Pubblichiamo l’analisi e il commento che l’avv. Andreicich, titolare su “Difesa Adriatica” della Rubrica giuridica La Redazione risponde, ed esperta dei temi connessi ai diritti degli Esuli giuliani e dalmati, ha predisposto per l’Anvgd dopo attento esame della sentenza emessa a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione, che esclude ogni ulteriore indennizzo per i beni perduti nei territori ceduti.
Alcuni giorni fa è comparsa, su diversi quotidiani, la notizia di una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite riguardante la questione degli indennizzi degli esuli per i beni perduti nella ex Jugoslavia. A seguito di tale notizia ho ricevuto diverse richieste di chiarimenti su tale vicenda.
La sentenza della Cassazione (Cass. S.U. n. 8055/2014) viene a chiudere, nell’ambito della giurisdizione italiana, una vicenda iniziata nel 2005.
In quell’anno un avvocato italo-americano, l’avv. Giovanni De Pierro, si era attivato per promuovere un’azione da parte degli esuli giuliano-dalmati contro lo Stato italiano al fine di fargli ottenere il giusto risarcimento dei danni, che erano stati costretti a subire, sia dal punto di vista morale che materiale, a causa della perdita di tutti i loro beni, per colpa delle scelte politiche intraprese dallo Stato italiano nei confronti degli Stati vincitori del conflitto bellico e poi formalizzati nei Trattati di Pace.
L’avvocato De Pierro, con il supporto di avvocati italiani, ha pertanto intrapreso delle azioni legali al fine di far ottenere agli esuli e ai loro eredi un equo risarcimento dei danni subiti.
La prima sentenza del Tribunale di Trieste ha però respinto la domanda degli esuli, affermando che gli stessi avevano già ricevuto un indennizzo per la perdita dei loro beni e che tale indennizzo era stato stabilito dal legislatore, al quale i Giudici riconoscevano ampia discrezionalità nello stabilire i mezzi ed i tempi degli indennizzi.
La sentenza del Tribunale di Trieste aveva inoltre escluso che lo Stato italiano potesse essere ritenuto controparte di un diritto al pieno risarcimento dei danni causati da comportamenti oblatori delle autorità jugoslave, osservando che il legislatore aveva emanato le varie leggi degli indennizzi «ispirato a finalità di solidarietà nazionale».
La sentenza venne impugnata dagli attori innanzi alla Corte d’Appello di Trieste, ma purtroppo anche in questo caso le domande degli esuli vennero rigettate.
Anche la Corte d’Appello di Trieste negò l’obbligo da parte dello Stato italiano di dover risarcire i propri cittadini per la perdita dei loro beni, affermando che l’evento dannoso non era attribuibile allo Stato italiano e che, pertanto, le somme che possono essere richieste degli esuli possono unicamente avere natura indennitaria.
Purtroppo anche la Corte di Cassazione ha respinto le domande degli esuli affermando la supremazia del legislatore ordinario nella determinazione della misura degli indennizzi, trattandosi di un intervento ispirato ai criteri di solidarietà della comunità nazionale e non collegato ad un obbligo di natura risarcitoria per fatto illecito, imputabile allo Stato italiano.
La Cassazione ha inoltre affermato che fu l’allora Jugoslavia con la propria politica di nazionalizzazione, a procedere all’espropriazione anche dei beni appartenenti a cittadini di nazionalità italiana. Quindi lo Stato italiano «non è autore della violazione», «poiché la privazione dei beni dei cittadini italiani si è verificata ad opera di uno Stato straniero, al quale il territorio su cui essi si trovavano è stato ceduto dall’Italia, soccombente nel conflitto bellico». E in questo – hanno osservato le Sezioni Unite – il caso è diverso da quello giudicato dalla Corte Europea, che si riferisce a un accordo tra due Stati usciti vincitori dal conflitto, riguardante la frontiera orientale della Polonia e gli accordi con l’Ucraina, la Bielorussia e la Lituania, «con l’assunzione, da parte dello Stato polacco, di una specifica obbligazione di risarcimento nei confronti dei propri cittadini».
È veramente amaro leggere come i giudici della Cassazione, per non condannare le scelte politiche di chi ci governa, abbia legittimato il totale disinteresse dello Stato italiano per esuli giuliano-dalmati, senza minimamente riconoscere che con i beni di tale minoranza, l’Italia pagò i debiti di guerra con la Jugoslavia.
Se la concessione degli indennizzi da parte dello Stato italiano deriva da discrezionalità politica come gesto di solidarietà (leggi “elemosina”) allora lo Stato italiano deve spiegare perché, nell’esercizio della stessa discrezionalità politica, i diritti soggettivi dei suoi cittadini sono stati ceduti ad altro Stato in pagamento di danni di guerra dovuti a un nemico vincitore da tutto il Paese
Contro questa sentenza è già stato annunciato il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, augurandoci che in questa sede, potranno essere riconosciuti agli esuli i diritti che ormai da quasi 70 anni si cerca di ottenere.
Vipsania Andreicich
Anvgd nazionale