di AURO MANZIN
BELGRADO Lo hanno ripetuto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, il suo omologo serbo, Vuk Jeremic e il presidente della Repubblica, Boris Tadic. Frattini a Belgrado per presenziare alla firma dell’accordo Fiat-Zastava (anche con l’economia si fa politica estera). Resta sulla strada verso Bruxelles lo «scoglio» Kosovo soprattutto dopo il veto dato dall’Olanda alla firma del trattato di Associazione e cooperazione tra Serbia e Ue. E nessuno ieri qui a Belgrado si è nascosto dietro un dito. «Con l’Italia sul Kosovo non sempre le nostre posizioni convergono», ammette il capo della diplomazia serba Jeremic. «Siamo però d’accordo – ha aggiunto – di operare in base al diritto internazionale per trovare una soluzione e stabilizzare l’intera regione».
E un primo passo potrebbe essere proprio il voto di astensione, auspicato da Frattini, da parte dei Ventisette alla prossima Assemblea generale dell’Onu in programma l’8 di ottobre, alla richiesta serba di sottoporre la proclamazione unilaterale di indipendenza di Pristina alla Corte internazionale di giustizia.
«L’Italia – ha precisato il responsabile della Farnesina – sostiene il ruolo della Corte di giustizia, negare alla Serbia di farvi ricorso costituirebbe un brutto precedente». Per quanto riguarda la missione Eulex in Kosovo, Frattini ha auspicato «una posizione collaborativa e flessibile» da parte della Serbia «affinché il dispiegamento della forza avvenga su tutto il territorio nazionale kosovaro». «Così come – ha precisato – la missione Eulex dovrà svolgere un’azione intelligente rispettando le sensibilità dell’area in cui andrà a operare». Sul resto non ci sono dubbi: l’Italia è (parole di Frattini, Jeremic e Tadic) il più importante e concreto sostenitore dell’ingresso della Serbia nell’Ue. E un primo passo, forse simbolico, ma certamente importante sarà la liberalizzazione dell’ingresso dei cittadini serbi in area Schengen, senza bisogno più di visto dunque, «che avverrà – sono parole di Frattini – entro la fine del mandato della Commissione Barroso». Per quanto concerne il Trattato di associazione all’Ue Frattini è altrettanto categorico: «Un solo Paese (Olanda) non può bloccare un processo di siffatta importanza geopolitica e lavoreremo affinché la firma possa avvenire entro il 2008 cosicché la Serbia potrà presentare la sua candidatura all’adesione già nel 2009». «Del resto – aggiunge il ministro – la collaborazione con il Tribunale penale dell’Aja è ottima come confermato anche dal suo procuratore generale e, quindi, non si può pretendere che in pochi mesi si consegnino tutti i banditi in circolazione nei Balcani» (chiara l’allusione alla consegna di Radovan Karadzic al Tpi ndr.). «Lavoreremo concretamente in questa direzione – precisa – già al prossimo consiglio dei ministri europeo».
E lo «scheletro nell’armadio» del Kosovo diventa così ancor più ingombrante. Anche perché, di fronte all’ospite italiano, il ministro egli Esteri Serbo non teme di confermare che «sulla questione la Russia resta al nostro fianco anche dopo gli avvenimenti nel Caucaso e ci conferma il suo pieno appoggio in sede Onu». «La Serbia vuole entrare in Europa – gli fa eco il residente Tadic – perché la Serbia è Europa, ma vuole altresì difendere il proprio Kosovo in maniera legale, lecita e in base al diritto internazionale».