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Balcan Circus 13 anni dopo (La Stampa 09 ago)

Bljesak i Oluja. In lingua serba, croata e quella che a stenti ancora resiste e che io e molti come me ostinatamente continuiamo a chiamare serbocroata, significa Lampo e Tempesta. Stessa lingua, stesso significato in questa lingua, parlata da due nazioni più simili in questo mondo eppure, nei due immaginari collettivi, questi semplici sostantivi evocano avvenimenti di interpretazione completamente differenti.

Bljesak- Lampo. Operazione militare realizzata dall’esercito e dalla polizia croati iniziata il 1° maggio 1995 in Slavonia Occidentale, iniziando da Pakrac e Jasenovac che all’epoca facevano parte dell’autoproclamatasi Republika Serba di Krajina. Durata non più di 35 ore, nella quale le forze croate riuscirono, con l’artiglieria e le cannonate, a cacciare più di 15 mila serbi dalle loro case. La colonna dei profughi serbi che si creò e cercò la salvezza in parte in Republika Serba di Bosnia in parte in Jugoslavia (Serbia), fu bombardata dall’aeronautica croata. Uccisero 283 persone. In totale, dalla Slavonia Occidentale, secondo l’UNHCR, 80 mila serbi hanno lasciato le loro case. Come risposta alla operazione, i serbi bombardarono Zagabria dove morirono 6 persone e 150 furono ferite. Fino ad ora, i profughi rientrati sono circa 1500. In Croazia il 1° maggio si festeggia come giorno della liberazione della Slavonia Occidentale.

Oluja – Tempesta. Operazione militare di grandi proporzioni eseguita dall’esercito e dalla polizia croati aiutati dall’esercito musulmano di Bosnia (il Quinto Corpo dell’Armata dell’esercito bosniaco) e dagli Stati Uniti per riprendere il territorio della Croazia centrale, controllata dalle forze serbe. Il risultato finale fu l’annientamento totale della Republika Srpska Krajina. Secondo le trascrizioni in possesso del Tribunale dell’Aia nel processo di Ante Gotovina che fu il comandante dell’Operazione, si annota che l’operazione di pulizia etnica contro la popolazione serba di Croazia fu attentamente preparata dai vertici politici e militari croati con Franjo Tudjman in testa.

In particolar modo le trascrizioni di Brioni del 31 luglio 1995, appena prima dell’operazione Tempesta, dove di fatto è stata presa la decisione sull’attacco alla Krajina e la citazione della dichiarazione di Tudjman: “…è importante che i civili si muovano e quando questi civili cominceranno a muoversi saranno seguiti dall’esercito e quando si vedranno le colonne questo avrà l’effetto psicologico degli uni sugli altri.”

Alla stessa riunione Tudjman inoltre ha dichiarato:” …dobbiamo eseguire tali attacchi per far si che i serbi praticamente spariscano”.

3 agosto 1995. Le finte trattative di Ginevra dove la delegazione dei serbi di Croazia accetta la proposta di Stotenberg e della comunità internazionale in 7 punti per una larga autonomia e graduale integrazione dei serbi di Krajina in Croazia mentre la parte croata improvvisamente cambia le carte in tavola e pretende la resa immediata senza condizioni. La delegazione serba non aveva il mandato per accettare una simile condizione e alla conferenza stampa i croati unilateralmente dichiarano le trattative fallite ritirandosi immediatamente a Zagabria. La parte serba ha l’aereo l’indomani mattina (intervista di Milivoj Vojnovic al “Novosti” di Zagabria del 01.08.2008. l’ultimo Ministro degli esteri della Republika Srpska Krajina)

4 agosto 1995. Alba. L’esercito croato, circa 150 mila uomini, appoggiato dalla aviazione statunitense (partecipazione ufficialmente smentita, ma tanti sono i testimoni anche fra i generali americani che dichiarano questo fatto, come il vice comandante della Nato Charles Boyd che ammise la pianificazione e partecipazione statunitense) che precede la loro azione bombardando le postazioni radar dei serbi di Krajina .Inizia l’Operazione Tempesta. L’entrata è facilissima.I cannoneggiamenti sono potentissimi e fortissimi e durano ininterrottamente per tutta la giornata. Le forze serbe della Croazia sono in 35 mila, di morale pessimo, con conflitti politici interni e leadership inesistente.

