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Mesic rimane in un’isola deserta (rinascitabalcanica.com 12 gen)

Dopo la crisi con la Slovenia che ha portato al blocco dei negoziati per l'ingresso il UE, la Croazia deve affrontare anche le questioni rimaste irrisolte con l’Italia. Roma infatti chiede giustizia per la cacciata di 350.000  italiani dalla Dalmazia, da Istria e dalla città di Fiume, e per l’antica ferita delle Foibe.  Occorre inoltre osservare che le porte dell’UE non saranno mai aperte ad uno Stato che ha cacciato oltre 250.000 serbi dalla Krajina, senza dare soluzione all’appropriazione illegale delle proprietà degli esuli.

Il conflitto tra Slovenia e Croazia culmina un paio di mesi fa, quando la mancata risoluzione della controversia sui confini territoriali del Mar Adriatico porta al blocco dei negoziati per l’adesione di Zagabria all’Unione Europea. La Slovenia infatti vuole che la questione delle frontiere sia decisa prima dell’ingresso in Europa della Croazia, ponendo così il veto al prosieguo delle trattative. In questo modo, tuttavia, sono stati fermati anche i processi di integrazione dei Paesi Balcanici, riaprendo le vecchie questione irrisolte tra Croazia e i Paesi della ex Jugoslavia. Accanto alla Slovenia, vi è anche l’Italia che chiede giustizia per la cacciata degli italiani da Dalmazia, Istria e Fiume, e per l’antica ferita delle Foibe. Occorre inoltre osservare che le porte dell’UE non saranno mai aperte ad uno Stato che ha cacciato oltre 250.000 serbi dalla Krajina, senza dare soluzione all’appropriazione illegale delle proprietà degli esuli. La Croazia non ha mai chiesto formalmente scusa per tutto ciò che ha fatto al popolo serbo, nè ha aperto alcun processo per i crimini compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso Tribunale Internazionale dell’Aja ha accusato Zagabria di aver occultato la documentazione dell’Operazione Tempesta al fine di proteggere l'immagine di un eroe nazionale, quale il Generale Ante Gotovina. Tutto questo getta molte ombre sulla Croazia e solleva altrettanti dubbi all'interno della Comunità Europea, chiedendosi se questa sarà o meno un partner affidabile con il quale costruire un rapporto continuativo nel futuro.

L'ultimo scontro con la Slovenia ha senz’altro peggiorato la situazione della Croazia. Dopo la "minaccia slovena" sia il Presidente Mesic, sia il Premier Sanader e tutto il popolo croato hanno risposto "a tono", con opere di boicottaggio della merce slovena, dei supermercati Mercator, degli elettrodomestici Gorenje. L'Associazione Mare Croaticum ha fatto appello ai cittadini croati di non acquistare la merce slovena dicendo : "Così paghiamo i politici sloveni che si comportano male verso la Croazia". Tattiche che tuttavia non hanno fermato la Slovenia, che ha bloccato 11 capitoli del road map per l’adesione UE. Giunti a quel punto, non vendendo altra soluzione, ha reagito il Premier Ivo Sanader che, nel tentativo di temperare la situazione, ha fatto un primo passo: "La croazia è pronta ad un dialogo serio, ma nello stesso momento non accetterà minacce ed esclusività. Il posto della Croazia in UE non si comprerà al costo del proprio territorio". Tuttavia Sanader dimentica che i veri problemi cominciano al confine con la Serbia, sulla frontiera nel fiume Danubio, su un territorio che da anni la Croazia considera come proprio, nonostante sia a tutti gli effetti di giurisdizione serba. Allo stesso modo, il Presidente Stipe Mesic, con le sue maniere di politico "senza compromessi" e di "menefreghismo", oggi chiede una riconciliazione con Slovenia e Italia per i crimini che sono stati perpetrati durante la seconda guerra mondiale, mentre solo un paio di mesi fa affermava che il problema tra Croazia e Slovenia non appartiene solo al popolo croato ma anche all’Unione Europea. "Lubiana non è più un problema di Zagabria ma di Bruxelless. Questo blocco avrà un forte impatto sulla produzione e su altri rapporti bilaterali tra Slovenia e Croazia", aveva affermato Mesic.

