Il 24 ottobre scorso alle 16.30, nella sede del Circolo Ufficiali dell’Esercito di Castelvecchio in Verona, è stato presentato il libro dell’Ammiraglio Romano Sauro, nipote di Nazario Sauro, e del figlio Francesco, Nazario Sauro. Storia di un Marinaio. L’iniziativa, realizzata dal Comitato di Verona dell’ANVGD, è stata promossa e curata da Loredana Gioseffi vicepresidente, nell’ambito delle celebrazioni dell’anniversario dei Cento Anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Presenti l’autore Ammiraglio Romano Sauro e il giornalista e scrittore Michelangelo Bellinetti che ha presentato l’opera.
In apertura Francesca Briani, presidente del Comitato, ha salutato e ringraziato il pubblico che gremiva la sala; tra i convenuti alcuni componenti del Direttivo, soci e moltissimi cittadini veronesi. A fare gli onori di casa il Colonnello Walter Di Domenica, Direttore del Circolo Ufficiali, ente ospitante dell’evento.
Loredana Gioseffi, dopo aver presentato gli ospiti, ha ceduto la parola al prof. Davide Rossi Consigliere Nazionale dell’ANVGD, che è intervenuto in veste di componente del Direttivo della Società Italiana Studi Militari. La presentazione del libro è stata preceduta da un digressione di Loredana Gioseffi sulle motivazioni che l’hanno indotta a realizzare questo evento. Le sue parole….
«Nel dicembre scorso, quando era ormai imminente la ricorrenza del Centenario dello scoppio della Prima Guerra mondiale, telefonai all’Ammiraglio Romano Sauro, nipote di Nazario Sauro e seppi in quell’occasione che con il figlio Francesco aveva da poco pubblicato un libro sulla figura del nonno dal titolo “Nazario Sauro storia di un marinaio”. Non esitai un attimo ad invitarlo a presentare il libro a Verona e gli spiegai subito il motivo della mia telefonata. Era mio desiderio da tempo conoscere un discendente dell’eroe capodistriano in quanto mio nonno paterno Giovanni fu amico e compagno di scuola di Nazario Sauro negli anni del Ginnasio presso il Liceo Carlo Combi di Capodistria, fucina del movimento irredentista adriatico. Di questa amicizia avevo sempre sentito parlare nei racconti del nonno.
Nazario e Giovanni erano due giovani studenti istriani, sudditi dell’Impero austro-ungarico, tanto ostili all’aquila bicipite quanto innamorati dell’Italia, dell’Istria e del suo mare. Si incontrarono sui banchi di scuola per diventare amici e condividere anche momenti di svago come le frequenti uscite in mare su una piccola barca che Nazario Sauro, a detta del nonno, si era costruito con mezzi artigianali, ma assai efficaci. Amico loro e compagno di scuola fu anche Giovanni Quarantotto, che divenne poi uno storico famoso, che il nonno incontrava durante i raduni degli esuli e con il quale mantenne fino in età avanzata una fitta corrispondenza epistolare. Leggendo il libro venni a conoscenza che toccò a lui scrivere il testo della lapide affissa sulla casa natale di Nazario Sauro a Capodistria, quando divenne Museo dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, per ricordare il sacrificio estremo del martire.
Nella famiglia del nonno Giovanni si è sempre respirata aria di patriottismo; ci raccontava che suo nonno si arruolò volontario nel 1849 per difendere la neonata Repubblica di Venezia e che lo zio Gregorio Draghicchio, famoso e valente ginnasta, svolgeva a Trieste insieme a Guglielmo Oberdan un’intensa attività di divulgazione degli ideali irredentistici pagando con il carcere il suo amor di patria.
Completati gli studi, il nonno cominciò la sua attività lavorativa a Rovigno d’Istria come cancelliere del tribunale, ma subito dopo gli venne revocata la nomina per i suoi manifesti sentimenti di italianità. C’è un episodio che il nonno amava raccontare e che ho ritrovato nel libro di Romano Sauro sotto il titolo La beffa di Parenzo.
Nazario Sauro, il 12 giugno 1916 dopo essere divenuto tenente di vascello della Marina Italiana con l’ingresso in guerra dell’Italia, guidò il cacciatorpediniere Zefiro ad ormeggiarsi al molo di Parenzo dove catturò un prigioniero che fu subito interrogato e confessò dove si trovavano gli hangars per idrovolanti dai quali partivano gli apparecchi austriaci per bombardare Venezia e che furono subito dopo distrutti. Fu questa una delle numerose, audacissime e fulminee imprese, condotte da Nazario Sauro nei porti istriani che egli conosceva dettagliatamente; non appena il nonno ne venne a conoscenza si precipitò sul molo di Parenzo e tagliò un pezzo della cima dell’ormeggio. Quando seppe dopo circa due mesi della tragica sorte dell’amico e compagno di scuola condannato a morte il 10 agosto del ’16 per impiccagione, conservò quel pezzo della cima come una reliquia. Per il nonno fu un dolore sconvolgente.
