Sono terminati questo mese a Roma i lavori della Commissione di studio — che ha visto esperti, anche di fede ebraica, coordinati da chi scrive — sulla figura e l’opera di Giovanni Palatucci, il questore di Fiume che morì a Dachau nel 1945. Durante l’attività di ricerca, sono stati consultati esperti italiani (di Trieste e altre località), di Gerusalemme, Bruxelles, Rijeka, Berlino, Berna, Londra, Southampton e Washington. Interi fascicoli riguardanti Palatucci sono stati acquisiti in copia, centinaia di pagine sono state lette e indagate. Dallo studio sono emersi fatti molto interessanti, verificati con controlli incrociati coinvolgendo storici, esperti e autori di libri e articoli sul questore di Fiume. Un primo dato che emerge dal dialogo con gli uffici del World Jewish Congress è che la figura di Palatucci e la sua azione di sostegno agli ebrei perseguitati furono esplicitamente segnalate da esponenti del mondo ebraico. Nell’area di Fiume, dove operava Palatucci, ci fu una durissima persecuzione antiebraica. I riscontri compiuti hanno dato esito positivo. Nelle carte ritrovate — molte furono portate via dai nazisti e poi dai titini — sono emerse varie strategie per salvare gli ebrei: fascicoli talvolta incompleti, il frequente uso del termine «irreperibile», datazioni non aggiornate, scambi di nomi, vuoti di trascrizione e così via.
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