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El Mago de Umago (Il Piccolo 11 gen)

di PINO ROVEREDO

I rumori e le tracce della festa girano ancora dietro le spalle, e dentro resiste l'illusione di qualche mutanda rossa, il piacere di un bacio sotto il muschio, e le luci intermittenti di un albero che dobbiamo ancora disfare. Davanti invece iniziano a muoversi e incrociarsi i pronostici di una folla di astrologi, «butta carte» e fattucchieri che per l'anno in corso hanno assicurato: salute al Capricorno, soldi al Sagittario, soddisfazioni per l'Ariete, rivoluzioni per la Vergine, tradimenti per lo Scorpione, e momenti difficili per quelli nati sotto il segno della Bilancia. Salvo poi, tra dodici mesi, scoprire che quelle previsioni, come sempre, si sono confuse le stelle e hanno sbagliato mira! E allora, per evitare il peso di una delusione e dare un senso concreto alla speranza, sono andato a trovare uno che da anni le profezie le tratta con la decenza della professione e la serietà di una grande, grande riflessione.

Caro Mago de Umago, per i nostri lettori, potrebbe darci qualche previsione per l'anno in corso? Una roba seria però…

«Se l'omo entro el 2009 no finirà de far macacade cole tomiche, de far inclinamento, far busi intei zoni, sbisigar coi gromisomi, cior supposte effervescenti inveze che magnar verdura, pioverà 77 giorni de fila, e pioverà varechina, ciodi ruzini e scovaze de betola! E se in Europa no cambia sti euri, sarà una granda carestia de luganighe, e no cresserà più el cren! E lora magnerè scovaze pai bidoni, ma i gatti sarà più svelti de voi e ve guanterà el pranzo sotto el naso»!

Insomma, un anno tremendo! Ma, qualcosa di positivo, niente?…

«Allora… Calerà el biglietto del tramway, aumenterà le pensioni, se fermerà l'inflasion, le banche te darà al 20 % de interessi, e de tutta la uva del mondo, bianca, nera, rossa, vignirà fora solo che malvasia istriana».

Bene, bene. E per Trieste cosa si prospetta?

«Intanto spero che el sindaco me dia una casa dei Acp. Trieste inveze, grazie a i istriani, la diventerà sempre più bela. Difatti, nel 2009, i istriani regaleranno bori a capeli: par le strade, nelle case, nelle buteghe magnative, dapertuto… E per tutti allora sarà la fine del mondo»!

Signor Mago, scusi se approfitto, non è che ha sottomano una piccola previsione anche per me?…

«Sicuro! Penso che te scriverà un altro libro, un libro de monade, come el tuo solito. E vedo qua, che te vinzerà tanti premi, forsi anche el Nobel.. Ecco, anche quela volta volerà dir che sta per 'rivar un'altra fine del mondo!»

Sull'ipotesi di quella «catastrofe» finisce il pronostico, termina il gioco, e il Mago di Umago inizia a togliersi la pelle del recitante. La testa acquista il benessere dei capelli, il naso che sembra finto, rimane al suo posto, e uno straccio toglie le rughe dal viso. Poi, via gli abiti consumati, i guanti bucati, e la collana di «luganighe» dal collo, e il Mago, cioè Alessandro Davia, è pronto per scendere dalla recita e andare incontro alla sua vita.

Allora, finito di lavorare?…

«No, il mago non è un lavoro, è solo un piacevole passatempo. Io nella vita faccio il bidello. Per anni ho fatto anche l'impiegato, tipo "fantozziano", quello del "Signorsì" e "Sissignore", ma non reggevo, e allora ho mollato tutto e sono scappato via. Così oggi ho la fortuna di svolgere un lavoro che mi permette di stare in contatto con la gente, soprattutto con i ragazzi, e la sera, col mio "mago" e la mia "colonna sonora", il mitico Gianfri alle tastiere, andiamo per locali, e lì, ci divertiamo divertendo».

Ma com'è il Mago di Umago quando interpreta la vita?

«Credo di essere una persona molto schietta e diretta, che nonostante i pensieri che girano ha voglia di accompagnarsi la vita col sorriso. Certo, anch'io ho le mie belle stanchezze, ma per fortuna ho chi sa abbracciarle quelle mie tristezze: mia moglie Paola e mia figlia Alice. Anzi, a volte le mie malinconie diventano il motivo di una presa in giro, così, anche in quei casi, riusciamo a divertici, divertendo».

La gente ha voglia di ridere?

