C’è stato un tempo per partire. Qualche anno fa, precisamente nel 2004, i Giuliani nel Mondo hanno ricordato a Trieste i cinquant’anni dalla prima partenza della nave Castel Verde verso l’Australia. A bordo c’erano tanti triestini, ma anche istriani, fiumani e dalmati che avevano scelto una meta tanto lontana per mettere fine alla tristezza della mancanza di un lavoro, di speranze, di prospettive.
Quando si visitano i “Fogolars” friulani sparsi in tutto il mondo si coglie spesso una constatazione di fondo – che è ragione d’orgoglio –, sul fatto che “l’emigrazione ha fatto del bene al Friuli” liberando la regione dal problema della disoccupazione e contribuendo all’economia delle famiglie con “assegni” che arrivavano da Paesi lontani e lontanissimi a portare conforto e sicurezza materiale. Medesima cosa per gli Sloveni delle valli del Natisone e delle altre zone considerate per tanto tempo “depresse”.
Ora, proprio durante l’incontro dei giorni scorsi a Tarcento, ma vale anche per le altre comunità emigrate dal territorio, si sente parlare della “ricchezza” rappresentata per la Regione oggi dai corregionali all’estero.
Verità incontrovertibile che porta però ad alcune considerazioni di fondo. Nell’FVG operano diverse Associazioni in rappresentanza degli emigrati in tutto il mondo, con modalità organizzative e con programmi di intervento molto simili anche se di proporzioni diverse. Per tutte vale un quesito di base: in che modo impostare il dialogo con gli emigrati visto che sta crescendo in maniera esponenziale il ruolo che quest’ultimi hanno nel portare alto il nome della Regione nel mondo?
Come dire che le cose si sono capovolte: quello che prima poteva essere un impegno a salvaguardare la cultura regionale all’estero e quindi contribuire direttamente nel mantenimento del legame con le località di origine e le radici storico-sociali, oggi diventa “altro”.
C’è un tempo per il ritorno.
Come gestire questa “sfida”, in questo caso positiva, imposta dalla così controversa globalizzazione? La Regione FVG mantiene continui contatti con le Associazioni di riferimento e con i corregionali all’estero. Una delle iniziative più importanti e sentite riguarda proprio le giovani generazioni. Gruppi di nipoti e pronipoti degli emigrati partecipano ogni anno a degli stage conoscitivi e formativi in regione per prendere contatto diretto con le terre d’origine.
I Giuliani nel Mondo si sono spinti più in là, portando i ragazzi anche in Istria e a Fiume ad incontrare realtà di riferimento con la storia e con la memoria delle loro famiglie. Spesso parlano un italiano approssimativo, appena accennato, ma conoscono le nostre tradizioni, sanno citare i nomi dei piatti della cucina locale, riconoscono le melodie del luogo di riferimento, hanno una infinita curiosità riguardo l’origine del loro cognome, e così via. Spesso sono pronti a gettare dei ponti con le località di provenienza senza trovare corrispondenza. Perché? Spesso è la risposta in loco che manca per tentare di creare quella rete di contatti e conoscenze, di interessi e di curiosità che evolvano il rapporto da approccio formale in un qualcosa di più sostanziale, sia sul piano umano, sia economico, sia culturale, bisogna creare delle occasioni che non si limitino alle “presentazioni”. Ed è proprio questo il nocciolo della questione: l’emigrazione, così come viene concepita dai più, ha cambiato volto. Queste persone che mescolano al loro dialetto neologismi ispirati all’inglese o allo spagnolo rispondono in questo terzo millennio alla forza centripeta della nuova storia che riporta “a casa”. Una casa tutta ancora da costruire, ma che già si presenta ricca di spunti e di occasioni per tutti se si sapranno giustamente cogliere.
Rosanna Turcinovich Giuricin