Martedì 28 giugno è venuto a mancare Luigi (Gigi) Tomaz, esule chersino, certamente tra i più attivi. Classe 1931, da tempo malato, si è spento all’ospedale di Chioggia, città dove risiedeva dal dopoguerra. La notizia l’ha data la moglie.
Tomaz è noto nel mondo di esuli chersini e giuliano-dalmati in generale per le sue opere di storia. Tra le principali – diverse delle quali edite proprio grazie all’ANVGD – ricordiamo i due volumi di storia adriatica “Da Dionigi di Siracusa ai Dogi Orseolo” e “Dai Dogi Orseolo alla Prima guerra mondiale”; i saggi “Dalla parte del Leone”, sulle insorgenze filoveneziane nei vari territori della Repubblica, al momento della sua caduta nel 1797; “Il confine d’Italia in Istria e in Dalmazia”, sulla formazione del concetto di “confine italiano” in quelle regioni e per quelle regioni lungo i secoli; oppure “Architettura Adriatica tra le due sponde” (2 voll.), il cui titolo – accompagnato dal sottotitolo “Gli storici possono sbagliare, le pietre no” – dice già tutto. Un posto speciale lo hanno ovviamente le opere più strettamente riguardanti la storia della sua isola: il saggio su “Francesco Patrizi da Cherso”, il resoconto “Cherso in guerra (1943-1945)” sugli ultimi mesi di Cherso italiana, fino all’ultima fatica: “La Magnifica Comunità di Cherso”, una carrellata lungo i secoli di storia isolana, apprezzato anche da alcuni studiosi croati. Il tutto accompagnato da una miriade di articoli, interventi e discorsi in conferenze, pubblicati qua e là, specie sul periodico “La comunità chersina”.
E’ stato indubbiamente un sentimentale Luigi Tomaz. Lo ha dimostrato nelle sue stesse opere. Ma questa sentimentalità, anche rabbiosa (e comprensibilmente tipica del mondo degli esuli), trovava comunque la sua spiegazione nel voler porre l’attenzione del pubblico italiano sulla storia di quei luoghi. Una storia comunque la si voglia vedere strettamente legata all’opposta sponda e dove la plurisecolare presenza romana e romanizzata prima, neoromanza e veneta poi, italiana infine, è stata ingiustamente costretta in buona parte all’esilio nel secondo dopoguerra, dopo la cessazione della ventennale sovranità italiana su discreta parte di quei territori. Una ferita di cui Tomaz si fece comprensibile portavoce nei suoi interventi.
Una ferita che comunque non gli impedì, già in anni lontani e non sospetti, di mantenere uno stretto legame con la sua Cherso. E questo sia trascorrendo nell’isola molte delle annuali vacanze estive, sia tenendo rapporti in vario modo con i soggetti locali, fossero le autorità o il mondo accademico croato, fosse la piccola comunità di italiani chersini rimasti.
Fattore forse ulteriore del suo porre pedissequamente l’accento sui legami interadriatici è il suo rapporto con Chioggia.
Il quale – va detto – fu un rapporto non solo legato alle esperienze del dopoguerra dopo l’esilio. Esperienze nelle quali, oltre ad una carriera scolastica e di artista e disegnatore locale (di un certo pregio aggiungo), si ritagliò un’attività politica con la Democrazia Cristiana in consiglio comunale, culminata in due mandati di sindaco del comune lagunare: un primo dal 1973 al 1976, e un secondo dal 1978 al 1983.
No, in realtà il legame di Tomaz con Chioggia aveva anche una radice famigliare. Da qui veniva infatti un ramo della sua famiglia materna: i Bertotto. Ramo, al quale Tomaz non mancò più volte di fare riferimento nei suoi ricordi. A titolo di esempio ne riporto qui uno, che da buon appassionato di storia mi ha sempre colpito: è l’incontro tra due marinai in una serata cretese del 1897, durante la guerra greco-turca. Uno dei marinai era chioggiotto e l’altro era chersino, e dato il periodo appartenevano rispettivamente alle flotte italiana ed austro-ungarica (i due governi, assieme a quelli di altri paesi, le avevano infatti spedite lì nel corso del conflitto). Ebbene, parlottando, i due scoprirono in breve di essere parenti stretti, e per la precisione cugini. Parlavano la stessa lingua (per la precisione, lo stesso dialetto veneto), erano famigliari, ma vestivano due casacche diverse, perché avevano due cittadinanze diverse. Per chi non l’avesse capito, il chersino era il nonno di Tomaz.
Ecco, una delle testimonianze delle strette relazioni tra le due sponde adriatiche. Una delle tante.
La quale ci porta ad una consapevolezza (e con essa un rammarico): che anche con Tomaz se ne sia andato un altro pezzo di quella Cherso e in generale di quel portato umano nelle terre adriatiche orientali che oggi non esiste quasi più, anche in esilio. Se non nel ricordo.
Luigi Fattorini
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