«Sì, la gente ha anche voglia di ridere, perché in certi momenti la risata è una salvezza e sollevare uno stato d'animo mi procura una gioia immensa, e mi sento come un dottore che distribuisca la medicina del buonumore. Ma la cosa che mi sorprende di più è che molta gente continua a vedere e rivedere il mio spettacolo, qualcuno due giorni di fila. Gente che si diverte per le malignità del mago, e per la rabbia di Iolanda, l'altro mio personaggio, una sessantenne che sa tutto di tutti e che per colpa del marito ce l'ha su con tutti gli uomini del mondo. Guarda qua, le ho appena comprato gli abiti di scena…» (una maglia con le stelline e un paio di collant)

Alessandro Davia l'ho conosciuto quand'era ragazzino. Allora, si abitava porta a porta nelle case (quelle che il mago chiama case degli Acp) di via Valmaura, parlo di quelle che abbracciavano e continuano ad abbracciare il fumo dell'Italsider. Con la madre Alma e il padre Attilio, ci si scambiava il piacere della chiacchiera e del caffè, e in quelle fermate lui passava col sorriso e la gentilezza del ragazzo timido e educato, talmente timido che, anche esagerando con la fantasia, non mi sarei mai immaginato di vederlo da adulto nell'agilità e allegria dei personaggi che porta in scena.

Da dove viene questa passione per lo spettacolo?

«Da mio padre che mi ha fatto conoscere il piacere del teatro. Lui ha fatto l'attore dilettante per il Teatro della Barcaccia, e così mi ha contagiato la passione, tanto che per anni ho avuto la gioia di rappresentarmi sul palcoscenico dei Salesiani di via dell'Istria. Un teatro straordinario, dove le emozioni sono più importanti dei toni, e dove ho incontrato la ragazza che poi diventerà mia moglie, ho conosciuto persone meravigliose, e ho avuto l'onore di vivere dei grandi maestri di scena e di vita. Uno per tutti, il signor Carlo Fortuna, grande sceneggiatore e regista che ci ha lasciato poco tempo fa».

Se non ci fosse stato il mago, tu oggi cosa faresti?

«Sicuramente farei meno cose, e tutte col peso di una tristezza che distingue gli impiegati "fantozziani". E magari avrei gli stessi disturbi di stomaco che mi procurava un'ansia, e con tutte le agitazioni nel sonno che comportano. Da dieci anni invece dormo tranquillo, anche grazie all'amico che ho il piacere di portare in scena».

A proposito, ma come l'hai incontrato questo tuo amico?

«Grazie a un lavoro teatrale della Barcaccia che per beneficenza rappresentavamo alla Sala Tripcovich, lì, tra il pubblico, c'era una giornalista che poi mi ha segnalato a chi questo personaggio lo ha creato, parlo del grande Nereo Zeper. Subito dopo l'incontro, la partenza, e quindi questo viaggio che ormai va avanti da anni: lui a scrivere e inventare, io a vestire i suoi testi e a interpretare».

Ultima cosa, onestamente, ma quanto Alessandro Davia, crede a quel che dice sto benedetto Mago de Umago?

«A volte niente, a volte tanto, dipende da quello che mi conviene… Vedi, ad esempio, grazie a lui e come lui sono diventato un naturalista, poi detesto le cose troppo moderne, mi pianto i pomodori per conto mio, e a volte, soprattutto con certe persone, dico la verità, divento un tantino "acido". Come? Vuoi sapere con quali persone?… Varda, persone come ti, che le me impinissi la testa con tute ’ste domande! Mi no gò tempo per ’ste robe, perciò, se non ti vol che te mando una piova piena de ciodi ruzini, piculo, va per la tua strada e lassime che vado a ingrumar i ovi dele mie galline, prima che qualchedun no me li bechi! Ciaro?…»

Finita la seduta! Alessandro Davia torna a infilare i suoi guanti col buco e la sua collana alimentare, e se ne va brontolando il suo umore nuvoloso contro chiunque gli passi accanto. Io, con l'incertezza di chi non ha compreso bene cosa gli capiterà quest'anno, vado per la mia strada accompagnandomi con una mia vecchia perplessità: che astrologi, fate, indovini e maghi, appartengono tutti alla stessa bottega, quella buona di venderti il niente con la presunzione della verità. Mentre cammino, però, comincia a venir giù una pioggia col colore e l'odore della varecchina, poi passo davanti alla vetrina di un supermercato che con un cartello avvisa: «Cren esaurito». Sparsi negl'angoli signori indefiniti elargiscono banconote ai passanti, e sulla locandina di un'edicola leggo che il Governo ha abbassato le tasse, e che da oggi anche l'uva nera diventa Malvasia. Mi gira la testa!… E tutto per colpa de sto diavolo de un mago… de Umago!

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