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Il razzismo croato (Voce del Popolo 15 nov)

Ripetendo, per l’enesima volta, come noi altri fioi croati istriani vegnudi la drio l’Arena, gavemo fato amicissie piutosto co’i fioi ‘taliani, e questo iera sinnquanta anni fa (!), no poso mancar de esprimer la mia gioia quando me vien voxe che el mago Magelli ga fato un’altra magia co’i attori italiani fiumani co’l Pirandello – dopo che Zappia ga fatto quel splendor co’l mio testo.

E no posso taser legendo che el giornalista de Radio Fiume el xe d’accordo con zerti che i volessi cancelar i programmi in lingua italiana, E che sul ginasio de Pola xe scritti quei graffiti razzisti e fascisti! Alzo la voce, la mia voce, una voce croata in segno di protesta e invito Fiume e l’Istria a manifestare contro simili manigoldi. Non ammetto che l’impatto di fatti del genere venga sminuito e sdrammatizzato, non ammetto alcuna giustificazione: i responsabili devono rispondere e la società deve smuoversi e reagire. Si tratta di attacchi all’essenza stessa della convivenza e, pertanto, non può e non deve esserci spazio per il lassismo.

Mi chiedo se in giro ci sia davvero qualcuno che pensa di poter intaccare impunemente quanto è stato costruito, con pazienza e umiltà, attraverso i decenni?

Comunque, ora che sono invaso dalla rabbia suscitata dalla stupidità umana e dalla gioia provocata dal successo del Dramma Italiano mi chiedo (e non è la prima volta che lo faccio!) quando la Croazia e Fiume e l’Istria faranno quel passo normale, e credo, inevitabile necessario perché tutte le istituzioni italiane operanti da noi, e in Slovenia, diventino completamente indipendenti. Questo passo è stato fatto per l’Edit e anche il Centro di ricerche storiche di Rovigno è indipendente, ma non lo sono né il Dramma Italiano né RTV Capodistria.

Ciaro che el teatro italiano de Fiume, con la nobile Laura Marchig, competente, deliziosa e ambiziosa, no xe proprio (ancor!) Il Piccolo teatro de Milan, ma penso solo perché el teatro come tal no’l ga ancora una posission autonoma come dio comanda – almeno come l’Edit.

La stessissima cosa val anche per la radio-tivù Capodistria!

Essendo mi un de “magioranssa” e non de “minoranssa”, essendo un croato, digo che posso permeterme certe libertà d’espression, anche nei riguardi dei italiani nostri-domaci. Proprio come posso farlo (soprattutto) nei confronti di noi appartenenti alla maggioranza.

De facto, ritengo che i nostri Italiani in Istria (Croazia) vivano oggi in un ambiente positivo, in un ambiente che, forse, non è più nemmeno giusto definire “minoritario”. E i meriti di tale situazione sono, in parte, forse, anche di noi “della maggioranza”. Sia come sia, ritengo che la cultura italiana in Istria (leggi – le persone e la loro vita quotidiana) abbia una posizione migliore nei fatti che non negli atti. Formalmente (nel contesto delle leggi, della costituzione, del sistema) c’è ancora molto da fare per arrivare alla parità delle due culture, ovvero del bilinguismo. Nella realtà praticamente tutta la popolazione istriana (sia “della maggioranza” sia “della minoranza”) è bilingue, bi-culturale.

Penso che la bi-culturalità in Istria dovrebbe essere un principio e credo che in quanto tale dovrebbe essere attuata. Con l'attuazione del principio della bi-culturalità, credo, verrebbe sventato il principale pericolo che grava sui nostri Italiani: la minaccia di assimilazione ovvero la stagnazione, due possibilità con le quali devono fare i conti tutte le comunità numericamente piccole a bassa crescita demografica. Va detto, comunque, che tale pericolo al momento non è sventato, non ancora. Grazie, però, al fatto che la popolazione autenticamente croata accetta già adesso la cultura italiana come propria tale pericolo è arginato.

Ragiono a voce alta, ad essere sincero senza trovare troppa conferma nei fatti, semplicemente perché desidero lanciare un appello agli appartenenti alla maggioranza, invitarli ed invogliarli ad accogliere il principio del “rinnovamento culturale” della Comunità Italiana affinché questa possa mantenersi dal punto di vista demografico, il che è anche nell’interesse storico della Croazia. Nonostante il “rinnovamento demografico-culturale” sia stato nel passato per noi Croati soltanto un eufemismo che stava ad indicare un’assimilazione ritengo che l’europeizzazione (innanzitutto dell’Istria!) abbia preso talmente piede – nel contesto antropologico, psicologico e culturologico, da poter considerare superate le classiche teorie negazionistiche e le assimilazioni storiche con le quali (in prevalenza noi slavi) ci siamo confrontati nella storia recente.

È per questo motivo che dobbiamo smettere di guardare con sospetto i nostri Italiani, e anche l’Italia (nonostante la destra al potere, talvolta, non manchi di suscitare qualche preoccupazione – come è avvenuto, ad esempio, a seguito dell’intervento del sindaco di Roma che ha invitato l’Italia a porre un veto condizionato all’ingresso della Croazia nell’UE fino a quando non “riconoscerà le foibe”), per un presunto rinnovamento delle “ambizioni irredentistiche”. Del resto lo stesso processo di stagnazione numerica, e di “assimilazione statistica” degli Italiani in Croazia e Slovenia, è decisamente, un fatto numerico, vero? Quindi, proprio per questo motivo noi “della maggioranza”, le nostre associazioni, i nostri Stati – la Croazia e la Slovenia –, possiamo e dobbiamo fare qualcosa per il mantenimento dell’italianità in Istria!

Gli Italiani della costa orientale dell’Adriatico sono parte integrante della nostra storia comune, della cultura e della civiltà che condividiamo. Lo abbiamo capito osservando il deserto ambientale che è seguito all’esodo. Le immigrazioni slave non sono state un rimedio, esattamente come non lo erano state quelle italiane ai tempi del fascismo. Nonostante ciò l’ISTRIANITÀ intesa come MODUS VIVENDI si è mantenuta in vita, ed è diventata la realtà dominante dal punto di vista sociale, politico, culturale. Ecco, Diego Zandel ed io scambiamo cordiali e-mail; da parte mia sto scrivendo un testo su di lui per l’Enciclopedia della letteratura. Diego è nato in un campo profughi – che destino! E adesso diamo vita a un qualcosa che rincorrevano anche i nostri nonni – la tolleranza e la convivenza. Le uniche cose che abbiamo!

di Milan Rakovac

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