ALGHERO – Foiba di Basovizza, di Monrupino, di Capodistria, di Opicina, di Sesana: in queste e altre foibe, le profonde cavità carsiche scavate dal corso dei fiumi, 20mila Italiani trovarono la morte uccisi dai comunisti jugoslavi. La tragedia degli Italiani sul confine con la Jugoslavia fu resa ancor più drammatica dall’esodo di 350mila persone dall’Istria, dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia e da sessant’anni di silenzi e complicità imbarazzanti.
Le prime violenze e i primi eccidi contro la popolazione italiana furono commessi a guerra non ancora conclusa. Nel 1943 circa 800 italiani furono uccisi dai comunisti jugoslavi. Tra coloro che furono vittima di quel massacro vi fu Norma Cossetto, una giovane studentessa italiana. Norma fu violentata e torturata per ore da 17 partigiani per poi essere gettata, viva seppur nuda e sanguinante, in una vicina foiba. Le violenze contro gli Italiani raggiunsero il picco massimo nel 1945. Il 1° maggio le truppe jugoslave occuparono Trieste. Negli scontri che seguirono, durante una manifestazione di popolo per chiedere che la città tornasse ad essere italiana, furono uccisi cinque cittadini. L’occupazione jugoslava della città ebbe fine il 12 giugno ’45. In quelle settimane, gli jugoslavi uccisero diverse migliaia di persone nelle foibe. Dopo la smobilitazione delle truppe jugoslave, la città di Trieste fu amministrata da un governo provvisorio alleato.
La firma del Trattato di pace di Parigi, avvenuta il 10 febbraio 1947, comportò per l’Italia la cessione delle isole adriatiche di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa, dell'Istria a sud del fiume Quieto e della città di Fiume alla Jugoslavia. Trieste fu incorporata all’interno di una entità definita “Territorio Libero di Trieste”. Quest’ultimo, avente un’estensione di circa 800 kmq, fu suddiviso in due zone: la Zona A (sotto comando anglo-americano) e la Zona B (sotto comando jugoslavo). La Zona A comprendeva le città di Trieste, Duino, Muggia e S. Dorligo della Valle; la Zona B comprendeva le città di Capodistria, Umago, Cittanova, Buie e Grisignana. L’amministrazione del Territorio Libero di Trieste doveva essere affidata ad un Governatore, la cui nomina spettava al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
L’accordo sulla nomina non fu però mai raggiunto a causa dell’esercizio del potere di veto da parte degli USA che dell’Unione Sovietica. Gli Italiani subirono le conseguenze di tale situazione. Nella Zona B, la Jugoslavia portava avanti il suo disegno di pulizia etnica utilizzando ogni mezzo per cancellare la presenza italiana. Nella Zona A, cresceva il malcontento italiano nei confronti dell’occupazione alleata. Nel 1952, la decisione di concedere alcuni poteri a funzionari nominati direttamente dal Governo italiano non riuscì a contenere l’ostilità degli abitanti di Trieste. La sommossa scoppiò tra il 5 ed il 6 novembre 1953 e negli scontri che seguirono morirono 5 cittadini triestini. Con la firma del Memorandum di Londra, avvenuta il 5 ottobre 1954, la Zona A passava all’amministrazione civile italiana e la Zona B a quella jugoslava. La decisione definitiva sui confini si ebbe solo nel 1975 con la firma del Trattato di Osimo.
Per più di sessant’anni su questi tragici eventi si è taciuto. Ancora oggi, la tragedia italiana sul confine italo-jugoslavo non è stata del tutto raccontata. Molte vittime attendono ancora di essere riconosciute e le strumentalizzazioni politiche non conoscono fine. Per anni si è detto che le foibe e le altre atrocità cui fu vittima la popolazione italiana furono la reazione al fascismo. Nulla di più falso. Fummo vittima di un vero e proprio genocidio, fummo uccisi in quanto Italiani. Uomini, donne, giovani, anziani: nessuno fu risparmiato. L’istituzione del 10 febbraio come Giorno del Ricordo, avvenuta con la legge 92 del 30 marzo 2004, nasce “con il fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Ricordare e riportare alla memoria questa pagina di Storia è un dovere morale, ancor prima che politico, soprattutto in un Paese come l’Italia, un Paese in cui l’amore per la Patria sembra quasi non esistere. Ricordare chi fu massacrato perché era Italiano e perché Italiano voleva rimanere è una sfida ardua e difficile, perché arduo e difficile è riscrivere la Storia e coltivare la Memoria Storica quando questa è stata strumentalizzata o negata per lungo tempo.