La guerra ormai condotta a colpi di clava tra Slovenia e Croazia è debordata ampiamente dai confini marittimi del Golfo di Pirano per investire addirittura la storia. Così al veto opposto nelle scorse settimane da Lubiana al prosieguo delle trattative tra Zagabria e l’UE, suggello dell’aspro contenzioso che vede contrapposti da alcuni anni i due Paesi ex jugoslavi, il presidente croato Mesic, nel corso di una “lezione” tenuta agli studenti dell’Università di Zagabria, avrebbe enfaticamente “ricordato” agli sloveni a chi dovessero la «liberazione» di Trieste, dell’Istria e del «litorale»: ai croati, naturalmente, senza i quali essi oggi guarderebbero il mare da venti chilometri di distanza – così si è espresso Mesic.
L’originale “lezione” accademica è peraltro accompagnata da una forte emotività politica e popolare: dopo il veto sloveno anche il premier Sanader e la cittadinanza hanno dato forti segnali di sdegno, sfociato in boicottaggi delle merci slovene. L’associazione «Mare Croaticum» (sic) ha fatto appello ai cittadini croati di non acquistare merce slovena, ritenendo così di punire «i politici sloveni che si comportano male verso la Croazia». Dunque, un fronte compatto, una intera nazione offesa: «La Croazia – sono parole di Sanader – è pronta ad un dialogo serio, ma nello stesso momento non accetterà minacce ed esclusività. Il posto della Croazia in UE non si comprerà al costo del proprio territorio».
Niente male per due nazioni che hanno condiviso lo spazio ideologico e statuale jugoslavo, con tutto ciò che ne è conseguito: oggi nemiche acerrime sulla soglia dell’Unione Europea, che peraltro non ha mancato di manifestare il suo fastidio per le diatribe insorte tra chi è già dentro e chi è ancora fuori. Ma, tornando alla “lezione” del Capo dello Stato croato, ciò che preme rimarcare è la visione straordinariamente parziale e riduttiva – usiamo degli eufemismi – della storia, nella quale non è chiaro a quale città e a quale regione egli si riferisca: non risulta che Trieste o l’Istria attendessero con trepidazione la «liberazione» da sloveni e croati che fossero, inquadrati nel movimento titino, e che abbiano esultato con sollievo al loro arrivo. Mesic interpreta la storia ignorandone i contesti e i protagonisti, nella fattispecie le città e le popolazioni giuliane: pertanto la sua “lezione” assume connotati surreali, come un copione nel quale non siano previsti i personaggi.
Su questo gli esponenti del centro-destra e del centro-sinistra, dal ministro Frattini all’on. Violante, sono concordi: detto in termini meno diplomatici, le esternazioni para-storiche sono improprie, e imbarazzanti per chi ne è l’autore che finisce per incorrere nell’autolesionismo. Come presentarsi così nei salotti buoni delle accademie, e dei circoli di Bruxelles?
Patrizia C. Hansen, Direttore di "Difesa Adriatica"
(il confine in Istria, simpaticamente rappresentato sul sito www.piemonte-istria.com)