Hanno destato scalpore le parole della ministra della Cultura croata Nina Obuljen Koržinek che sembra aver messo una pietra sopra il vasto programma di Fiume capitale europea della cultura 2020. Artisti e organizzatori vorrebbero avere una chance nel 2021, ma la ministra non è d’accordo.
Fonte: https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Rijeka-Fiume-2020-tutto-bloccato-201027
“È chiaro che non si potrà organizzare gran parte del programma e, in queste circostanze, né il bilancio del comune né quello dello stato saranno in grado di adempiere agli impegni finanziari assunti”. Con queste parole, pronunciate durante un’intervista al quotidiano Novi List , la ministra della Cultura croata Nina Obuljen Koržinek sembra aver messo una pietra tombale su Rijeka/Fiume 2020, l’attuale Capitale europea della Cultura assieme a Galway in Irlanda.
La pandemia, con le spese e i mancati guadagni dovuti al lockdown, ma anche i costi del terremoto del 22 marzo a Zagabria rischiano insomma di azzerare quello che doveva essere l’anno della rinascita di Fiume.
“Ce lo aspettavamo”, assicura – riferendosi ai possibili tagli al budget dovuti al virus – la direttrice del progetto Rijeka2020, Emina Višnić, che cerca comunque di tenere la barra del timone e salvare il salvabile. Altri esponenti del mondo della cultura fiumana usano parole più dure, come Damir Čargonja Čarli, per anni alla guida del centro culturale “Jan Palach”, che denuncia delle “parole vergognose” da parte della ministra.
Fiume abbandonata?
Nella sua intervista a Novi List, pubblicata a inizio aprile, Nina Obuljen Koržinek ha espresso due concetti per quanto riguarda l’anno di Fiume capitale: da un lato l’impossibilità di mantenere gli impegni presi a livello finanziario dato appunto il contesto di pandemia e terremoto, dall’altro l’inutilità – a suo avviso – di chiedere alla Commissione europea un’estensione di sei mesi del titolo di Capitale europea della Cultura (CEC) fino a metà 2021, come suggerito ad esempio dall’eurodeputato socialdemocratico Predrag Fred Matić che avrebbe già interpellato l’esecutivo europeo al riguardo.
“Personalmente, non penso abbia senso prolungare il programma al 2021, dato che ci saranno altre città che prenderanno il titolo di capitale europea della cultura. Inoltre, a tutte queste città si chiede sostenibilità, quindi spero che Fiume troverà il modo di concretizzare una parte del suo programma anche senza il titolo ufficiale”, ha tagliato corto la ministra della Cultura.
Per quanto riguarda il budget, Obuljen Koržinek non si sbilancia per ora su alcuna cifra. “Bisognerà ridefinire il quadro finanziario assieme alla città di Fiume”, afferma. Il budget previsto per quest’anno di eventi e interventi urbani (molte le riqualificazioni di edifici già avviate) è di circa 70 milioni di euro, di cui 10 milioni dovrebbero arrivare dal ministero della Cultura, 28 dal comune, 25 da fondi europei e i restanti 7 milioni dalla regione litoraneo-montana e da sponsor privati.
“Siamo tutti consapevoli che questa crisi, con l’epidemia che ha colpito il mondo intero, ha un impatto significativo anche sulla cultura – commenta la direttrice di Rijeka2020, Emina Višnić – e questo impatto si riflette nell’incapacità di realizzare il programma finché durano le misure d’isolamento e anche sulle finanze pubbliche, per cui per noi non è una dichiarazione inaspettata quella della ministra secondo cui i fondi nazionali per i programmi che compongono questo progetto saranno ridotti in una certa misura”.
Un discorso diverso, invece, va fatto per il possibile prolungamento dell’anno da capitale europea della Cultura. “Per quanto riguarda il rinvio di alcuni eventi al 2021, ci stiamo pensando sia a Fiume che a Galway, semplicemente perché parte dei programmi pianificati non possono essere mantenuti ora”, ammette Višnić, che ricorda: “La decisione viene presa dalla Commissione europea, ovvero dal Parlamento europeo, e sicuramente la posizione dei nostri ministeri, sia irlandesi che croati, è estremamente importante in questo senso”.
Sarebbe importante, insomma, se la ministra Obuljen Koržinek difendesse a livello europeo le richieste avanzate dalla “propria” città. E su questo punto, altri esponenti del mondo culturale fiumano sono stati ben più duri con la ministra. Damir Čargonja Čarli ha usato la sua pagina Facebook per parlare di “una dichiarazione vergognosa” da parte di Obuljen Koržinek. “È un argomento stupido quello secondo cui nel 2021 ci sono altre due città in lista”, spiega Čarli, “per colpa di una burocrate, Fiume sta perdendo un’opportunità storica”.
“Qualsiasi persona normale è consapevole che dopo il virus, il mondo non sarà più lo stesso”, prosegue Damir Čargonja Čarli, che cita l’esempio delle Olimpiadi di Tokyo. “Forse non avrebbero dovuto rimandare i giochi olimpici al 2021 per il motivo che erano inizialmente previsti per il 2020?”. “La verità – conclude l’artista fiumano – è che dietro a queste affermazioni c’è la solita politica locale e la voglia di mettere i bastoni tra le ruote a Fiume”.
Un anno da dimenticare
Nel frattempo, nel capoluogo quarnerino tutto è fermo o quasi. Il 12 marzo si è deciso di cancellare tutti gli eventi per un mese, quindi fino al 14 aprile. Da allora, alcuni eventi sono stati cancellati fino a metà maggio, ma lo stop sarà quasi certamente esteso, almeno “fino a luglio”, analizza il portale T-Portal . “È una doccia fredda”, ha detto a T-Portal l’assessore alla Cultura di Fiume Ivan Šarar, che comunque non vuole considerare la sua città come una “vittima” della pandemia, perché il contesto impone altre priorità.
Per Marin Blažević, il direttore artistico del teatro nazionale di Fiume, “tutto dipende da quanto durerà la sospensione dei programmi e il divieto di manifestazioni pubbliche e quando torneremo alla normalità o meglio ad una nuova normalità”. Gli addetti ai lavori, intanto, (una settantina di persone lavorano a Fiume 2020) parlano di “una catastrofe”, con spese già anticipate e una grande incertezza su quanto sarà possibile fare nei prossimi mesi.
“Il progetto è in preparazione ormai da 4 anni”, ricorda la direttrice di Rijeka2020 Emina Višnić, che spera che una parte del programma sarà comunque realizzata. “Quando le circostanze saranno più favorevoli e quando l’epidemia non costituirà più una minaccia per la salute umana, allora sarà proprio la cultura a promuovere il risveglio della vita, nuovo ottimismo e nuove relazioni sociali”, immagina Višnić.
Nell’attesa di quel momento, in questi giorni proseguono le discussioni con la città di Fiume per trovare una quadra al budget e il tentativo di dirottare online parte della programmazione. Per il “Porto delle diversità”, inaugurato ufficialmente a inizio febbraio, non sarà un anno facile.