“Famiglia Cristiana” continua a non capire
le impronte digitali agli Esuli
comunicato stampa
Evidentemente l’ispirazione cristiana non basta per aprire il cuore e la mente alla verità dei fatti e al conseguente giudizio obiettivo su di essi.
Dopo aver ammesso di aver sbagliato negando che anche i governi democristiani attuarono la misura delle impronte digitali a migliaia di profughi giuliano-dalmati nell’anno di grazia 1949, l’editoriale di “Famiglia Cristiana” cerca di rimediare asserendo che v’è una bella differenza tra i rifugiati del dopoguerra e i bambini rom. Come se i rifugiati di allora fossero dei pericolosi criminali che davano da lavorare alla nostra polizia.
Dimentica “Famiglia Cristiana”: 1. che i profughi non erano «rifugiati» dall’Europa orientale comunista, ma cittadini italiani espulsi in 350.000 da un territorio italiano con una pulizia etnica; 2. che in quella occasione anche ai bambini furono rilevate le impronte; 3. che malgrado le condizioni disastrose dei campi profughi e la perdita di ogni risorsa, il tasso di criminalità tra i profughi giuliano-dalmati rimase pari a zero, cosicché tutta l’Italia poté ammirare la loro laboriosità e il loro rispetto della Legge.
Per il resto, non sta agli Esuli e alle loro associazioni giudicare i provvedimenti del Governo. Debbono solo testimoniare le loro sofferenze e le incomprensioni patite nella loro stessa Patria.
Ma “Famiglia Cristiana” sa che gli uomini hanno anche una patria terrena “naturale”, oltre a quella celeste? Perché non si leggono le motivazioni contenute nel decreto pontificio del 3 luglio di beatificazione del parroco istriano don Francesco Bonifacio?
Roma, 16 luglio 2008
On. Lucio Toth