LETTERE
Volevo solo fare un appunto sulle giuste discussioni che stanno riempiendo le pagine delle segnalazioni a riguardo delle ostacolate manifestazioni in terra Slovena a riguardo delle foibe e degli infoibati.
Ritengo sia increscioso l’atteggiamento sloveno, (soprattutto adesso che la Slovenia è entrata nella comunità europea) a non consentire che tali manifestazioni avvengono in maniera civile e democratica, ma devo altresì affermare che anche l’Italia nel suo piccolo non si è comportata molto diversamente nei confronti di chi alla fine del primo conflitto mondiale ha donato la propria vita servendo, non la bandiera italiana, ma bensì quella che sventolava per seicento anni nella nostra città, e vale a dire quella Austro-ungarica con lo stemma dell’alabarda al centro.
È chiaro che fatti come quello sloveno sono molto più gravi, ma è altrettanto grave non commemorare in maniera civile e consona i molti caduti triestini, istriani e goriziani che sono morti per difendere le nostre terre (non cito tutti quelli che hanno partecipato d’altre nazionalità).
Questo lo dico perché non mi risulta che, al contrario dei caduti con divisa italiana, ci siano monumenti e/o manifestazioni che li commemorino, com’è altrettanto vero che gli unici cimiteri di guerra non italiani, sono nel completo degrado. (Ricordo che quando c’è stata l’inaugurazione della statua della principessa Sissi, ed io ero presente, in quell’occasione gruppi di intolleranti «nostrani» avevano cercato di boicottare quella pacifica manifestazione…).
Allora io dico è giusto accusare e recriminare al fine che simili situazioni non si ripresentino mai più, ma è altresì giusto guardare anche in casa nostra e cercare di migliorare prima «il nostro giardino» e dopo pretendere che lo facciano anche gli altri.
Questo lo dico perché i morti di qualunque nazionalità essi siano non possono essere di serie A e di serie B, anche se si sa che la storia la scrive chi vince e purtroppo ci vogliono anni e anni perciò che questa sia rivisitata correttamente, e visto che quella del primo conflitto sembra non esserlo ancora, ahimè spero che non serva aspettare ancora tanto per quella di quest’ultimo.
Paolo Fabricci