volte anche acceso, ma costante e, in definitiva funzionale alle mete da raggiungere. Oggi invece, ci si dimentica che non basta porsi degli obiettivi condivisi, anche le strategie devono essere concordate. Cosa che, dal 2006, non è stata fatta. In particolare tengo a precisare che operare a livello europeo, anziché concentrarsi sui nostri problemi, rischia di distogliere l’attenzione dalle nostre tematiche reali, il che rende più difficoltoso trovare elementi comuni”.

I beni e gli indennizzi

Per quanto concerne invece “Beni ed indennizzi, Giorno del ricordo”, Brazzoduro precisa che:
“Il Giorno del Ricordo è stato instaurato per garantire un futuro sia alla nostra memoria sia alla soluzione delle questioni attuali. Per quanto concerne il problema dei beni, per poter trovare una soluzione sia per le restituzioni sia per gli indennizzi, è necessario individuare una linea comune con il Governo, con le istituzioni e con i partiti politici del Paese. Perché, se si contesta l’interlocutore politico e nazionale, difficilmente si può raggiungere un obiettivo. Il Giorno del Ricordo deve e può aiutare a far conoscere i nostri diritti alla nazione e ai partiti politici, e questo deve essere riutilizzato per trattare sui problemi e per trovare le soluzioni.
Infatti, se non ci si impegna al fine di contribuire a rendere favorevole il clima politico per discutere dei nostri problemi, difficilmente troveremo qualcuno disposto ad ascoltarci. L’interlocutore istituzionale che si trova di fronte le nostre associazioni divise tra chi vuole il dialogo e chi sceglie la contestazione, finisce per rallentare il processo di soluzione dei problemi degli indennizzi e dei beni. E queste sono le ragioni che hanno determinato una certa decelerazione nei tentativi di ricerca di soluzioni col potere politico”.

Il dialogo con il Governo

E arriviamo per tanto al problema dei rapporti con il Governo, compreso quello di Berlusconi: “L’atteggiamento verso il Governo e verso le istituzioni, qualunque sia la loro composizione o indirizzo, richiede un’attenzione ed una conoscenza politica per poter dialogare sui problemi aperti. Quando si assumono posizioni rigide, specialmente se non si è in posizione di dettare condizioni, difficilmente ci si può aspettare una soluzione soddisfacente. È questa la ragione per la quale l’atteggiamento del presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, che a Trieste sostiene di essere il migliore di tutti, non può essere seguito dalle altre associazioni. In particolare per quanto riguarda la denuncia del Trattato di Roma: nessuno dei Governi o dei Paesi che avrebbero dovuto discutere questi argomenti si erano detti disponibili a rallentare il passo, non è possibile insistere sulle posizioni sconsigliate dal punto di vista della prospettiva dell’esperienza diplomatica internazionale che, quindi, hanno la minima, se non inesistente, speranza di successo. Pertanto continuiamo ad essere convinti che se si desidera ottenere qualche risultato sia con la Croazia sia con la Slovenia o con l’Italia, sia necessario percorrere una diversa strada e non quella di denuncia e contestazione. La strada giusta è quella dell’apertura di spazi che consentano il dialogo, tramite il quale giungere ad una soluzione”.

Tensioni inutili

Brazzoduro ha voluto esprimere un giudizio anche sul “Sindacato degli Esuli al quale aderiscono le due associazioni triestine”. “Può essere eclatante e di grande effetto la costituzione di un movimento europeo degli esuli, ma l’esperienza insegna che le autorità europee, sulle questioni che sono materia dei Trattati internazionali bilaterali, si astengono dall’imporre degli atteggiamenti, rimandando il dibattito sulla materia stessa alle parti in causa. Si rischia per tanto di percorrere una strada senza uscita denunciando la Croazia e la Slovenia alla Corte europea. Di fronte ad una risposta negativa, avremo creato inutili tensioni laddove dobbiamo costruire delle certezze. E anche se l’Unione fosse disposta ad assumere la funzione di moderatore, troverebbero risposta questioni di principio senza alcun effetto al lato pratico che è ciò che invece noi vogliamo. L’Europa decide per milioni di persone e decine di Paesi e tende pertanto a dare delle indicazioni di massima, ma a noi servono soluzioni immediate e dobbiamo trovarle a casa nostra senza perdere altro tempo”.
Sono queste le riflessioni che ci hanno portati ad una divisione – ribadisce ancora Brazzoduro –, anche se le mete da raggiungere non sono cambiate. Abbiamo avviato strategie divergenti, ma senza perdere di vista il fine ultimo. Certo fa più notizia la piena di un fiume che il corso ordinato di un torrente, ma tutt’e due hanno quale meta il mare.

 

Daria Garbin su La Voce del Popolo 
 

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