Milosevic non aiuta i serbi di Croazia. I croati con l’equipaggiamento americano disturbano la comunicazione del comando serbo e di fatto lo tagliano fuori. Entrano in profondità dai 5 ai 15 chilometri. I serbi rispondono cannoneggiando Sisak, Sebenico, Ogulin. 5 agosto. Già al pomerigio Knin è caduta e sul castello medievale sventola grandissima la bandiera a scacchi. Entrano le tv precedute dagli “spazzini” che puliscono i cadaveri dalla strada per poter riprendere la gloriosa vittoria su Knin. Si spara in aria tutta la notte, l’acool non manca. Inizia la ruberia delle case vuote dei serbi. L’80% del territorio serbo è nelle mani dei croati.

6 agosto 1995. Sul fiume Korana si incontrano l’esercito croato con quello musulmano-bosniaco e con questo si tagliano i rifornimenti ai serbi della Croazia che partivano dai serbo-bosniaci. Al pomerigio a Knin arriva anche il presidente Tudjman. La Krajina è definitivamente caduta. Cadono le città di Petrinja, Slunj, i laghi di Plitvice. Le divisioni serbe di Krajina si sono arrese.

7 agosto 1995. Il ministro della Difesa croato Gojko Susak alle 18 dichiara che dal punto di vista militare l’Operazione Tempesta è conclusa dato che la frontiera con la Bosnia è stata messa sotto controllo. Il territorio incluso nell’offensiva croata Tempesta è stato abbandonato da quasi la totalità della popolazione serba: 250 mila persone, secondo l’UNHCR. S'avviano le colonne dei profughi sui trattorini rossi carichi di pentole, padelle, coperte e altre povere cose. Guidati a volte dai bambini di 8, 10 anni, con i capelli sbiancati in una notte. Altri mezzi agricoli hanno lasciato la Croazia attraverso la Republika Srpska di Bosnia indirizzandosi nella Serbia. Erano spesso sotto l’attacco delle forze croate. I media internazionali non hanno mai fatto vedere quei trattorini rossi. I poteri in Serbia dei quali i media hanno quasi del tutto ignorato la caduta della Krajina, hanno indirizzato le colonne dei profughi nei centri collettivi nell’interno del paese e in Kosovo. La gente comune della Serbia ebbe una reazione spontanea di grande solidarietà. Uscirono portando l’acqua, faceva caldissimo, da mangiare, si portarono le famiglie a casa per ospitarli. Il governo tacque.

Dopo l’operazione Tempesta le forze croate hanno chiuso il territorio della Krajina, tranne per i profughi croati che da quei territori erano stati precedentemente cacciati dai serbi. Hanno iniziato con la distruzione sistematica delle case vuote dei serbi, bruciando e minando oltre 20 mila case. La popolazione vecchia che non ha potuto o voluto lasciare Krajina, è stata barbaramente massacrata. Secondo Il comitato di Helsinki per i diritti umani, croato, nell'Operazione Tempesta sono scomparse 1,805 persone, mentre 700 civili sono morti o uccisi. Tuttora non esistono i numeri certi sulle vittime.

