Docente negli istituti superiori, Maria Ballarin è autrice di un agile volume, Il Trattato di pace, 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia, nel quale registra e commenta quanto l’editoria scolastica italiana e la programmazione ministeriale, a partire dagli anni Sessanta, siano stati sensibili ai temi dell’esodo giuliano-dalmato, delle violenze e degli eccidi ai danni della popolazione italiana nei territori occupati dalle milizie di Tito. Il lavoro scaturisce sia da un interesse precipuo dell’autrice, discendente di esuli da Lussino, sia dall’istituzione presso il Miur nel 2009 del Gruppo di lavoro sul confine orientale, al quale si deve la notevole incentivazione alla conoscenza e alla divulgazione presso le giovani generazioni della storia della regione giuliana nel Novecento e, più ampiamente, dell’immenso patrimonio culturale ed artistico dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia nelle millenarie relazioni con la Penisola italiana.
Un settore, questo dei testi per le scuole, già in piccola ma indicativa parte indagato agli inizi degli anni Duemila da Antonio Fares, sul quale Maria Ballarin torna con un contributo significativo, utile a comprendere come, nei lunghi decenni del dopoguerra, quei temi siano stati, a tutti gli effetti, cassati dalla storia nazionale. «Poiché ancora oggi l’approccio all’argomento da parte dei testi di storia è carente – scrive nella sua introduzione – ho cercato di capire se vi fosse stata una volontà precisa nell’ignorarlo da parte delle istituzioni scolastiche». Ma, come scrive Caterina Spezzano, coordinatrice per il Miur del Gruppo di lavoro – il volume «nasce dalla percezione empatica dell’amarezza, della delusione e della solitudine di un esule istriano, che, affrontando la vita cerca i segni della sua stessa vita credendola parte della storia, degli eventi, dei fatti della Nazione. Ma […] trova solo pagine non scritte, testimonianza di volontà politiche ed editoriali che ignorano porzioni di storia, fatti di vita di uomini-donne-bambini travolti dalla storia: dal confine spostato al confine negato».
E la lettura del libro questo conferma la cecità e il calcolo di un ordine politico-ideologico e culturale dissoltosi appena al termine degli anni Ottanta con il disfacimento dei regimi comunisti dell’Europa orientale e degli equilibri interni e internazionali, che quelle dolorose vicende occultarono per molteplici convenienze, non potendo eliminarle dalla memoria e dalla testimonianza dei protagonisti.