BELGRADO\ aise\ – Visto il profondo legame che unisce Goldoni a Venezia, e visto il profondo legame che lega Venezia all’Oriente, nella variegata ma unitaria produzione teatrale goldoniana non poteva certo mancare un confronto con il mondo orientale. E questo avviene non soltanto con il celeberrimo "Impresario delle Smirne", ma anche, ed in maniera più specifica ed approfondita, con la meno conosciuta ma potente "Sposa persiana", primo tassello di una trilogia che annovera anche "Ircana in Julfa" e "Ircana in Ispan", senza dimenticare lo spassoso libretto buffo della "Lucrezia romana in Costantinopoli", il cupo dramma in musica "Oronte re dei sciti" o le tragi-commedie de "La Dalmatina" e "La bella Giorgiana".
Nasce da questi presupposti la conferenza spettacolo di Angelo Savelli "Ad Oriente di Goldoni", che l’Istituto Italiano di Cultura di Belgrado ha voluto portare anche in terra serba, in occasione del terzo centenario della nascita del grande genio teatrale goldoniano.
La conferenza-spettacolo, che si terrà giovedì, 10 maggio, alle ore 20.00, presso il teatro "Bosko Buha" di Belgrado, propone allo spettatore un viaggio esemplare e divertente attraverso le opere su elencate, ancorandole didatticamente ai grandi temi sociali del teatro goldoniano, alle riflessioni sul "meraviglioso" e sul "realismo" nella riforma goldoniana e al quadro generale dei rapporti tra Oriente ed Occidente, tema oggi di scottante attualità.
L’evento, che si svolgerà con la consulenza di Sirio Ferrone, professore ordinario di Storia dello spettacolo nella Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze, vedrà Angelo Savelli prima nella veste di relatore e poi di regista, a dirigere i tre attori della sua compagnia Pupi e Fresedde di Firenze – Massimo Grigò, Marzia Risaliti e Andrea Bruno – che calcheranno le scene del teatro con i costumi e tra gli elementi scenici di Mirco Rocchi.
La conferenza/spettacolo è un intervento didattico a carattere spettacolare che la compagnia Pupi e Fresedde utilizza da molti anni nel quadro delle sue numerose attività indirizzate al mondo della scuola e, più in generale, in molte iniziative di promozione della cultura italiana presso i più svariati pubblici italiani e stranieri. Attraverso questo strumento sono stati affrontati autori ed argomenti tra i più rappresentativi della nostra storia letteraria e teatrale: Ariosto e la commedia erudita, la commedia dell’arte e la riforma di Goldoni, Pirandello e il Teatro umoristico del Novecento, la letteratura dell’Italia Unita, poesia ed impegno politico in Machiavelli e Pasolini, Galileo e la nascita della scienza moderna, ecc.
La conferenza/spettacolo si gioca su due piani. Da una parte lo spettatore assiste ad una vera e propria lezione – concepita e tenuta dal regista della compagnia servendosi delle indicazioni di un esperto – su un particolare personaggio o una specifica tematica, scelta di preferenza tra quelle in cui si integrano esemplarmente storia, letteratura e teatro. Dall’altra la lezione è intercalata da alcuni interventi spettacolari esemplificativi del tema trattato, realizzati da tre attori della compagnia, con qualche costume e un po' d'attrezzeria. Questi interventi, anche se basati sulla lettura e la recitazione di testi letterariamente e storicamente importanti, tendono a privilegiare brani divertenti o particolarmente espressivi, al fine di compensare il taglio più didattico del relatore.
Dieci i capitoli della conferenza spettacolo "Ad Oriente di Goldoni", che si apre con un omaggio alla Turchia ed alla sua città simbolo: Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul. Attraverso il variare del nome di questa affascinante città si ripercorrono rapidamente i momenti salienti della sua storia e di tutta la Turchia, sottolineandone la diversità rispetto al resto del mondo arabo-orientale.
Nel secondo capitolo, irrompono in scena i tre attori che propongono una divertente e frenetica riduzione in quindici minuti dell’opera buffa "Lugrezia in Costantinopoli".
Al termine della breve rappresentazione, il relatore mette in evidenza i limiti evidenti di questo primo approccio all’Oriente di un Goldoni apprendista autore, appena trentenne. È questa l’occasione per raccontare gli esordi del grande drammaturgo veneziano attraverso una sorta di dialogo/intervista tra il relatore e uno degli attori chiamato ad impersonare Goldoni. Si arriva così immediatamente al cuore della poetica goldoniana, lucidamente e programmaticamente riassunta dallo stesso autore nella famosa formula "Mondo e Teatro".
Nel quarto capitolo, il termine "Mondo" offre l’occasione per una breve ma fondamentale digressione sul mondo di Goldoni, cioè Venezia, di cui viene messa in risalto la sua funzione storica di Porta d’Oriente ed il ruolo propulsore e poi decadente della sua borghesia mercantile.
Subito dopo, è il termine "Teatro" ad introdurre al teatro veneziano del Settecento, dominato dall’opera in musica e tramonto della Commedia dell’Arte, con la sua struttura schematica e ripetitiva.
