ANVGD_cover-post-no-img

05 ago – Trieste attende gli Esuli il 4 ottobre per Don Bonifacio

Avverrà nel pomeriggio di sabato 4 ottobre nella cattedrale di San Giusto la cerimonia di beatificazione di don Francesco Bonifacio, il sacerdote istriano ammazzato dai titini l’11 settembre 1946 e la prima vittima delle foibe a ottenere – comunque a tanta distanza dall’avvio della causa – questo riconoscimento dalla Chiesa.

La data è stata ufficialmente confermata ieri dalla diocesi di Trieste che ne ha avuta comunicazione diretta dal Vaticano, dopo che negli scorsi giorni essa era stata anticipata dal fratello del martire, Giovanni Bonifacio.

A rappresentare a Trieste papa Benedetto XVI, è stato annunciato, sarà mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.

La nota della diocesi specifica che «il Santo padre Benedetto XVI accogliendo la richiesta del vescovo di Trieste mons. Eugenio Ravignani ha concesso che la beatificazione del servo di Dio don Francesco Bonifacio abbia luogo a Trieste nel pomeriggio di sabato 4 ottobre».

Ravignani di seguito ha «fatto pervenire a Sua santità l’espressione della viva gratitudine della diocesi e della città». Un comitato apposito si è costituito per la preparazione dell’evento.

Intanto protesta l’esponente Udc in consiglio comunale, Roberto Sasco, che aveva presentato una mozione urgente al fine di chiedere all’amministrazione comunale di istituire una cerimonia civile e religiosa in ricordo del martire da tenersi ogni anno l’11 settembre, data appunto della sua tragica morte.

Ma la discussione su questa richiesta è stata rimandata a settembre e Sasco si fa portavoce del «vivo disappunto da parte di numerosi esponenti della comunità degli esuli per la scarsa sensibilità dimostrata da numerosi amministratori pubblici, anche in considerazione del contenuto della mozione che sarebbe potuto essere largamente condivisibile dal consiglio comunale».

Nel contempo il consigliere Udc pensando alla cerimonia del 4 ottobre ritiene che «i problemi organizzativi e logistici saranno imponenti» per il prevedibile afflusso di cittadini di Trieste ma anche del resto d’Italia e dall’estero, e specialmente «la vasta comunità degli esuli giuliani e dalmati». Per favorire il loro afflusso Sasco si augura la massima collaborazione da parte delle autorità civili.

Dunque per ora nessuna commemorazione annuale, alla cui organizzazione sarebbero stati chiamati proprio gli esuli e i loro rappresentanti, ma solo il grande e unico appuntamento in San Giusto per una cerimonia forse inedita a Trieste in assoluto, e certamente di fronte alla beatificazione di un sacerdote morto nelle foibe.

La causa per riconoscerne il martirio «in odium fidei», cioé patito proprio a causa della fede professata, fu presentata 10 anni fa dal locale tribunale canonico alla Congregazione per la causa dei santi, ma la storia di questa intenzione era ben più antica, perché come si sa primo promotore era stato l’arcivescovo Antonio Santin nel 1957, seguito in questa azione poi dallo stesso monsignor Ravignani e dal vescovo Lorenzo Bellomi.

Due vescovi di origine istriana dunque, Santin e Ravignani, sono stati rispettivamente il suggeritore e ora il celebrante in una vicenda che si è sviluppata attraverso molti decenni e che forse solo adesso, nel mutato clima geopolitico, ha potuto trovare positiva conclusione.

Triste e drammatico fuori di ogni dubbio il destino di don Francesco Bonifacio, cui Trieste ha già dedicato lo slargo tra il viale, via Muratti e via Battisti. Ordinato sacerdote proprio a San Giusto, all’età di 24 anni, morì 10 anni dopo nell’agguato tesogli dalle milizie titine mentre da Grisignana rientrava alla Curazia di Villa Gardossi, dove era cappellano.

Le testimonianze raccolte a sostegno della causa di beatificazione hanno potuto ricostruire i dettagli della sua orribile fine: prelevato per la via, don Bonifacio fu trascinato in un boschetto adiacente, e di lui non si trovò più nemmeno il corpo. Si suppone – e la beatificazione ottenuta in realtà riconosce ufficialmente – che il giovane sacerdote sia stato espressamente aggredito per «odio» contro la sua attività di diffusione della fede cattolica in un paese e in un’epoca storica in cui essa era avversata al punto da portare all’eliminazione fisica dell’avversario ideologico. Don Bonifacio si occupava in modo particolare dei giovani nel territorio tra Buie e Grisignana e li riuniva nell’ambito dell’Azione cattolica.

da Il Piccolo

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.