ANVGD_cover-post-no-img

Storie per capire i Balcani (Il Piccolo 17 feb)

di ALESSANDRO MEZZENA LONA

Prima c’era solo la diffidenza. E l’odio verso quei popoli che avevano ricacciato l’Italia oltre un confine strettissimo. Che le avevano tolto per sempre i territori dell’Istria, della Dalmazia. Poi la Jugoslavia si è sfasciata. Una guerra lunghissima, terribile, insensata, ha scompaginato la geografia del Paese e gli equilibri umani. Troppo in fretta i Balcani sono diventati un punto interrogativo. Un mondo difficile da interpretare, complicato da capire.

E ancora oggi l’ex Jugoslavia resta un enigma. Così vicino a noi, eppure così lontano. Tanto che adesso, un libro, un’antologia di testi dei maggiori scrittori dei Balcani, molti dei quali vivono ormai lontani dal loro Paese d’origine, arriva a proporci un faccia a faccia con l’”altro”. Con chi troppo a lungo abbiamo evitato di guardare negli occhi. Con quegli sloveni, croati, serbi, albanesi, bosniaci, di cui continuiamo a diffidare.

A curare l’antologia ”L’altro accanto a noi” (pagg. 370, euro 10,40), che Mondadori pubblica nella Piccola Biblioteca Oscar e che distribuisce nelle librerie da oggi, è Richard Swartz.

Ci sono tutti, in questo libro. Da Ismail Kadaré, lo scrittore albanese in odore di Premio Nobel per la letteratura, a Slavenka Drakulic, nata a Fiume; dal grande poeta serbo che vive in America Charles Simic allo sloveno Drago Jancar: dal drammaturgo di Sarajevo Nenad Velickovic al bosniaco, che vive a Chicago, Aleksandar Hemon. Generazioni a confronto, esperienze diverse incrociate. Autori che sono rimasti, che hanno avuto la fortuna di non dover abbandonare la propria casa, e autori che sono stati visitati dallo sradicamento. Che hanno dovuto fare i conti con la perdita della propria identità.

«L’aspetto esasperante di ogni nazionalismo è che non si rende conto di essere l’immagine speculare di qualche altro nazionalismo, e che a maggior parte delle sue affermazioni si è già sentita in altri luoghi e in altre epoche». Rielaborando in un racconto intitolato ”Odrod” la sua storia privata di serbo che, in America, riscopre le radici ma viene pur sempre considerato un ”cattivo serbo”, Charles Simic riporta alla memoria le parole del grande poeta croato Miroslav Krleza. Convinto che chi fa parte della minoranza non per questo deve avere ragione. Perchè, troppo spesso, dovrà scontrarsi con chi non la pensa come lui. E, però, riesce a far valere il suo essere maggioranza.

Ecco, il ritratto che viene fuori da questo gigantesco mosaico di storie sui Balcani è quello di un mondo alla ricerca di un centro di gravità permanente. Una galassia di etnie, di credo religiosi, di rivendicazioni ideologiche e territoriali, di diffidenze etniche che troppo spesso finisce per dividersi su problemi apparentemente secondari. Come la ricetta degli involtini di cavolo. Un universo dove i figli scoprono alla tivù che i loro padri erano lì a Srebrenica, a massacrare persone inermi in tutto uguali a loro. Dove chi si innamora di una ragazza può finire per torturarla, per ucciderla, solo perché lei fa parte all’improvviso della schiera dei perdenti. Degli ”altri”, come racconta David Albahari nel suo terrificante e bellissimo racconto ”Perché?”. Dove lo sradicamento, che dà il titolo alla storia di Vladimir Arsenijevic, passa prima di tutto attraverso le persone, costringendole a dividersi, a diffidare l’uno dell’altro. A non capirsi, anche quando sono a contatto di gomito.

L’altro accanto a noi diventa, tra queste pagine, qualcuno che ci assomiglia terribilmente. E che racconta la sua storia stanando i nostri pregiudizi, le nostre diffidenze. Le stesse paure che hanno fatto dei Balcani un enorme specchio in cui riflettere le zone buie dell’Europa, dove viviamo senza conoscerci. Preferendo la diffidenza al dialogo.

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.