ANVGD_cover-post-no-img

A Basovizza per non dimenticare (Il Piccolo 11 feb)

di MATTEO UNTERWEGER

«Ci unisce oggi il sacro dovere del ricordo e lo assolviamo qui, dove iniquità e ferocia hanno ucciso i nostri fratelli, precipitati poi nel buio di questa voragine. Non si può permettere che il tempo cancelli i loro nomi». Un appello sentito, toccante, a non dimenticare le vittime del dramma delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle tragiche vicende del confine orientale: un silenzio attento e rispettoso ha scortato le parole del vescovo di Trieste, monsignor Eugenio Ravignani, durante la cerimonia di ieri mattina alla Foiba di Basovizza. Il momento più alto delle celebrazioni organizzate per il ”Giorno del Ricordo”, durante il quale il vescovo ha voluto anche mettere in evidenza come il sacrificio degli infoibati debba servire da «monito per le generazioni future, affinché mai si ripeta questa tragedia». Proprio perché sulla violenza «nulla si potrà costruire» in futuro.

Prima della santa messa, le decine di persone presenti hanno cantato senza eccessi l’inno di Mameli al momento dell’alzabandiera e salutato la deposizione da parte delle autorità presenti di alcune corone in memoria dei martiri delle foibe. In testa al gruppetto dei rappresentanti istituzionali, il prefetto Giovanni Balsamo ed il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Come annunciato, non c’era il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, ancora a Roma dopo aver ricevuto il premio dall’Anvgd: a rilevarlo è stato il presidente del Consiglio comunale, Sergio Pacor.

Tra il pubblico, infreddolito da una pioggia prima fine fine e poi insistente, oltre alla presenza di chi il dramma l’ha vissuto sulla propria pelle o attraverso le indelebili sofferenze patite da qualche familiare, si è notata la partecipazione di un buon numero di studenti provenienti da alcune scuole superiori della provincia. Quasi una risposta implicita all’appello del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che anche ieri ha ribadito l’auspicio per una verifica sui libri di testo da parte del Ministero dell’Istruzione. Una richiesta anti-negazionista, scaturita evidentemente dalla volontà di porre rimedio ad anni di silenzio. E la maggior parte dei ragazzi ha mostrato consapevolezza e voglia di ascoltare, nonostante la lontananza dalle aule potesse suggerire qualche distrazione di troppo.

A sessantadue anni esatti dalla firma del Trattato di Parigi, tra i gonfaloni e i labari schierati attorno al monumento, più di qualcuno si è commosso quando Elisabetta Mereu Pross ha dato lettura della «Preghiera per gli infoibati», composta dall’arcivescovo monsignor Antonio Santin cinquant’anni or sono. Passi che hanno avuto il loro prosieguo quasi naturale nei versi di alcune poesie del passato dedicate alla tragedia delle foibe e dell’esodo. Come quella di Annamaria Muiesan Gaspari, intitolata «C’è un tempo», in cui si citano le «presenze care di famiglie rubate senza colpa». O ancora «Maggio 1945» in cui Paolo Signoretto riportò quella illusoria sensazione di liberazione dai fantasmi della Grande guerra, provata in città e ben presto rimpiazzata dal terrore dei 40 giorni di occupazione titina: «Non si sapeva che un sole cruento sorgeva». Non l’avrebbe mai immaginato Dario Pitacco, la cui storia è stata rievocata dall’avvocato Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale e del Comitato per i martiri delle foibe. Il suo è stato l’intervento che ha chiuso la cerimonia di Basovizza: «Porto il saluto anche a nome del Comune e della Provincia di Trieste (enti organizzatori della giornata assieme al comitato, ndr), in particolare – ha detto dal palco – agli studenti. Voglio proporre loro la storia di Dario Pitacco che, a soli 18 anni, il 30 aprile del ’45 aveva partecipato alla liberazione della città. L’indomani, il 1° maggio, festeggiando quella che doveva essere una giornata speciale, si era arrampicato sulla torre del municipio per issare il tricolore». Un’azione che si concluse come mai il giovane avrebbe potuto ipotizzare: «Pitacco venne subito imprigionato dai titini – ha proseguito Sardos Albertini – e, da quel momento in avanti, di lui non si ebbe più alcuna notizia». Dagli scritti della sorella, Lucia Pitacco, emergono le ricerche continue di cui la madre di Dario si rese protagonista per ritrovare il figlio stesso, fino a quando la malattia non la costrinse a smettere. Il corpo di Dario probabilmente finì proprio nella Foiba di Basovizza, è l’ulteriore riflessione di Lucia, riportata dal presidente della Lega Nazionale. Che ha concluso affermando come, «con parziale ritardo, lo Stato abbia deciso di consegnare un riconoscimento proprio a Lucia Pitacco. Un atto tardivo: proviamo a coprire il ritardo con questa dedica».

Al termine della cerimonia solenne, una delegazione si è recata a rendere omaggio anche alla Foiba di Monrupino.

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.