Tra i cimeli sopravissuti all’esodo della mia famiglia dall’Istria c’è anche questa stelletta, che apparteneva al nonno; da un lato appare l’effige di Mazzini e dall’altro quella di Garibaldi. Questa stelletta, che ha circa 120 anni, ha un grande valore affettivo, ma anche simbolico perché significava l’appartenenza al movimento irredentista a cui il nonno aderì da giovanissimo.
Durante l’esodo della mia famiglia, si sono salvati anche alcuni libri, molti dei quali dedicati alla figura di Nazario Sauro. Tra questi un volume importante Nazario Sauro e l’Istria un’edizione commemorativa pubblicata sotto gli auspici del Comitato Onoranze del XX anniversario del supplizio del martire. Uscì il 9 agosto del ’36.
Sfogliando questo volume anni fa, lessi per la prima volta le lettere che Sauro scrisse alla moglie e al figlio Nino e che costituirono il suo testamento spirituale. Il loro contenuto mi ha talmente coinvolto e commosso che da allora ne propongo la lettura nel corso della celebrazione del Giorno del Ricordo presso le scuole perché come si legge nel libro di Romano e Francesco Sauro “il patriottismo non è retorica come molti credono”.
Scrive Francesco “La figura dell’eroe è delineata senza alcuna visione retorica come esempio di vita, morto per un ideale che ha sempre perseguito con dedizione, sacrificio e coerenza” e quegli ideali di Patria, di Libertà e di giustizia per cui Nazario Sauro si sacrificò fino alla morte devono essere conosciuti e trasmessi ai giovani.
Voglio concludere questo mio intervento con un passo ed un’immagine tratti dal reportage di un grande giornalista e scrittore veronese, inviato a Pola nel gennaio e febbraio del ’47, testimone oculare dell’esodo della quasi totalità della sua popolazione che volle conservare il privilegio di essere italiana. Nel Saluto a Pola, che costituisce uno dei capitoli del libro di Giuseppe Silvestri Panorama veneto tra Brennero e Carnaro l’autore vive in prima persona e coglie fino in fondo il dramma degli abitanti della città “che si andava svuotando e lentamente agonizzava e moriva”. “Giunto a Pola” scrive Silvestri “sono andato a visitare la tomba di Nazario Sauro nel Cimitero Militare della città. Anche i resti dell’eroe sono stati tolti di sotto il grande blocco di pietra d’Istria e portati in Italia”.
Nel reportage di Silvestri, al tempo corrispondente del “Corriere della Sera” inviato a Pola, reportage che ho avuto il privilegio consultare per gentile concessione della nipote Antonella Silvestri, si trova una foto che mi è molto cara (probabilmente inedita) e che sarebbe stata sicuramente inserita nel libro di Romano e Francesco Sauro se ci fossimo conosciuti prima. La foto raffigura un bambino che rende omaggio alla bara contenente le spoglie di Nazario Sauro in attesa di essere trasferita a Venezia a bordo del Toscana”.
Ha preso quindi la parola il giornalista Michelangelo Bellinetti che ha conosciuto Libero Sauro, padre di Romano e ha ricordato i tratti più significativi della sua personalità e gli ideali che hanno animato l’esistenza dei componenti della famiglia Sauro votata alla patria fin al sacrificio estremo del martire capodistriano. Particolarmente toccante l’analisi del giornalista sul valore della memoria.
Romano Sauro si è soffermato in particolare su alcuni contenuti del libro coinvolgendo il pubblico e rendendolo direttamente partecipe dei suoi racconti in cui la figura del nonno Nazario, mai descritta con enfasi e retorica, lasciava spazio anche a episodi di vita vissuta da altri componenti della famiglia e dall’autore. Nazario Sauro è l’uomo che diventa eroe, ma rimane sempre uomo. L’autore, con l’ausilio di alcune significative immagini, ha letto alcuni passi del libro riguardanti le lettere testamento che il martire scrisse alla moglie Nina e al figlio Nino, il momento della cattura dopo che il sommergibile Pullino si incagliò sullo scoglio della Gaiola e il drammatico confronto con la madre in carcere dopo il suo arresto.
Nell’immagine, da destra l’amm. Romano Sauro e Loredana Gioseffi
Loredana Gioseffi