di Francesca Fanelli
ROMA – Se lo chiamate un sogno senza confini, non sbagliate. Ma loro, in realtà, vorrebbero non rimanesse solo un sogno. Ed è per questo che – avvocati e carte legali sotto mano – hanno messo per iscritto, già da un po’, il loro progetto. La Fiumana vuole tornare a essere una squadra di calcio e giocare in un campionato professionistico italiano. Ripartendo da Torino, mente e cuore di questa rinascita. Lo fa da qualche mese e, domani a «Chi l’ha visto?» (Rai3, dalle 21), ne parlerà la rubrica «Dove sei?» con un servizio di Mario Sagna che ripercorrerà tra storia, pallone e necessità sociali le tante implicazioni di Fiume e della Fiumana. Non ci sono solo personaggi passati e recenti dell’Italia del calcio dietro tutto questo. Ma un fenomeno che attraverso il tam tam mediatico, internet e quanto altro fa tecnologia, ha raccolto proseliti e affezionati sparsi in tutto il mondo (dall’Europa all’America) e fatto di un’idea un progetto.
Nei giorni scorsi al Consiglio Federale della Figc è stata presentata l’istanza per la riammissione della storica squadra di Fiume, il Consiglio non si è ancora espresso. E le sensazioni sono diverse. Nel gruppo dei rifondatori, l’allenatore Sergio Vatta, il fratello Antonio e il figlio di Sergio, Luigi che è avvocato e che ha curato tutta la parte legale e che « fa affidamento sulle leggi dello Stato italiano – 17/52 e 763/81 – che stabiliscono una tutela per i profughi di Fiume e la Dalmazia per i vari settori dell’attività giuridica e della vita sociale e stabiliscono il diritto per gli esuli di ripristinare le condizioni di vita prima dell’esodo».
La squadra di calcio degli esuli Istriani e Dalmati vorrebbe nel prossimo campionato giocare nella Prima Divisione della Lega Pro, l’ex C1. Per anni a caccia di talenti (Vieri, Lentini e Buffon, per esempio), tecnico della primavera del Torino, adesso, a 70 anni, Sergio Vatta è pronto a lanciarsi in questa avventura. Insieme al fratello ha rilevato i titoli sportivi: « Siamo gli eredi della gloriosa Unione Sportiva Fiumana – ha spiegato Vatta – squadra che giocò il suo ultimo campionato nel 1943. Poi con la guerra e l’occupazione di Istria e Dalmazia da parte della Jugoslavia cessarono tutte le attività. Oggi rinasce e vuole essere la squadra di tutti gli esuli di quelle terre».
Corsi e ricorsi. Da oggi a ieri in un soffio. Ezio Loik, Valentino Mazzola, Eusebio Castigliano e Franco Ossola hanno vestito i colori di Fiume, l'amaranto, il giallo e il blu. Quando, per via della guerra i campionati furono sospesi molti calciatori per allenarsi partecipavano a tornei amatoriali, da bar. A Busto Arsizio il 'Bar Fiume' mise su uno squadrone, con Valentino Mazzola e altri compagni del Grande Torino, a cui si aggiunsero l’interista Frossi e Molina e Turconi della Pro Patria Molina. Questo precedente salda il rapporto tra Fiume e Torino: legame sportivo – diversi calciatori fiumani vestirono le maglie di Toro e Juve, da Ezio Loik, a Mario e Giovanni Varglien, a Marcello Mihalich – e sociale, tantissimi fiumani furono nel dopoguerra profughi a Torino, dove misero al servizio delle industrie torinesi le loro spiccate professionalità. Basterà?