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Foibe non furono reazione al fascismo (Libero 03 dic)

FOIBE Reazione al fascismo? No, Tito fece trucidare anche molti sloveni

Studiosi dell`ex Iugoslavia a convegno in Italia: i massacri progettati per eliminare ogni opposizione al comunismo

dall`inviato a Venezia MISKA RUGGERI

Gli storici sono certo più avanti dei politici nell`elaborazione del passato, specie quello tragico del Novecento, come dimostrano i tanti libri sulle foibe usciti negli ultimi dieci anni. Tuttavia trattare determinati argomenti senza cadere in esasperati nazionalismi resta difficile. Per questo rappresenta un piccolo evento il convegno sul tema, dall`omonimo volume di Marco Pirina, "1943-1956 Dalle Foibe… all`Esodo – Il perché del silenzio dei vivi" che si è tenuto ieri pomeriggio a Venezia, presso la Libreria Mondadori di San Marco 1345, organizzato dal Centro Studi e Ricerche Storiche "Silentes Loquimur" di Pordenone e moderato da Daniele Moro del Tg5, con la partecipazione di storici italiani e sloveni e del presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia Eduard Ballaman.

“Slovenia eroica tu sarai sovietica”

Al centro del dibattito le vicende sul fronte orientale dopo l`8 settembre 1943, interpretate come una guerra politica sotto l`egida dell`internazionalismo comunista. Insomma, non una lotta antinazista e anti-fascista, quanto piuttosto una lotta per stabilire un nuovo tipo di regime, con il conseguente corollario di crimini non solo di matrice etnico-razziale. Tanto che nelle famigerate foibe furono scaraventati anche numerosi sloveni contrari al comunismo.

È la tesi, in particolare, del ricercatore di Lubiana Matej Leskovar, tra l`altro traduttore di Oriana Fallaci. La tragedia delle foibe non può più essere considerata, come fatto finora dai mass media di entrambi i Paesi, soltanto una resa dei conti tra sloveni e italiani, paradigma comodo alla sinistra e riflesso persino nei discorsi di Giorgio Napolitano in occasione della Giornata della Memoria. Il fenomeno va invece considerato nel contesto degli orrori del comunismo.

In Slovenia i comunisti, che non avevano l`appoggio della popolazione (allora cattolicissima), ma che già avevano fatto esperienza partecipando in circa 1.000 alla guerra civile spagnola, hanno sfruttato l`occupazione del 1941 per dare inizio alla loro rivoluzione. Kardelj, una delle figure di spicco del comunismo jugoslavo, è stato docente all`Accademia Djerdjinski a Mosca, istituto creato per la formazione delle spie NKVD e per l`esportazione della rivoluzione; e tanti membri del partito comunista sloveno e jugoslavo sono stati formati a Mosca. Tito in persona, secondo documenti russi pubblicati da Silvin Eiletz, è stato una delle spie NKVD più brutali. Non è un caso, poi, che una delle più famose canzoni del periodo avesse come ritornello "Slovenia eroica, tu sarai sovietica" (poi cambiato nel 1948, dopo la rottura tra Stalin e Tito, in "Slovenia eroica, tu sarai libera").

Liste di vittime già pronte nel `43

Nel Libro nero – sui crimini del partito comunista sloveno contro la nazione slovena – pubblicato nel 1944 a Lubiana, ricorda Leskovar, si legge che già nel 1943 esistevano liste di vittime potenziali a Lubiana (25 mila) e a Trieste (20 mila), queste ultime elaborate insieme da comunisti italiani e sloveni, oltre che accordi sulla divisione dei territori di confine. Numeri spaventosi, rimasti poi per fortuna sulla carta. Ma nel 1945 tutta la Slovenia è stata luogo di atroci massacri e tra le vittime non possono essere dimenticati i circa 12.000 “domobranci" (militari anticomunisti). Che indagare sulle foibe sia, oltre che complicato, persino pericoloso, lo dimostra poi la vicenda di Natasa Nemec. Laureata in storia all`università di Lubiana senza aver nemmeno mai sentito nominare la parola "foiba", dopo aver insegnato alle superiori, si è ritrovata al Museo provinciale di Nova Gorica. Qui si è accorta che nessuno lavorava sul periodo 19451947 e che l`archivio era in stato di abbandono. Così ha iniziato a interessarsi alle organizzazioni politiche locali sotto l`amministrazione degli Alleati, finendo per scoprire i tanti casi di deportazione.

Archivi polverosi e abbandonati

Pur non ricevendo alcun aiuto per consultare i vari archivi e facendo ricorso anche a fonti orali, è stata la prima a raccontare fatti scomodi. Piano piano, anche partecipando per cinque anni (1995-2000) a una commissione mista di storici italiani e sloveni, incaricata di studiare i rapporti tra i due Paesi dal 1861 al 1956, con l`incarico di occuparsi del periodo post 1945, riesce a mettere insieme migliaia di schede particolareggiate, ognuna con relativa fonte, sui deportati della provincia, allora molto più grande di oggi, di Gorizia. Ma nel 2006, prima ancora che il suo lavoro, anticipato in bozze da altri a scopi politici, sia pubblicato, viene licenziata in tronco e le preziose scatole di documenti le vengono tolte. Ovviamente ha vinto il ricorso in tribunale, ma il nuovo incarico al Museo prevede solo l`inventario di oggetti. Le foibe devono rimanere un hobby personale. Così, come privata cittadina, non ha più nemmeno la possibilità di accedere agli archivi. Magari, se le autorità italiane le dessero una mano…

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