ZAGABRIA La Commissione europea ha deciso di offrire la propria mediazione ai due eterni litiganti, Croazia e Slovenia, i cui bisticci sul confine nel Golfo di Pirano – e dopo il veto di Lubiana – hanno di fatto bloccato l’avanzamento di Zagabria verso l’Europa comunitaria.
È stato il commissario europeo per l’Allargamento Olli Rehn a fare visita mercoledì alle due capitali, dove ha incontrato le rispettive dirigenze statali per esporre loro il piano di mediazione concordato con il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. Un piano di cui nessuno ha voluto rivelare il benché minimo dettaglio, un atteggiamento spiegato ieri dalla portavoce di Rehn, Krisztina Nagy. «Credo che nella soluzione di questioni politiche delicate, ci siano momenti propizi per la diplomazia alla luce del sole e momenti per la diplomazia riservati. Siamo in una fase – ha dichiarato – in cui la diplomazia deve lavorare a fari spenti, senza fornire alcuna informazione all’opinione pubblica».
Il finlandese Rehn è stato dapprima a Lubiana, dove ha incontrato il premier sloveno Borut Pahor. Una visita programmata, al termine della quale il primo ministro ha ripetuto che «la Slovenia continua a insistere affinché la Croazia, nelle sue trattative di adesione con l’Unione europea, ritiri quei documenti che potrebbero pregiudicare la fissazione dei confini tra i due Stati». «Documenti – ha aggiunto Pahor – di cui Zagabria non dovrebbe fare uso nemmeno nel caso si facesse ricorso a un arbitrato internazionale sui confini».
Esaurita la tappa lubianese, Rehn ha fatto mercoledì sera un’improvvisata a Zagabria, cogliendo praticamente di sorpresa le massime autorità statali croate. Ha avuto colloqui con il capo dello Stato Stipe Mesic e con il premier Ivo Sanader, dopo di che è ripartito per Bruxelles, per rendere conto a Barroso e alla Commissione europea sugli esiti della missione-blitz. Interpellato dai giornalisti, il presidente della Repubblica ha chiarito una cosa, ossia che Rehn non è giunto nella capitale croata facendo da cassa di risonanza delle posizioni slovene. «Ho detto al mio interlocutore – così Mesic – che le due parti si sono trincerate dietro posizioni che paiono evidentemente inconciliabili. Da parte nostra proponiamo l’unica cosa logica e cioè che Slovenia e Croazia si rivolgano a un’istanza internazionale. Parlo della Corte di Giustizia dell’Aja. È un organismo imparziale, che applica le convenzioni internazionali. La Croazia, questo è certo, si è impegnata ad accettare qualsiasi verdetto, positivo o negativo che sia per noi».
Rispetto a Mesic, il capo del governo ha usato parole che sembrano chiudere la strada a ogni compromesso: «La Croazia non può accettare quanto chiesto da Lubiana, ossia di stracciare i propri documenti probatori, da esibire in caso di arbitrato. Infatti, la Corte internazionale di Giustizia chiederebbe alle due parti di prendere visione di tutti i documenti importanti, al fine di emanare un’equa sentenza. È questo uno dei principi del Diritto internazionale. La richiesta slovena è invece antieuropea. Sia chiaro che la Croazia entrerà nell’Unione europea, senza dovere per questo fare concessioni territoriali ai Paesi vicini».
Se il contenzioso sul confine del golfo piranese sta ostacolando il cammino della Croazia verso l’Europa unita, non così si può dire per la sua adesione alla Nato. La Commissione esteri del Parlamento sloveno ha respinto ieri la proposta del Partito popolare, che intendeva togliere dall’ordine del giorno della prossima sessione parlamentare la ratifica del protocollo di adesione della Croazia all’Alleanza atlantica. Il premier Pahor ha dichiarato che non vi è alcun motivo per non procedere alla ratifica, atto che dovrebbe avvenire la prossima settimana. «Il processo di adesione alla Nato – ha precisato Pahor – è diverso da quello riguardante l’Unione europea e dunque la nostra vertenza sui confini non può in alcun modo influire sulla ratifica del protocollo».
Alcune settimane fa a ratificare il documento era stato il Parlamento italiano.
Andrea Marsanich