Così nella sua intervista al quotidiano italiano "Il Piccolo" di Trieste, Mesic ha dichiarato che si devono ammettere gli errori fatti in passato "per evitare che i revisionisti del secondo dopoguerra distruggano ogni possibilità di riconciliazione". Una dichiarazione d’amore, di pace, o di timore verso l’Italia verso la Slovenia, con la quale spera di chiedere quanto gli spetta.   E i serbi? Nella sua opera di conciliazione ha dimenticato di citare – con il solito menefreghismo – anche la Serbia, negando in questo modo anche la buona volontà di Belgrado, che ha chiesto scusa per i crimini compiuti verso il popolo croato e ora aspetta di avere una giusta compensazione delle proprietà prese con forza. E' evidente che la Croazia dimostra buona volontà per "la pace della coscienza" solo per interessi politici, e per quelli del popolo intero: dalle minacce alla pace, questa è la politica della Croazia.  Probabilmente pensa che con Slovenia ed Italia sarà più facile passarla liscia, proprio come è accaduto con la cacciata dei serbi, rimasta sempre dimenticata dai vertici politici e mediatici. Questa volta, tuttavia, è ben diverso, in quanto sia l'Italia che la Slovenia non sono Boris Tadic che chiede scusa facilmente. Le dichiarazioni di Mesic, infatti, non sono piaciute molto ai politici e ai giornali italiani, che hanno apertamente rifiutato l'offerta di conciliazione. Il suo gioco astuto è stato subito smascherato dai diplomatici delle rispettive controparti, non come quelli della diplomazia serba, persa nell'ambiguità.

Rispondendo a tono alle affermazioni di Mesic, che pongono come condizione alla pacificazione il riconoscimento che i crimini del fascismo sono stati di gran lunga più gravi di quelli dell’anti-fascismo, il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha ricordato le stragi delle forze comuniste di Tito come crimini altrettanto abietti. "Le forze di Josip Broz Tito hanno compiuti stragi orribili, mentre non sono state ancora chiarite le controversie per la compensazione degli esuli italiani, che durante la Seconda Guerra Mondiale furono cacciati dall’Istria e dalla Dalmazia. Il Governo italiano ha deciso che non si potrà parlare di alcuna riconciliazione, prima che non siano stati risolti tali problemi", afferma il Ministro Frattini nella sua risposta nei confronti di Mesic. "La questione morale è molto più importante, ma chiediamo anche una compensazione economica e finanziaria", aggiunge Frattini.  Allo stesso modo risponde Alleanza Nazionale, chiedendo “di quale revange parla Mesic, quando si sa bene che la Croazia era lo Stato degli Ustasha e Pavelic". Luciano Violante, esponente del centro-sinistra, osserva anch’egli che "il regime fascista ha compiuti molti crimini di guerra, ma questo assolutamente non giustifica i crimini di pulizia etnica commessi contro gli italiani di Istria e Dalmazia". Secondo Violante, la dicharazione di Mesic è un passo indietro nei rapporti bilaterali tra Italia e Croazia, consigliando così di non ripetere un simile errore in futuro. L'Italia infatti ritiene che almeno 350.000 esuli sono stati cacciati dalle loro terre dal regime comunista; Roma conferma che la maggior parte degli esuli erano persone che vivano da secoli in Dalmazia ed Istria ed erano estranei al regime fascista, mentre la dittatura di Tito ha sottratto loro le rispettive proprietà. D’altro canto, Croazia e Slovenia ritengono che la riparazione dei danni di guerra è stata risolta con la ratifica da parte della ex Jugoslavia dell’Accordo di Osimo nel 1975.

Dopo il rifiuto degli italiani, Mesic è stato respinto anche dagli sloveni, il quali hanno ventilato la possibilità di indire un referendum per l'entrata in UE della Croazia nel EU, come dichiarato da Samuel Zbogar, capo della diplomazia Slovena. Zbogar aggiunge inoltre che, in questo caso, la Slovenia potrà decidere se ratificare o meno l’ASA della Croazia, a seconda che intervenga i meno una risoluzione delle questioni della frontiera. Mentre il Premier sloveno Borut Pahor ha mostrato buona volontà di discutere il problema, il Presidente Danilo Turk ha rifiutato ogni proposta da parte della Croazia di tenere un incontro tra Slovenia, Italia e Croazia, ritenendo che non esiste nessun fatto storico su cui discutere per poi sottolineare la necessità di una riconciliazione. Non trovando nessun appoggio, se non da coloro a cui hanno fatto ancora più male (come la Serbia), Mesic è rimasto in un'isola deserta, perdendo anche le tappe in cui trovare rifugio per entrare in Europa.

Nella speranza che tali nostre osservazioni non scatenino nuove minacce e ritorsioni da parte dei quotidiani croati per aver "attaccato il loro Presidente" dopo che è stato ripetutamente criticato dalle sue controparti, possiamo chiudere il discorso sulla "riconciliazione alla maniera croata" con un antico proverbio balcanico: "Bisogna avere buoni rapporti con i vicini, come con i propri famigliari, perchè non si sa quando ti potranno servire". Forse la Croazia ha dimenticato questa massima, oppure non si considera come un Paese balcanico, ma già Europeo. Per aiutare Zagabria a non dimenticare, ricordiamo ai croati che i serbi hanno teso una mano, ma non l’hanno accettata!
 
Biljana Vukicevic

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