Sul numero di gennaio-febbraio del notiziario dell’Unione degli istriani, uscito solo in questi giorni, Enrico Neami, vice di Lacota alla presidenza del sodalizio triestino, esprime delusione per le manifestazioni del Giorno del Ricordo di quest’anno.
“Fredde cerimonie per lo scoprimento di tabelle stradali dedicate alle vittime delle foibe e discorsi triti e ritriti sull’imperativo civile di non scordare il sacrificio di tanti fratelli italiani a fine guerra sono abbinate alla deposizione di qualche corona sui monumenti esistenti e, nei casi migliori, a qualche funzione religiosa in memoria dei caduti”. Insiste poi sul concetto che è mancata “la partecipazione degli esuli che, sempre più sfiniti e debilitati anche dall’inevitabile esaurimento biologico”.
Da queste improvvide affermazioni, prive di riscontri, si desume che il giovane Neami ignora le 288 località (solo per quel che l’ANVGD è venuta a conoscenza) nelle quali si sono svolte cerimonie e commemorazioni, e le ben 195 in cui l’ANVGD era presente con i propri rappresentanti o con il proprio diretto contributo. E secondo i nostri resoconti, migliaia di Esuli hanno incontrato complessivamente in queste occasioni oltre 200.000 cittadini italiani. Pensiamo poi a tutte le maggiori cariche dello Stato, a tutte le istituzioni centrali e locali che hanno partecipato attivamente a centinaia di iniziative su tutto il territorio nazionale.
Sono questi i veri dati del Giorno del Ricordo 2009. Se l’Unione degli Istriani in questa occasione ha “tirato i remi in barca”, raccogliendo di fronte ad un megafono solo qualche centinaio di adesioni alle poche iniziative organizzate, non ne faccia una colpa a tutti gli Esuli che in ogni angolo d’Italia sono stati presenti nelle piazze, nelle vie, nelle chiese, nelle aule magne delle scuole, nei consigli comunali, provinciali e regionali.
Merita più rispetto, quindi, chi si è preso carico dell’onere di portare avanti, in maniera del tutto volontaria e gratuita, l’affermazione presso l’opinione pubblica di una coscienza più alta della nostra storia e la presenza culturale della nostra comunità nel tessuto sociale della nazione. Accuse minimaliste così propinate potrebbero servire solo a giustificare l’inoperosità di chi non ha gran che da offrire oltre la semplice propaganda.
Il lavoro disinteressato degli anziani Esuli, dei loro discendenti e dei giovani che premono per interessarsi alle nostre vicende, apre orizzonti diversi, tutt’altro che scontati. E che una critica così ingiusta venga proprio da chi -giovane- ritiene di avere in mano il futuro della nostra gente, dimostra che dobbiamo guardarci bene dai veri pifferai del nostro mondo, quelli che suonano una musica senza spartito.