di MAURO MANZIN
TRIESTE Riconciliazione? Sì, ad ogni costo, perché anche un atto simbolico può contribuire che l’area di Trieste, Lubiana e l’Istria comincino veramente a lavorare per un futuro comune ed europeeo. Maurizio Tremul, presidente della Giunta esecutiva dell’Unione italiana non ha dubbi. Purché sia un atto sincero e non solo un’esibizione politica.
La minoranza italiana in Jugoslavia per 50 anni è stata considerata la quinta colonna dell’irredentismo italiano, mentre in Italia veniva etichettata come una gruppo di traditori votati al regime comunista. Questa idea di riconciliazione lanciata dal presidente croato Stipe Mesic come la valutate?
«Per noi è un fatto assolutamente positivo. Crediamo cioè che un gesto di conciliazione che i tre capi di Stato possano rendere sui luoghi delle memorie delle violenze fasciste e comuniste che hanno sconvolto e segnato queste terre siano un fatto assolutamente importante per rendere giustizia, verità e pace, per costruire questo comune progetto di casa comune europea che tutti quanti perseguiamo».
Quindi un atto di rottura con il passato, che renda finalmente giustizia verso un’alba che guardi a un futuro comune europeo?
«Certo, noi che siamo il prodotto come gli esuli di ciò che è stata la contrapposizione su questo territorio e che abbiamo vissuto sulle nostre pelli decenni di violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, non dimenticando che la Jugoslavia ha violato i trattati di pace e gli accordi internazionali quando non ha attuato anche gli articoli importanti del Trattato di di Parigi che garantivano la libertà di opinione e di espressione, nella prospettiva del 2009 di un’Europa unita che comprenda quanto prima anche la Croazia, questo gesto di riconciliazione è fondamentale».
Deve essere così come lo propone Mesic?
«Se deve essere così come lo propone Mesic o qualcun altro non lo so. Credo che debba essere un gesto di reale contrizione, di reale umiltà di tutti di fronte alle colpe fatte e subite, di fronte ai torti fatti e subiti senza porre condizioni, ma deve essere un grande gesto di fede e contrizione umana».
Il presidente sloveno Türk dice che non c’è bisogno di alcun atto di riconciliazione visto che Italia e Slovenia fanno parte dell’Unione europea. Però poi attacca l’Italia dicendo che ha poca sensibilità nei confronti dei crimini perpetrati dal regime fascista e cita i campi di prigionia di Gonars e di Arbe ma non cita le foibe. Qualche cosa non va?
«Io credo che come è stato ribadito, nazismo e fascismo siano stati un male assoluto perché hanno perseguito l’asservimento delle nazioni, l’asservimento dei popoli, hanno calpestato i diritti umani e hanno violato la vita, l’esistenza, l’integrità umana. Ma i regimi totalitari comunisti non sono stato da meno. Nel perseguire la liberazione dei popoli, la liberazione dell’uomo hanno in realtà asservito, hanno schiavizzato l’uomo, nel corpo e nella mente, hanno violato la vita, hanno infranto e negato i diritti umani e le libertà fondamentali. Quindi non possiamo vedere le cose se non in un’ottica complessiva».
Allora come deve essere questa riconciliazione?
«Io ritengo che debba essere una cosa sentita e costruita realmente, ma non utilizzata come strumento di politica spettacolo. Io credo che l’Italia abbia fatto un lungo percorso sulla strada dell’analisi del fascismo, di quali danni e obbrobri il fasacismo ha fatto. Ci sono molte pagine scritte dagli storici a questo proposito. Vi è quindi un percorso che l’Italia ha fatto di ripensamento su questo».
Altri però sembra che questo processo non l’abbiano fatto o non vogliano farlo…
«Un ripensamento, una rianalisi, che non significa revisionismo, di ciò che sono stati i crimini dettati dal comunismo e dal regime totalitario jugoslavo non credo che sia stato fatto in maniera altrettanto adeguata. Mi sembra che questo ragionamento e il discorso di un debito etnico debba valere per tutte le parti. Bisogna prima fare i conti con la propria storia, il proprio passato, e poi, caso mai, chiedere ad altri di fare altrettanto. Io credo che questo percorso di analisi di ciò che è stato il regime comunista non sia stato fatto ancora pienamente».
Lei è d’accordo con Mesic che fascismo e antifascismo non vanno messi sullo stesso piano?
«Ci sono dei valori importanti. Chi è stato antifascista, chi ha combattuto un regime come il fascismo ha consentito oggi di avere un’Europa libera. C’è stato però chi ha combattutto contro il fascismo nel nome di un altro regime che poi è stato instaurato e che ha asservito e schiavizzato per decenni una parte importante dell’Europa. Il merito di aver sconfitto il fascismo ha dunque anche la grande responsabilità storica di aver messo sotto il giogo antidemocratico, illiberale, dittatoriale e totalitario una parte dell’Europa per tantissimi anni e, dalle nostre parti, di aver dato vita al regime jugoslavo che ha espulso una parte importante della popolazione dalle nostre terre».
(fonte Mauro Manzin su Il Piccolo)
(Maurizio Tremul, presidente della Giunta esecutiva dell'Unione Italiana, il sodalizio della minoranza italiana in Croazia. Nella foto è a sinistra, con Frattini, Radin e Gottardo)