Nel sesto capitolo si approfondisce la tematica della riforma goldoniana della commedia, che non viene dall’esterno per motivi ideologici di tipo illuminista, ma nasce dall’interno del lavoro stesso del palcoscenico come valorizzazione e ottimizzazione delle risorse delle compagnie teatrali che rischiavano di perdere pubblico e credibilità. Una riforma e non una rivoluzione che si fa per gradi, attraverso soprattutto una pedagogia degli attori e delle attrici. Il legame tra Teatro e Mondo è reso evidente dalla funzione che svolge nella riforma goldoniana della commedia la trasformazione del personaggio di Pantalone da scurrile macchietta comica a carattere sociale rappresentativo della classe commerciale veneta.
Il risultati della riforma goldoniana vengono documentati, nel capito sette, dal grande successo dei suoi capolavori. Il relatore e gli attori citano ciascuno il suo testo preferito con le sue caratteristiche più salienti. È questa l’occasione anche per citare l’abbandono di Venezia dopo le polemiche con il Gozzi e la morte a Parigi del nostro autore.
E siamo all’ottavo capitolo. Il realismo e la credibilità di personaggi e situazioni, introdotti da Goldoni nella sua drammaturgia veneziana, valgono anche per le nuove opere di sfondo orientale, che risultano più accurate. Goldoni stesso ammette di essersi ben documentato attraverso la lettura di opere di argomento orientale e attraverso le testimonianze dei numerosi viaggiatori e mercanti che facevano la spola tra Venezia e l’Oriente. I tre attori offrono un’esemplificazione di questa nuova sensibilità leggendo alcuni brani scelti dalla Trilogia de "La sposa persiana" e delle altre opere orientali.
Nel penultimo capitolo, si ricorda una curiosa opera orientale di Goldoni, "L’impresario delle Smirne", in cui l’autore documenta un nuovo fenomeno emergente alla fine del Settecento: l’interesse turco per lo spettacolo occidentale, soprattutto per il melodramma. Si coglie l’occasione per documentare la presenza nella Turchia di quegli anni di una particolare forma di teatro popolare di grande successo, l’Ortaoyunu, che ricorda da vicino le tipologie e le situazioni della Commedia dell’Arte.
La conferenza si conclude, infine, con i tre attori che recitano una breve e divertente sintesi de "L’impresario delle Smirne".
Ai tempi di Marco Polo, Venezia, grazie ai suoi traffici commerciali, era diventata l’indiscusso punto d’incontro tra le culture dell’estremo oriente, del nord Europa e di tutto il bacino del Mediterraneo. Venezia "porta d’Oriente" fece conoscere a tutta l’Europa la fastosità delle terre che dominava o con cui aveva contatti. La tolleranza era la base di ogni rapporto. Venezia coglieva gli aspetti migliori delle culture "forestiere", li acquisiva e adattava, dando luogo ad una pratica di convivenza tra le culture di cui troveremo splendidi esempi non solo nelle architetture della basilica di San Marco e nel Palazzo Ducale, ma anche in altri campi come la cucina, la musica, la pittura, la letteratura, il diritto. Ma nel 1492 Cristoforo Colombo giungeva nel nuovo mondo. Quella data cominciò a segnare, in modo impercettibile ma inesorabile, la fine della Serenissima. Lo spostamento dei commerci fuori dal bacino del mediterraneo relegò col tempo Venezia ad un ruolo limitato all’Adriatico e più emarginato rispetto al commercio mondiale che si spostò sui grandi porti dell’atlantico. Ad Occidente prese campo la potenza spagnola, ad Oriente l’impero Ottomano. La vittoria di Lepanto sui turchi riesce a garantire alla Serenissima un ulteriore periodo di prosperità ma non ad invertire il processo di decadenza. Anche la mentalità cambia. L’elemento "straniero" soprattutto orientale non è più fonte di scambio reale ma eccentrico esotismo da mostrare come moda o come simbolo di supremazia colonialista. Nel Settecento, una classe politica imbelle, un patriziato economicamente esausto e culturalmente prigioniero di vuote convenzioni, una borghesia attiva ma priva di rappresentanza, trascinano la città tra feste e splendori fino alla vigilia delle rivoluzioni americana e francese ed al fatale ciclone napoleonico.
Pochi artisti come Carlo Goldoni (1707-1793) sono riusciti ad essere specchio della loro cultura e della loro società, in maniera così lucida, complessa ed efficace da travalicare il campo specifico del teatro per assurgere al podio di testimoni e critici del proprio tempo. Fautore di una epocale riforma teatrale che consegna ai secoli successivi il grande teatro realista borghese, condivide con la sua epoca le contraddizioni tra spinte reazionarie e aspirazioni rivoluzionarie, tra moralismo e cinismo, e, nel teatro, tra gusti melodrammatici ed innovazioni realistiche, tra maschere e caratteri psicologici, tra lingua e dialetti. Ma su ogni ambiguità trionfa la grandezza della sua scrittura teatrale, frutto di una lucida ed etica consapevolezza drammaturgica e di una straordinaria conoscenza della tecnica teatrale appresa a diretto contatto con la polvere del palcoscenico. (aise)