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21 nov – Pirina: responsabili non solo partigiani titini

Nuovamente siamo chiamati a ricordare, con una Legge dello Stato, la “Giornata del ricordo”, dedicata alla tragedia delle Foibe e dell’Esodo e mi sento chiedere nei convegni e negli incontri con gli studenti, come mai il “silenzio dei vivi” ha soffocato, per oltre 50 anni il ricordo degli orrori e delle tragedie del nostro confine orientale.

Oltre 20.000 scomparsi, dei quali quasi 5000, secondo i dati del Governo Militare Alleato, finiti nelle foibe, voragini di origine carsica, riempite dei corpi di uomini e donne rei di essere italiani, vittime di un progetto di pulizia etnica, unito al disegno del comunismo internazionalista  di Stalin, condiviso dai “compagni” comunisti italiani.

Un disegno che siamo in condizioni di provare nei suoi passaggi fondamentali: gli accordi segreti, i cedimenti inconsapevoli del CLNAI, l’eliminazione dei nemici, partigiani dell’Osoppo, a Porzus , il 7 febbraio 1945, o dei difensori dei confini della Patria, i militi del Reggimento “Tagliamento” o i Bersaglieri del “Mussolini” o i marò della X MAS .

Un disegno perseguito con tenacia ed ambiguità dal PCI e da Palmiro Togliatti, attraverso la complicità con Padri della Patria, che vendettero la sovranità nazionale e condannarono ad un esodo senza ritorno oltre 350000 uomini e donne.

Già nell’Ottobre 1942, come riferito dal Prof. Tone Ferenc, professore universitario sloveno, nella sua pubblicazione La capitolazione dell’Italia (Maror, 1967), eminenti personaggi friulani trattavano con gli sloveni per la creazione di formazioni militari unificate…poi nell’ottobre del 1943, convocato dai partigiani veneti, Urban Vratusa, futuro Ministro della Repubblica Federativa di Jugoslavia, formò a Vicenza la Missione Slovena, con il compito di stipulare accordi militari trai partigiani comunisti del nord est ed il IX Corpus Sloveno del Maresciallo Tito.

La Missione Slovena “Berto”, come da documento dello stesso Vratusa, prot.2269/77, incontrò Luigi Longo, Ferruccio Parri, Leo Valiani, Mario Lizzero, e riuscì, dopo un lungo colloquio diplomatico, a fare dare l’approvazione a questo progetto dal CLNAI, come da documento, tenuto riservato per decenni, e riportato alla luce, dopo lunghe ricerche, negli archivi preclusi ai ricercatori della verità, datato 17.7.1944.

Nel documento il CLNAI “prende atto con soddisfazione degli accordi stipulati tra il Comando Generale delle Brigate Garibaldi ed il Comitato del IX Corpo d’Armata dell’Esercito di Liberazione Nazionale Jugoslavo (NOVJ)

L’accordo determinerà il passaggio delle Divisioni garibaldine comuniste “Natisone” e “Triestina” nel IX Corpus e la creazione di un Comando paritetico, costituito da due Comandanti militari, di cui uno italiano, “Sasso” Mario Fantin e di due Commissari Politici, di cui uno italiano, “Vanni” Giovanni Padoan, coinvolto nel processo di Porzus, scomparso ai primi di gennaio di quest’anno, e darà in qualche modo il via libera ai gappisti di “Giacca” Mario Toffanin, della Federazione del PCI di Udine di compiere la strage dei partigiani osovani, a Porzus e a Bosco Romagno, con l’accusa di essere riluttanti all’annessione non solo della Venezia Giulia ma anche del Friuli, sino al Tagliamento.

Una serie di passaggi formali, per riconoscere i diritti degli jugoslavi sulle nostre terre, trai quali l’ordine del giorno, del 18 aprile 1945,  della Divisione Garibaldi “Natisone” che recita “…Trieste ed il Litorale appartengono per diritto naturale e per decisione del popolo alla nuova Jugoslavia democratica e popolare e chiunque osasse tentare di spezzare questa unione sorta dalla lotta comune, sappia che noi garibaldini del glorioso IX Corpo dell’Armata Jugoslava, la difenderemo sino alla completa distruzione di ogni forza ostile…” (Lubiana IZDG.b.251,fasc.I/4)

Il resto lo conosciamo: migliaia di uomini e donne italiani, percossi, seviziati, infoibati, fatti sparire, trascinati nei campi di sterminio di Borovnica, Lepoglava, Maribor, Skofia Loka, Aidussina , aperti sino al Febbraio del 1950 (rif: Testimonianza Freddi Luigi). Tutta la documentazione, decine di fogli ingialliti, non comunicati al popolo italiano, sono pubblicati insieme nella ristampa del volume "Sognare una Patria" edito dal Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” di Pordenone.

E poi 350.000 esuli, privati con la violenza dei loro beni e del loro futuro, costretti ad andarsene e a subire il ludibrio dei comunisti italiani a Bologna, a Venezia ad Ancona ed ovunque arrivarono con le loro poche cose, raccolte in voluminosi fazzoletti.

Una storia vergognosa, sancita da un vergognoso trattato di pace, chiamato in ballo, nella data scelta per il ricordo, un ricordo che non può appartenere solo agli istriani, ai fiumani, ai dalmati ed ai giuliani, ma che resta una pagina poco conosciuta, per gli aspetti rimossi dal silenzio dei vivi o dei vincitori. 

 

Marco Pirina

Direttore del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” di Pordenone

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