Lettera in redazione
Resa dei beni e ritorno alla vita di un tempo
L’aria che sta spirando in questi nostri tempi, per certuni soffiando, comporta delle proposte di novitá di tipi e scopi molto diversi avendo tutte le origini pur contando sullo stesso centro.
E divenuto, questo, il tema o l’obiettivo principale e centrale di tutto.
Il tema e quello dell’”Europa unita” fino al punto da farne un autentico continente pronto ad affiancarsi a quelli che esistono.
L’odierna comunitá europea non puó restare esente da capovolgimenti come non puó non avvenire nel caso di un complesso sterminato e variamente articolato per realizzare il realizzabile in vista dei risultati voluti. L’intento di chi scrive nella presente fase di studio e di tante diverse progettazioni é quello di assistere al piú concreto impegno di tutte le esistenti capacità di inventare e, cambiando, di rinnovare l’innovabile.
Ma forse l’intento principale non é quello di massima di tutti, ma forse anche quello di non faticare pur di ottenere i migliori risultati con il minimo sforzo.
Il da fare é quello di studiare il giá fatto, che non serve ripetere risbagliandoci sopra. Stiamo assistendo anche a progetti di un certo limite per spianare le eventuali difficoltá.
Prenderó ad esempio quanto avvenuto nell’Alto Adige su quello preesistente o questo di oggi costruito, di felice risultato, con una convivenza fra due altri gruppi etnici, al contrario di quanto avvenuto con le correzioni e gli aggiustamenti dovuti.
Un nitido insegnamento puo essere offerto dall’esame o attenta analisi di quanto ottenuto fra Italia e Jugoslavia, ma non solo per riflettere sulle fughe di gente provocate nella Venezia Giulia, quanto ancora nel clima esistente per i rapporti esistenti fra i troppi gruppi slavi delle molte etnie, che somigliano di piú a delle frazioni di una vera etnia, quella slava.
Non tutto é tranquillo nelle zone della Jugoslavia e neppure in parte dei territori che hanno accolto e ricevuto gli esuli. La giusta serenità esiste solo fra i due gruppi dell’Alto Adige, l’italiano e l’austriaco, da confrontare con le situazioni della Bosnia e della Serbia o quella della Bosnia e della Slovenia.
Chi scrive ha partecipato alla fuga degli italiani dalla terra natia nel dopoguerra o subito dopo l’inizio delle ostilità sul fronte orientale. Mi sorge questa ipotesi:
se avvenisse un generale provvedimento di restituzione dei beni ai loro legittimi proprietari, defraudati con uno dei tanti accordini stipulati tra Italia e Jugoslavia, io non so se prenderei in esame la decisione di fare ritorno a Rovigno per viverci..
Ci dovrei pensare sulla decisione da prendere. É un caso impossibile perché diversamente l’accordino Roma e Belgrado non l’avrebbero stipulato in barba al diritto U.S.A. sulle proprieta private, intoccabili.
Gianni Giuricin, Trieste