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«È di Tito la strage più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale»

LUBIANA. Altro che massacro di Srebrenica, la più grande strage dopo la Seconda Guerra mondiale nell’ex Jugoslavia è stata quella attuata da Tito contro i suoi oppositori e che è costata la vita a oltre 500 mila persone. Parole di Janez Janša, premier della Slovenia e presidente di turno dell’Ue, pronunciate nel suo discorso introduttivo in occasione dello svolgimento oggi, 23 agosto, a Lubiana dell’incontro internazionale “Illusive Reconciliation: Transitional Processes in Central and Eastern Europe in a Comparative Perspective” organizzato dal Consiglio Nazionale della Repubblica di Slovenia, il ministero degli Esteri e il Centro Studi per la Riconciliazione Nazionale in collaborazione con la Piattaforma della Memoria e della Coscienza Europea in occasione della Giornata europea della memoria di tutti i regimi totalitari e autoritari.

Il fulcro del discorso di Janša è stato il collegamento tra i membri dell’ex regime comunista jugoslavo, per il quale Janša afferma che «più di 500.000 persone sono state fisicamente distrutte e uccise», e il massacro di Srebrenica. «Sentiamo che Srebrenica è stato il più grande crimine di massa dopo la seconda guerra mondiale sul territorio dell’ex Jugoslavia, il che ovviamente non è vero». «Srebrenica – ha proseguito il premier sloveno – è stato un grande crimine, ma il numero di persone uccise lì è significativamente inferiore rispetto al mezzo milione di persone uccise in Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale». Ecco quindi relativizzato il massacro di Srebrenica. Ma Janša va addirittura oltre: «Le persone che hanno orchestrato il crimine, il genocidio di Srebrenica guidato da Ratko Mladić, erano tutte il prodotto dell’Accademia militare jugoslava, che insegnava agli ufficiali che l’obiettivo fondamentale di ogni lotta armata è la distruzione fisica del nemico .. e tanto più a fondo del nemico di classe. Ratko Mladić ha sostituito la stella rossa sul suo berretto con un altro stemma, probabilmente solo poche settimane prima di Srebrenica. Per lui Srebrenica è un punto di contatto dove è chiaro che quando si tratta di metodi, natura, atteggiamento verso l’uomo, la vita, la santità della vita, non c’è differenza tra nazismo e comunismo». Il tutto alla presenza dei rappresentanti dei Paesi del cosiddetto Gruppo di Višegrad palesemente sovranisti.

Il premier sloveno ieri non ha tralasciato neppure i social. Su twitter ha scritto: «Non ci sarebbe stato massacro a Srebrenica se le Nazioni Unite avessero condannato il genocidio comunista allo stesso modo dell’Olocausto. Poiché ciò non è accaduto, la dottrina dell’esercito popolare jugoslavo secondo cui il nemico deve essere fisicamente distrutto è tornata in vita alla disgregazione della Jugoslavia». In precedenza aveva pubblicato un altro tweet, ma poi lo ha corretto con quanto sopra. Nella prima versione egli aveva scritto che «non ci sarebbe stato massacro a Srebrenica se il territorio dell’ex Jugoslavia fosse stato ripulito dall’ideologia comunista dopo la sua disintegrazione e i massacri del dopoguerra in Slovenia e altrove fossero stati condannati». Pronta e dura la reazione in Bosnia-Erzegovina. Il portale web Slobodna Bosna ha descritto il tweet come una «provocazione morbosa» del primo ministro sloveno. «Solo una mente ignorante o maliziosa e squilibrata può mettere il genocidio di Srebrenica nell’elenco dei crimini comunisti, identificare gli scontri dei partigiani i propri oppositori dopo la seconda guerra mondiale da un lato e il massacro dei bosgnacchi a Podrinje come parte dell’attuazione del Piano della Grande Serbia dall’altro». E Oslobodjenje, quotidiano di Sarajevo parla di «provocazione fascista».

Mauro Manzin – 24/08/2021

Fonte: Il Piccolo

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