La testimonianza del sindaco di Knin, Drago Kovacevic, nel suo libro Gabbia – Krajina nella guerra accordata:  «Il 4 agosto 1995, appena prima dell’alba, è iniziato il generale attacco alla Krajina. Knin è stata ricoperta dalle granate che cadevano nel numero infinito sulla città. In ospedale c’erano decine di morti. E' stata interrotta la corrente elettrica. La Radio Knin è ammutolita. Fuoco e fumo erano dapertutto. Già la mattina seguente le colonne dei civili sono partite dalla città, nell'unica direzione rimasta, verso la Lika. Le pause nei cannoneggiamenti quasi non esistevano…Verso le 5 del pomeriggio sono venuti due poliziotti a prendermi per portarmi al quartier generale dell’esercito della Krajina…All’angolo era seduto Milan Martic ( leader politico dei serbi di Krajina ). Davanti a lui il posacenere pieno di cicche e alcuni pacchetti di sigarette vuoti. Aveva le occhiaie scure come qualcuno che non ha dormito a lungo… Subito gli ho chiesto quale era la situazione e ho ricevuto la risposta scoraggiante. Abbiamo perduto alcune posizioni sul monte Dinara che erano importanti…Molto presto si mostrerà che la cosa era fatta perché mi avevano invitato con l’intenzione di determinare l’evacuazione della città verso Srb. Martic già aveva davanti a se l’ordine per l’evacuazione di Knin, Drnis, Benkovac, Obrovac e Gracac verso Srb. Firmando l’ordine Martic ha subito chiesto che si organizzi immediatamente l’evacuazione e mi chiedeva di quali mezzi disponiamo. La priorità la dovevamo dare all’ospedale di informare le persone di protezione civile nei villaggi più distanti. Dalle città la gente ha già iniziato ad andarsene. Avevamo i problemi con il carburante ed è stato accordato di prenderlo sulle due pompe di benzina in città chiedendo l’aiuto ulteriore all’UNPROFOR. Martiæ ha chiesto la linea telefonica con Milosevic con il quale era imbestialito. Mrkšiæ (comandante in capo dei militari della repubblica serba di Kraijna ) sembrava possedere sangue freddo, ma dopo che Martic ha firmato l’ordine di evacuazione ha commentato che questo significherà che il popolo sarà seguito dall’esercito. Le linee non sarà possibile tenerle ancora a lungo. Ad una certa ora Martic ha ottenuto la linea con Brana Crncevic che gli avrebbe detto che parlerà di aiuto militare con Milosevic. Però, questa risposta di Crncevic lo ha solo fatto ulteriormente incazzare e deprimere. Insultava Milosevic e lamentava la sua delusione a Crncevic. L' evacuazione è stata organizzata dalla protezione civile che avevamo al livello di comune e che era sotto il diretto comando del Ministero della difesa. Da Knin siamo partiti verso le ore 21 di quel giorno nel camion della Croce Rossa verso la Bosnia. Le strade erano già tutte intasate. La colonna si muoveva verso Drvar… Le colonne ininterrotte arrivavano dalla Dalmazia e dalla Lika…Le granate cadevano dapertutto… Già sulla strada per Petrovac hanno cominciato a susseguirsi scene insolite e anche tragiche. E’ morto il primo profugo nel convoglio e abbiamo incontrato la famiglia che pensava come e dove seppellirlo. Era il vecchio Josho Maglov da Polaca vicino a Knin. Più tardi abbiamo avuto la conferma che alcune decine di persone anziane sono morte nella colonna verso la Serbia, però c’erano anche i neonati che morivano perchè non avevano il latte. Verso mezzogiorno, con un caldo bestiale, siamo arrivati a Petrovac, dove decine di migliaia di persone stavano ferme all’incrocio verso Kljuc. Tutto attorno, sui prati e lungo la strada stavano gli autoveicoli, i camion ed i trattori pieni di gente…»

E ora, dopo 13 anni… Il 4 di agosto ogni anno in Serbia è un lutto nazionale. La perdita dei territori abitati da serbi per secoli è dolorosissima. Quest'anno il Presidente Tadic, accendendo le candele per i morti ed espulsi del popolo dela Krajina ha dichiarato che la Croazia deve rivedere le proprie posizioni rispetto all’Operazione Tempesta e restituire la possibilità ai profughi di ritornare nelle loro case. Inoltre, ha dichiarato che lui si è scusato svariate volte a tutti per i crimini comessi a nome dei serbi, ma che non ha ancora sentito simili scuse da nessuno dopo tutti questi anni. Dopo di che è seguita immediata replica del Presidente Mesic che con la consueta arroganza ha dichiarato che Tadic non è stato abbastanza attento e che forse i suoi consiglieri lo sono stati di più per ricordargli che anche lui si era scusato una volta per i crimini comessi dai croati. Poi è intervenuto  il premier croato Sanader che ha diciharato che «la Croazia festeggerà Tempesta perché era un azione giusta e di liberazione e che non permetterà a nessuno di buttare fango su questa grande vittoria croata».

E allora via ai festeggiamenti per la Festa Nazionale di Liberazione che in Croazia è ogni 5 agosto. Con tanto di cantante nazirock Thompson con i titoli delle canzoni che gelano il sangue nelle vene (“Jasenovac i Gradiska Stara”, i campi di sterminio per i serbi, ebrei, Rom nella seconda guerra mondiale, “Srbe na vrbe” – I serbi appenderli ai salici e cosi via). E così, la pulizia etnica gli uni la festeggiano come il giorno della liberazione, gli altri piangono per l’ingiustizia e così è sempre stato e sempre sarà. Si spiega così, come le stesse parole, nella stessa lingua, nei due popoli più simili al mondo, possano significare cose del tutto diverse. E fra loro vi è un terzo popolo a loro identico, con la parola Srebrenica. Che accadde proprio fra l’una e l’altra di queste operazioni. Aspettiamo che il processo di Gotovina come anche quello di Karadzic, possano portare un contributo, almeno linguistico. Affinché i sostantivi come Bljesak, Oluja e fra loro Srebrenica, possano diventare un unico sostantivo: genocidio. Per tutti e tre popoli di stessa lingua e stesse origini.

Jasmina Radivojevic

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