Le guerre del XIX secolo furono piuttosto brevi: qualche settimana o qualche mese di operazioni militari, un armistizio, un trattato di pace con scambio di territori e indennizzi a carico dello Stato sconfitto. La Grande guerra fu troppo lunga e cruenta perché tutti gli Stati, alla fine dell’ultima battaglia, potessero tornare alla normalità della pace. Mentre i vincitori conservarono il sistema istituzionale dell’anteguerra (monarchia o repubblica), gli sconfitti precipitarono tutti nel caos delle rivolte sociali, dei moti rivoluzionari, dei colpi di Stato e dei putsch militari. […] In questa situazione, mentre Vittorio Emanuele Orlando abbandonava la conferenza della pace e cedeva a Francesco Saverio Nitti la presidenza del Consiglio, l’Italia fu messa di fronte a un imbarazzante fatto compiuto. Un poeta armato, sempre alla ricerca di un palcoscenico nazionale e internazionale, credette di averlo trovato a Fiume. D’Annunzio marciò sulla città alla testa di una legione e vi fu accolto come un trionfatore. Molti di quei legionari erano volontari, accorsi da diversi orizzonti politici e geografici, ma altri erano disertori del Regio Esercito.
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