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Serenissima (Voce del Popolo 11 ott)

di Milan Rakovac
 

Serenissima
 
Co’l sior Lucio Toth son d’accordo quando el disi che soltanto prima del Ottocento qua sul Adriatico e dintorni regnava l’armonia interetnica, ed altra. E no son invesse d’accordo quando el concludi che, ahimé, i tempi xe cambiadi e che l’idea Nazione-Stato domina.
E condivido la preocupassion del amico Silvio Forza, su come ricrear, refar un ambiente politico d’armonia soto l’ombra dei nazionalismi sveiadi de paura e stereotipi e pregiudizi. Ghe vol cambiar ‘sta idea nazional-etatistica, ma come far?

Tomizza ed io al Primo (e unico!) Congresso degli Istriani parlammo del TRICICLO ISTRIANO, di una metafora che Romano Prodi, da presidente della Commissione europea, tradusse in realtà pedalando assieme a Nino e attraversando il Dragogna.  E anche adesso il nostro triciclo continua a puntare verso l’Occidente, verso l’Europa intesa come Patria.
 
Ma è stata proprio questa idea europeista a risvegliare gli spettri che dormivano nei nostri, armadi, nelle nostre soffitte, nelle foibe e nel subconscio. Ed ora questi spettri – il nostro alter ego –, siedono accanto a noi sul triciclo e cercano di portarlo in un’altra direzione, di prendere l’orgoglioso e ridicolo sentiero del nazionalismo.

Il signor Toth ha fatto un discorso sentimentale ed ha parlato della plurisecolare armonia vigente tra i Croati e gli Italiani nella sua Dalmazia. Un fatto bello e utile per tutti noi, ma sarebbe ancora più bello se cercassimo di ricreare quest’armonia. Va detto però che si tratta di un traguardo che non potrà essere tagliato se resteremo ancorati alle passioni patriottiche e alle realtà nazional-stataliste.  Dobbiamo creare una realtà nuova, dobbiamo lavorare per (ri)creare l’essenza dello spirito della Serenissima, uno spirito che esclude il nazional-patriottismo, la territorialità e la storicità del concetto nazionale, esattamente come esclude anche i revanscismi e le politiche di parte.

Quando parlo di questi temi punto al rinnovamento del dialogo panistriano. È per questo motivo che menziono il Congresso degli Istriani e, di conseguenza, non posso far altro che ribadire a tutti gli Istriani di buona volontà l’invito ad organizzare il Secondo Congresso degli Istriani, dico ribadisco perché ho già lanciato (inutilmente!) lo stesso invito un paio di anni fa da queste pagine.

Mi chiedo perché non si sia mai tenuto il Secondo Congresso. Forse perché il Congresso era riuscito a creare un vera sinergia tra gli Istriani dell’Istria e quelli della diaspora, e forse perché aveva dato una vera scossa al nostro dialogo interno, un dialogo completamente scevro da qualsiasi speculazione. È PER QUESTO MOTIVO che il Secondo Congresso non è
mai stato organizzato, ovvero È PROPRIO PER QUESTO MOTIVO!

Aspetta un po’!, potrebbe dire qualcuno. Ribadisco, PROPRIO PER QUESTO.  Perché il Primo Congresso degli Istriani NON promuoveva gli interessi di alcuno degli Stati che si contendono l’Istria, né quelli delle nazioni che vivono in Istria. E proprio per questo il Congresso si è fermato alla sua Prima edizione (cioè – la Seconda, programmata ad Isola, è stata annullata).

Onde evitare malintesi sarò preciso fino in fondo – il contatto, serio e genuino, tra il mondo latino e quello slavo realizzato a Pola in occasione del Congresso non rispondeva né agli interessi dell’Italia, né a quelli della Croazia e nemmeno a quelli della Slovenia!
Ovvero, non era nell’interesse delle tre politiche nazionali, forse semplicemente perché sono gli Stati che gestiscono la politica, a maggior ragione in territori sensibili come l’area transfrontaliera della quale stiamo parlando.
È chiaro che gli Stati non gradiscono “intromissioni” esterne nel loro lavoro.
Ovviamente, il discorso appena fatto non è altro se non un susseguirsi di mie speculazioni.

Il Congresso rispondeva agli interessi dell’Istria e degli Istriani.  Le nostre tre Madre Patrie desiderano, però, che i loro figli istriani promuovano i loro interessi NAZIONALI, e non dubbi euroregionalismi che nella loro essenza sono ANTI-STATALISTI!

Ed ora quando parlo della ricostruzione dell’ambiente della Serenissima, non penso a un “revival” di natura sentimentale, bensì all’elaborazione di un PROGETTO ADRIATICO DI COLLABORAZIONE assolutamente nuovo. Ritengo, infatti, che noi gente dell’Adriatico siamo – culturalmente, storicamente e psicologicamente –, maturi per realizzarlo.

Parimenti, la collaborazione interculturale si è già ben annidata e così attraverso una serie di manifestazioni – dalla Poeteka di Durazzo al Forum Tomizza passando per alcuni festival teatrali (Cividale, Capodistria, Umago…) –, la cultura multilingue organizza momenti d’incontro e di collaborazione, e anche nuove forme e modi per ritrovarsi, creare e comunicare.

Le cornici nazionali e statali, nonostante siano tangibili, non riescono più a soddisfare l’“europeizzazione dell’Europa” che accelera sempre più. Dal canto suo l’UE stimola e cofinanzia i progetti internazionali, e soprattutto quelli culturali, perché si rende conto che la cultura e l’arte rappresentano il campo di collaborazione più ampio e più soleggiato – di conseguenza il migliore per contribuire ulteriormente al processo integrativo europeo.

È la stessa natura della cultura che favorisce questi processi perché la cultura non può vivere in un contesto autoreferenziale. La cultura deve incontrarsi con le altre culture, specchiarsi in loro, intrecciarsi con le altre culture, seguire e ampliare la propria curiosità, e con questa anche gli orizzonti umani,

La convivenza è oggi prevalentemente uno stato d’animo attorno a questi confini. Di per sé la convivenza è un dato di fatto tra di noi attorno a questi confini ridicoli e offensivi, e così in realtà la cultura e l’arte si fondono spontaneamente con l’ambiente circostante e questa è la base per una nuova retorica Serenissima.

 

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