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Slovenia-Croazia ai ferri corti (Osservatorio Balcani 23 dic)

Da Osijek,  scrive Drago Hedl

Il veto sloveno sui negoziati di adesione di Zagabria all'Unione Europea e le reazioni in Croazia. La posizione delle forze politiche, la delusione dell'opinione pubblica e le minacce di boicottaggio commerciale. Al minimo storico i rapporti tra i due vicini

La nazionale di calcio croata ha disdetto il suo ritiro alle terme slovene di Čatež, dove si recava regolarmente negli ultimi anni, e i giovani atleti sloveni di karate non hanno partecipato al torneo di natale di Zagabria. In Croazia si fa sempre più forte l'invito a boicottare i prodotti sloveni e gli sciatori vengono invitati a scegliere altre mete per le loro vacanze sulla neve. I doganieri sloveni, dal canto loro, sabato scorso hanno rallentato il ritmo di lavoro creando una colonna di 10 km alla frontiera, così l'attesa per entrare in Croazia ha superato le tre ore. Su Facebook, infine, è iniziata una vera e propria guerra telematica tra croati e sloveni; i rapporti tra i due paesi non hanno mai raggiunto un punto così basso dalla loro indipendenza dalla Jugoslavia nel '91.

L'origine di tutto è il blocco dei negoziati croati per entrare in Unione Europea. La Slovenia ha posto il suo veto per impedire a Zagabria di chiudere i capitoli di negoziazione nel 2009, cosa che permetterebbe alla Croazia di diventare stato membro nel 2010 o 2011. Ora queste date sono state messe seriamente in discussione. Uno dei due obiettivi di politica estera del premier croato Ivo Sanader – l'entrata del paese nella Nato e in Ue – è bloccato dal continuo rifiuto sloveno, che impedisce a Zagabria di chiudere cinque capitoli e aprire gli ultimi dieci.

Alla conferenza intergovernativa dello scorso 19 dicembre, nonostante le pressioni di alcuni stati membri, primo tra tutti la Francia, che voleva chiudere il suo semestre di presidenza permettendo a Zagabria di aprire i restanti capitoli, gli sloveni sono rimasti inflessibili. Ora, se la Slovenia non toglierà il suo veto in tempi brevi – prospettiva difficile – la Croazia non potrà più concludere i negoziati nemmeno entro la fine del 2010, perché dovrà aspettare la formazione della nuova Commissione europea.

Anche se la Zagabria ufficiale non nasconde la delusione per la linea slovena, i principali funzionari croati si dicono ancora ottimisti per riuscire a prendere il treno per Bruxelles. “Il blocco dei capitoli è una mossa senza precedenti nella storia dei negoziati di adesione dell'Ue”, ha dichiarato il premier Sanader, mentre Vesna Pusić, presidente del Consiglio nazionale per i negoziati con l'Ue, ha aggiunto che “non vede quale vantaggio possa trarre la Slovenia dal blocco imposto alla Croazia”. Il capo dell'opposizione parlamentare, il socialdemocratico Zoran Milanović, afferma che “la decisione slovena rovina i rapporti bilaterali croato-sloveni oltre che tutti i legami e le relazioni tra i due paesi”.

La Slovenia ha minacciato il blocco dei negoziati per fare pressioni sulla Croazia relativamente alla questione dei confini. Dopo che tuttavia Zagabria, su consiglio della Francia, ha rilasciato una dichiarazione pubblica al riguardo per accontentare Lubiana, gli sloveni hanno richiesto che la Croazia non usasse le carte catastali e altri documenti per l'arbitrato internazionale rivolto a risolvere la questione del confine. Zagabria, però, non ha potuto accettare perché così, nell'affrontare la disputa, sarebbe rimasta senza nessun argomento.

Per la Croazia l'accesa questione non ha solo implicazioni politiche, ma anche finanziarie, visto che il rating creditizio del paese non sarebbe lo stesso nel caso in cui Zagabria riuscisse a chiudere i negoziati con l'Ue entro il prossimo anno. La tattica del premier Sanader è quella di passare la palla e mostrare che la Croazia è “più europea della Slovenia”. “Noi non ricatteremo mai i serbi come fanno ora con noi gli sloveni”, ha dichiarato il premier Sanader, volendo evidenziare la differenza tra il comportamento attuale di Lubiana e quello che avrà Zagabria nel momento in cui la Croazia, in qualità di futuro membro dell'Ue, dovrà decidere del destino europeo della Serbia.

Sanader si è anche opposto pubblicamente agli inviti al boicottaggio dei prodotti sloveni, comparsi dopo l'imposizione del veto da parte di Lubiana. Nei negozi croati ci sono diverse merci provenienti dalla vicina Slovenia, dagli elettrodomestici agli articoli alimentari e tessili, ai cosmetici, ai medicinali. La catena slovena Mercator ha i suoi supermercati nelle principali città croate, e la compagnia petrolifera Petrol ha le sue pompe di benzina nelle strade della Croazia.

Si ritiene che lo scambio commerciale di quest'anno tra Croazia e Slovenia possa raggiungere i tre miliardi di dollari. Nei primi mesi del 2008 la Slovenia ha esportato merce in Croazia per un valore di 1,4 miliardi di dollari, e la Croazia ha esportato in Slovenia per circa 920 milioni di dollari. Gli sloveni hanno un significativo avanzo di quasi mezzo miliardo di dollari, e coloro che invitano a boicottare i prodotti sloveni contano sul fatto che la diminuzione dell'esportazione in Croazia potrebbe cambiare la decisione dei vertici politici di Lubiana sull'entrata della Croazia nella Ue.

Gli analisti fanno notare che gli inviti al boicottaggio di alcuni prodotti non hanno mai dato risultati e portano ad esempio la Serbia, che più volte ha invitato i suoi cittadini a boicottare i prodotti di Slovenia e Croazia, in ultimo dopo il riconoscimento del Kosovo da parte di questi due paesi.

Al di là dei sentimenti antisloveni o anticroati che si sono accesi dalle due parti del confine, e dei tentativi di stemperare la tensione, di fatto i rapporti Zagabria – Lubiana sono ai minimi storici. Gli analisti concordano sul fatto che tale situazione nelle relazioni tra i due paesi si rifletterà anche sui rapporti tra i cittadini, che si inaspriranno e incrineranno per molto tempo. Diversi osservatori sottolineano infatti che, mentre le relazioni economiche si sistemano velocemente dopo le tensioni politiche, quasi dalla sera alla mattina, per ristabilire le relazioni tra i popoli di due stati occorre un tempo più lungo, indefinito.

 

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