Ci voleva la costruzione di una nuova palestra per le scuole medie nel centro storico di Capodistria, per scoprire il passato di quella che è considerata una delle città più importanti della Slovenia. Ora questa storia, ricostruita dall`archeologo Radovan Cunja, si può ripercorrere nelle sale del Museo dell`Alto Medioevo, nella mostra che espone un centinaio di reperti, oltre a materiale illustrativo e avari testi, per presentare i risultati degli scavi effettuati tra il 1986 e il 1989 nell`orto dell`ex convento dei Cappuccini, nel centro storico della città. Si tratta di uno dei primi interventi archeologici a Capodistria e, con i suoi mille metri quadri indagati, è a tutt`oggi lo scavo più esteso finora eseguito all`interno delle tre cittadine del litorale sloveno.
Racconta Cunja che già dalla fine del medioevo avevano destato interesse i numerosi resti romani, soprattutto epigrafi, che in passato, e in parte ancora oggi, erano murati in vari edifici capodistriani. Alcuni sono stati riprodotti dal pittore Bernardino Parenzano nella seconda metà del XV secolo, altri sono stati copiati in varie epoche dagli scrittori appassionati di antichità. Nessuno di loro era però riuscito a chiarire se questi monumenti furono portati a Capodistria nel medioevo, oppure se la loro abbondanza indicava che in epoca romana c`era sull`isola un insediamento romano di una certa importanza.
Cunja parla di isola, perché tale era nell`antichità questo sito che si trova nella parte nord-occidentale della penisola istriana, a una decina di chilometri da Trieste e a una ventina di chilometri a nord del confine con il vicino stato di Croazia. Insieme a Isola e a Pirano è oggi una delle tre città costiere della Repubblica di Slovenia. In epoca romana era chiamata Aegida, Insula capritana in età tardoantica, justinopolis nel periodo bizantino, Caput Istriae nel tardo medioevo. Nel corso degli ultimi due millenni il livello del mare si è alzato ricoprendo per quasi tre metri le rive di quello che inizialmente era un grande scoglio perso nell`Adriatico, mentre il materiale portato dai torrenti e quello delle saline hanno determinato il congiungimento dell`isola alla terraferma.
Racconta Cunja che già nel 1882, durante alcuni lavori di scavo nell`orto dei Cappuccini, era venuta alla luce una stele funeraria romana, che fu riutilizzata come coperchio per un pozzo e oggi è custodita nel museo regionale della città. Ora gli scavi nello stesso sito hanno confermato con certezza che l`isola era già abitata due millenni fa. La sequenza stratigrafica va infatti dall`età tardorepubblicana (II e I secolo a.C.) fino all`età moderna, con resti di strutture abitative e produttive e di sepolture.
Tra i reperti venuti alla luce e che ora si possono ammirare nella mostra, spicca un bronzetto raffigurante Atteone attaccato dai cani, del I secolo d.C., mentre sono numerosi i ritrovamenti in ceramica, metallo, osso, pietra e vetro appartenenti al periodo tardo antico e altomedievale (dal VI al IX secolo), nei quali sono evidenti le analogie con materiali bizantini dell`area adriatica e mediterranea in genere. Uno spazio a parte nell`esposizione è stato inoltre riservato ai reperti risalenti al tardo medioevo e al rinascimento (dal XIV al XVI secolo), soprattutto alle ceramiche da tavola e da cucina, dove si riconoscono elementi tipici dell`area veneta e romagnola.
Lauretta Colonnelli