LETTERE
Gli incresciosi fatti di Corgnale dimostrano che in Slovenia è vietato di fatto, se non di diritto, commemorare le vittime degli jugoslavisti titini vincitori della Seconda guerra mondiale. «Guai ai vinti!» sembra essere il poco democratico motto imperante.
La cosa più grave non è che un manipolo non autorizzato di intolleranti abbia tentato di impedire una pacifica, silenziosa e civile cerimonia autorizzata in memoria di alcuni caduti, ma che ci sia riuscito grazie all'inerzia della polizia slovena. La stessa che un anno fa aveva ostacolato e multato, perché «non autorizzati», i manifestanti nonviolenti italiani recatisi a Roditti e a Capodistria. Insomma: autorizzate o meno, in Slovenia sono comunque proibite manifestazioni pubbliche di pietà umana verso chi è stato brutalmente soppresso in quanto stava dalla parte perdente.
La bandiera italiana con la stella rossa esibita a Corgnale è un preciso messaggio: per i nostalgici del totalitarismo titoista gli unici italiani «buoni» sono, oggi come allora, coloro che si sottomettono alle loro pretese e se ne fanno vessilliferi. Gli altri sono senz'altro «fascisti» e, in quanti tali, privi di alcun diritto, tanto meno quello di tenere cerimonie sul suolo sloveno liberato dai partigiani comunisti jugoslavi. Equiparati ai «fascisti» sono però anche gli sloveni animati dalla stessa umana compassione.
Da questa parte del confine non solo esistono monumenti in ricordo del nazismo e del fascismo, ma vi si recano regolarmente autorità e privati sia della Repubblica Italiana sia della Repubblica di Slovenia. Dall'altra parte invece monumenti e celebrazioni restano a senso unico ed è tabù perfino recitare una preghiera o mettere un fiore in memoria delle tante vittime misconosciute, italiane o slovene. Che restino lì nell'oblio più completo! L'impenitente «razzismo ideologico» non le considera degne neppure di essere citate perché, in quanto «fasciste», non possono essere innocenti e meritare la dignità di esseri umani.
Paolo Radivo